Con l’ordinanza n. 1904 del 28 gennaio 2020, la Corte di Cassazione ha chiarito che in tema di sanzioni amministrative relative al rapporto tributario proprio di società o enti con personalità giuridica, le sanzioni derivanti da violazioni fiscali, non rimangono esclusivamente a carico delle società, nell’ipotesi in cui queste siano artificiosamente costituite e gestite da un amministratore di fatto, esclusivo beneficiario delle violazioni contestate. IL FATTO L’Ufficio, sulla scorta delle risultanze di un PVC, notificava ad una società cooperativa risultata emittente di fatture per operazioni inesistenti, un avviso di accertamento ai fini Iva Ires ed Irap. Il medesimo atto impositivo veniva notificato all’amministratore di fatto della predetta società. Il contribuente presentava ricorso che veniva accolto. Avverso detta decisione veniva proposto appello. Il giudice di seconde cure accoglieva il gravame dell’Ufficio ritenendo corretta la contestazione elevata anche all’amministratore di fatto, degli illeciti tributari con recupero delle maggiori imposte accertate nei confronti della società e con l’applicazione delle sanzioni ex art. 7 del D.L. n. 269/2003, stante l’artificiosa costituzione della società e l’ingerenza dell’amministratore nella gestione. Avverso tale pronuncia il contribuente ricorreva in Cassazione, eccependo che la CTR aveva errato nel ritenere legittima la notifica all’amministratore di fatto dell’avviso di accertamento emesso nei confronti della società, nonché per avere erroneamente esteso all’amministratore di fatto la responsabilità per le sanzioni amministrative pecuniarie. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto parzialmente il ricorso. Innanzitutto la Suprema Corte chiarisce che con l’art. 7 del D.L. n. 269/2003 il legislatore ha regolamentato le ipotesi in cui vi sia una differenza tra trasgressore e contribuente ed in particolare l’ipotesi di un amministratore di una persona giuridica che, in forza del proprio mandato, compie violazioni nell’interesse della persona giuridica medesima, ma non nel caso in cui la persona fisica sia l’esclusivo beneficiario delle violazioni contestate. In tali casi per la Suprema Corte non si concretizza una differenza tra trasgressore e contribuente perché quest’ultimo è al tempo stesso sia l’uno che l’altro e la società è una mera fictio creata nell’esclusivo interesse della persona fisica. Nella specie i giudici di legittimità hanno statuito che l’amministratore di fatto doveva rispondere in solido con la società dal medesimo gestita, delle sole sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alle violazioni tributarie accertate a carico della società. L’avviso di accertamento risultava invece illegittimamente emesso nei confronti dell’amministratore di fatto con riferimento alle maggiori imposte accertate, non potendosi ritenere applicabile alla fattispecie dedotta in giudizio la disposizione dell’art. 36 del D.P.R. n. 602/1973, che stabilisce una specifica (e differente) responsabilità in capo agli amministratori, ai liquidatori ed ai soci, in caso di mancato pagamento dei tributi da parte della società estinta.