L'attività di selezione di bestiame per allevatori terzi non può rientrare nella nozione di attività agricole connesse ai sensi dell'articolo 2135, comma 3, del codice civile, e, di conseguenza, i compensi derivanti dalla stessa non possono essere assoggettati a tassazione secondo le previsioni dell'articolo 56-bis, comma 3, del TUIR. Lo ha precisato l'Agenzia delle Entrate con la risposta n. 446 del 24 giugno 2021. In particolare, l'articolo 56-bis, comma 3, del TUIR dispone che «per le attività dirette alla fornitura di servizi di cui al terzo comma dell'articolo 2135 del codice civile, il reddito è determinato applicando all'ammontare dei corrispettivi delle operazioni registrate o soggette a registrazione agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto, conseguiti con tale attività, il coefficiente di redditività del 25 per cento». L'articolo 2135 del codice civile, che definisce l'imprenditore agricolo, al primo comma dispone che «E' imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività agricole connesse». Ai fini dell'individuazione delle attività agricole connesse, al terzo comma, stabilisce che «Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo (...) dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge». Con circolare 14 maggio 2002, n. 44/E, concernente «Decreto Legislativo 18 maggio 2001, n. 228. Imprenditore agricolo. Nuova formulazione dell'articolo 2135 del codice civile. Riflessi sulla disciplina dell'Iva e delle imposte dirette», al paragrafo 2 l'Agenzia delle Entrate ha precisato tra l'altro che le attività connesse sono considerate tali quando «(...) sono presenti i seguenti requisiti: - requisito soggettivo: l'imprenditore che svolge tali attività deve essere lo stesso soggetto imprenditore agricolo che esercita la coltivazione del fondo o del bosco ovvero l'allevamento di animali; - requisito oggettivo: i prodotti oggetto di tali attività devono provenire "prevalentemente" dall'attività di coltivazione del fondo, del bosco o di allevamento esercitata dall'imprenditore agricolo di cui sopra». Per la qualificazione come attività connesse delle attività di fornitura a terzi di beni o servizi, è stato altresì precisato che le stesse «(...) oltre a soddisfare il requisito soggettivo stabilito per le imprese di trasformazione, devono utilizzare "prevalentemente" attrezzature o risorse dell'azienda "normalmente" impiegate nell'attività agricola principale. (...) per poter rientrare fra le attività connesse, l'attività di fornitura di beni o servizi da parte dell'imprenditore agricolo non deve aver assunto per dimensione, organizzazione di capitali e risorse umane, la connotazione di attività principale; in tal senso le attrezzature agricole non devono essere impiegate nell'attività connessa in misura prevalente rispetto all'utilizzo operato nell'attività agricola di coltivazione del fondo, del bosco o di allevamento». Con successiva circolare 15 novembre 2004, n. 44/E, concernente «Disposizioni in materia di attività agricole. Articolo 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 350», sono stati forniti chiarimenti, tra l'altro, circa le disposizioni introdotte dalla citata legge, in materia di redditi agrari e redditi d'impresa forfettizzati, tra cui rientrano quelli derivanti dalle attività agricole connesse costituite dalle attività di fornitura di servizi effettuate ai sensi del comma 3 dell'articolo 2135 del codice civile, vale a dire «mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata». In particolare in quella sede al paragrafo 3, nel richiamare quanto già chiarito su tali attività nella citata circolare n. 44 del 2002, circa la necessità che le stesse non assumano per dimensione, organizzazione di capitali e risorse umane, la connotazione di attività principale, è stato precisato «(...) che la norma consente all'imprenditore agricolo, che intenda fornire servizi a terzi, di utilizzare sia attrezzature normalmente impiegate nell'attività principale sia attrezzature utilizzate solo nell'attività di servizi per conto terzi. Per fruire del regime forfettario di imposizione tuttavia è necessario, in tal caso, che vengano prevalentemente utilizzate attrezzature normalmente impiegate nell'attività principale rispetto ad attrezzature che sono impiegate solo nell'attività di servizi per conto terzi». Circa il concetto di risorse dell'azienda normalmente utilizzate nell'attività agricola svolta, l'Agenzia ritiene che le stesse siano individuate da tutti gli elementi materiali e immateriali necessari al conseguimento dell'obiettivo aziendale. Sono quindi risorse, ad esempio, i terreni, i fabbricati, le attrezzature, il personale, il capitale, il know-how, ecc. Nel caso rappresentato l'istante chiede se possa essere considerata attività agricola connessa l'attività di selezione di bovini che effettua a favore di terzi avvalendosi delle proprie conoscenze e competenze tecniche. Orbene, osserva l'Agenzia, seppur risulti soddisfatto il requisito soggettivo (perché l'attività di selezione è svolta dal medesimo imprenditore agricolo), l'attività è realizzata mediante l'utilizzo delle conoscenze e capacità personali dell'imprenditore, che ovviamente risentono dell'esperienza maturata nella gestione della propria impresa agricola. Tuttavia, il servizio reso, anche se occasionale, non richiede l'impiego di risorsa aziendale, nel senso descritto nei citati documenti di prassi, ma risulta funzionale ad acquisire uno dei fattori produttivi dell'impresa agricola (propria o di terzi) con la conseguenza che nella fattispecie rappresentata l'attività svolta dal contribuente manca del requisito oggettivo che caratterizza le attività agricole connesse. Inoltre, dall'istanza emerge che il servizio che l'istante dichiara di fornire a terzi allevatori per supportarli nella selezione dei capi di bestiame prevede un compenso che gli viene erogato non da questi ultimi, bensì direttamente dal venditore fornitore dei bovini. In sostanza, quindi, il servizio è reso al fornitore dei bovini e non ai terzi allevatori acquirenti. Ciò significa che l'istante non sfrutta una propria risorsa aziendale rappresentata dalle conoscenze tecniche acquisite per fornire un servizio ad altri allevatori a fronte dei quali percepisce un compenso dagli stessi, diversamente, svolge un'attività che appare una intermediazione a favore del fornitore di bovini, dal quale riceve il compenso, proponendo ad allevatori terzi i capi di bestiame dallo stesso commercializzati. Ciò stante l'Agenzia ritiene che l'attività in parola non rientri tra quelle dirette alla fornitura di servizi mediante l'utilizzo delle risorse dell'azienda, di cui al predetto articolo 2135, terzo comma, del codice civile. Sul piano fiscale, quindi, il reddito che ne consegue esula dall'ambito di applicazione di cui all'articolo 56-bis, comma 3, del TUIR.