La legge di Bilancio 2024 ha previsto la tassazione delle plusvalenze conseguenti alle cessioni di immobili sui quali sono stati eseguiti lavori che hanno consentito al proprietario o ad altro avente diritto di beneficiare del superbonus di cui all’art. 119, D.L. n. 34/2020. Ciò anche laddove siano decorsi più di cinque anni dall’acquisto. Infatti, costituisce un presupposto essenziale per l’applicazione della nuova previsione di cui alla lettera b-bis) dell’art. 67 TUIR la circostanza che l’immobile oggetto dei lavori sia ceduto entro dieci anni dalla conclusione dell’intervento agevolato. La norma, però, è lacunosa e non è difficile individuare alcune operazioni che esigono chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate. Per il momento, però, a distanza di più di tre mesi dall’approvazione della novella non è stato diffuso alcun documento di prassi. Gli operatori si trovano in difficoltà e in alcuni casi non è agevole comprendere se la disposizione trovi o meno applicazione. Il caso del sismabonus acquisti Un caso estremamente dubbio riguarda il sismabonus acquisti. Il contribuente potrebbe aver fruito della detrazione del 110% per aver acquistato una o più unità immobiliari facenti parte di un fabbricato demolito e ricostruito con criteri antisismici. In tal caso è stato possibile fruire della detrazione del 110% in quanto le disposizioni che disciplinano il Sismabonus acquisti sono state richiamate dall’art. 119, D.L. n. 34/2020. In tale ipotesi il contribuente ha fatto valere la maggiore detrazione del 110% in luogo di quella dell’85%. La disposizione che prevede la nuova ipotesi di tassazione della plusvalenza fa riferimento agli immobili sui quali sono stati eseguiti gli interventi di cui all’art. 119 del decreto Rilancio. Per effetto del “doppio rinvio” non sembrano esserci dubbi sulla circostanza che la nuova disposizione sia applicabile qualora l’agevolazione fruita dal contribuente consista nel Sismabonus acquisti nella misura del 110%. Pertanto, se Tizio ha acquistato un immobile, ricostruito con criteri antisismici, fruendo della detrazione del 110%, l’eventuale plusvalenza realizzata sarà assoggettata a tassazione anche qualora siano decorsi più di cinque anni dall’acquisto. Si consideri il caso in cui l’immobile sia stato acquistato nell’anno 2021 al prezzo di 300.000 euro e venga venduto nell’anno 2027 a 450.000 euro; la plusvalenza realizzata, pari a 150.000 euro, sarà assoggettata a imposizione. Infatti, la cessione sarebbe in tal caso effettuata entro i 10 anni successivi alla conclusione dell’intervento agevolato. Pertanto, l’imposizione sarebbe legittima pur essendo decorsi più di cinque anni dalla data di acquisto dell’immobile. Tuttavia, deve osservarsi che la disposizione in commento sembra sia stata concepita esclusivamente nei casi in cui l’agevolazione sia determinata avendo riguardo alle spese sostenute per i lavori e non sul prezzo di acquisto dell’immobile. D’altra parte, che il sismabonus acquisti abbia caratteristiche diverse rispetto ai bonus collegati ai lavori si desume chiaramente se si considera, come chiarito dalla stessa Agenzia delle Entrate, che l’agevolazione non richiede l’attestazione della congruità dei costi. I dubbi riguardanti l’ambito applicativo della disposizione emergono soprattutto se si considera il regime di detrazione delle spese secondo la nuova previsione di cui all’art. 68 TUIR. A tal proposito il legislatore ha previsto che laddove il contribuente abbia fruito dello sconto in fattura o della cessione del credito, le spese non possono essere considerate a incremento del costo di acquisto dell’immobile qualora la cessione dello stesso sia avvenuta entro i cinque anni dalla conclusione dei lavori agevolati. Invece, se la cessione è avvenuta dopo 5 anni, ma non oltre 10, le predette spese assumeranno rilevanza nella misura del 50%. La disposizione funziona correttamente e senza dubbi qualora l’agevolazione sia collegata all’intervento edilizio senza l’acquisto. I dubbi traggono origine, invece, allorquando il contribuente abbia fruito del beneficio fiscale all’atto dell’acquisto per il tramite, quindi, del sismabonus acquisti. Ad esempio Si consideri il caso in cui il prezzo di acquisto dell’immobile sia pari a 300.000 euro. Il massimale per fruire dell’agevolazione fiscale è pari a 96.000 euro. Se il soggetto cedente è disposto a concedere lo sconto in fattura integrale, l’acquirente dovrà materialmente corrispondere una somma di denaro pari a 204.000 euro. A seguito dello sconto concesso l’impresa venditrice troverà nell’area riservata dell’Agenzia delle Entrate un credito d’imposta pari a 105.600 euro. Il problema sarà costituito delle modalità di computo della plusvalenza. Il corrispettivo pagato per l’acquisto è al lordo dello sconto in quanto il prezzo indicato nel rogito ammonta a 300.000 euro. Pertanto, se la vendita fosse effettuata a un prezzo pari a 400.000 euro la plusvalenza sarebbe pari a 100.000 euro. Tuttavia, tale modalità di calcolo del plusvalore, anche se corretta, non raggiungerebbe l’obiettivo voluto dal legislatore che ha inteso penalizzare coloro che hanno fruito del bonus con l’intento di vendere successivamente l’immobile per ottenere un beneficio finanziario. Conseguentemente, il plusvalore dovrà essere determinato effettuando la differenza tra il corrispettivo conseguito con la vendita, pari a 400.000 euro, e il prezzo di acquisto al netto dello sconto concesso pari a 204.000 euro. In tale ipotesi la plusvalenza realizzata all’atto della vendita sarebbe pari a 196.000 euro. L’obiettivo del legislatore risulterebbe così raggiunto. A tal proposito si potrebbe eccepire come tale criterio si ponga in evidente contrasto con le modalità di computo della plusvalenza previste dall’art. 68 TUIR. Infatti, tale norma richiede di effettuare la differenza tra il corrispettivo conseguito con la vendita e il prezzo di acquisto. L’osservazione è in linea di principio corretta, ma sarebbe contrastante con le finalità che hanno indotto il legislatore fiscale alla previsione della novella.