In caso di soccombenza totale in sede di giudizio di ottemperanza, l'Amministrazione finanziaria deve rifondere le spese di lite alla parte privata vittoriosa, a meno che il giudice giustifichi in sentenza le ragioni per disporne la compensazione. La Suprema Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 8495 del 28 marzo 2024, ha riconosciuto il diritto del contribuente, in questo caso parte vittoriosa di un giudizio per ottemperanza, nel vantare la giusta liquidazione delle spese di giudizio, a ristoro delle spese sostenute per le difese contro l'atto illegittimo. IL FATTO L'avvio nasceva da un ricorso contro una cartella esattoriale che veniva impugnata, e sull'esito della causa ne derivava una prima condanna alle spese inflitta dalla Corte tributaria all'amministrazione. Posta l'inerzia del fisco alla refusione delle spese, il difensore proponeva un ulteriore giudizio per il loro recupero, avanzando contro il silenzio dell'amministrazione intimata il c.d. giudizio per ottemperanza. Nelle more del giudizio, l'esattore disponeva il pagamento al difensore e il giudice dell'ottemperanza disponeva la compensazione delle spese e la cessata materia del contendere. Ma per avere dovuto intraprendere un nuovo giudizio, la difesa privata rivendicava in cassazione l'applicazione del principio della soccombenza e quindi ulteriori spese in liquidazione, perché la C.g.t. di secondo grado, chiamata per l'ottemperanza, le aveva ingiustamente compensate tra la parti. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE Ebbene la Suprema Corte, in accordo con le richieste dell'avvocato difensore, riteneva applicabile pienamente il principio contenuto all'art.15 del D.lgs 546 che al comma 1 esordisce: “1. La parte soccombente è condannata a rimborsare le spese del giudizio che sono liquidate con la sentenza”. Il giudizio di legittimità evidenziava che la C.g.t., chiamata per il giudizio di ottemperanza, non aveva motivato quelle gravi ed eccezionali ragioni che l'avevano indotta a negare una liquidazione delle spese a carico della parte soccombente. Nella sentenza dei Giudici con l'ermellino si era fatta anche menzione dell'evoluzione costituzionale del principio di soccombenza, e dell'intervento del Giudice delle leggi in merito alla precedente versione dell'articolo 92 del c.p.c. che impediva al giudice di merito la compensazione solo in determinati casi. L'impedimento della compensazione infatti era stato ritenuto incostituzionale dalla Consulta con sentenza 19 aprile 2018, n. 77 se nella sentenza di merito vi fossero menzionati dei gravi ed eccezionali motivi diversi da quelli allora tipizzati dal c.p.c., motivi che l'avrebbero ritenuta applicabile solo in quei casi. Tuttavia nel contenzioso che ci riguarda, la motivazione della sentenza della C.g.t. non menzionava in alcun modo i predetti 'gravi ed eccezionali' motivi che avrebbero potuto giustificare la compensazione delle spese. La violazione della normativa in merito ha fatto propendere i Giudici di piazza Cavour per una pronuncia in riforma della sentenza impugnata, e con il riconoscimento a favore del contribuente delle somme richieste a ristoro.