Il decreto legislativo di riforma delle sanzioni tributarie, approvato in via definitiva dal Consiglio dei Ministri del 24 maggio, contiene diverse novità con riferimento alla disciplina del concorso di violazioni e della continuazione, di cui all’art. 12, D.Lgs. n. 472/1997 (art. 3, comma 1, lettera f, del decreto Sanzioni). La norma ha subito, peraltro, alcuni aggiustamenti nel passaggio parlamentare, rispetto al testo approvato in esame preliminare dal Consiglio dei Ministri il 14 marzo. Da quando si applicano le novità Le modifiche all’art. 12, così come tutte quelle relative alle sanzioni amministrative, “si applicano alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024” (art. 5). Ciò comporterà che, per alcuni anni, si avrà un doppio binario, in quanto le novità introdotte nell’art. 12 saranno concretamente operative solo per le violazioni commesse dal 1° settembre 2024. Inoltre, tenuto conto che per le violazioni commesse dal 1° settembre 2024 la responsabilità relativa al rapporto tributario proprio di società o enti privi di personalità giuridica (per esempio, società di persone) è esclusivamente a carico della società o ente mentre per le violazioni commesse fino al 31 agosto 2024 la responsabilità resta ancorata sulla persona fisica che ha commesso o concorso a commettere la violazione (con responsabilità solidale della società o ente), l’art. 12 dovrà essere applicato in maniera separata, anche se le violazioni risulteranno commesse in uno stesso ambito, perché l’istituto della continuazione (più violazioni commesse in tempi e/o in periodi d’imposta diversi) si applica se le violazioni sono commesse dallo stesso soggetto. Ad esempio In caso di violazione dell’obbligo di fatturazione commesso da una S.n.c., per le violazioni commesse fino al 31 agosto la responsabilità sarà attribuita alla persona fisica che ha commesso la violazione, con responsabilità solidale della società, per le violazioni commesse dal 1° settembre 2024 la responsabilità sarà “esclusivamente” della società. Quali sono le modifiche alla disciplina Le modifiche apportate alla norma dal decreto di riforma delle sanzioni sono finalizzate ad attuare il principio indicato nell’art. 20, lettera c), n. 1), della legge delega n. 111/2023, il quale richiede di “migliorare la proporzionalità delle sanzioni tributarie, attenuandone il carico e riconducendolo ai livelli esistenti in altri Stati europei”, nonché il principio indicato nell’art. 20, lettera c) n. 4), il quale prevede di “rivedere la disciplina del concorso formale e materiale e della continuazione, onde renderla coerente con i principi” di miglioramento della proporzionalità, attenuazione del carico, livellamento con altri Stati europei, “anche estendendone l’applicazione agli istituti deflattivi”. Il principio di non sproporzione tra sanzione e violazione commessa costituisce un canone generale del diritto dell’Unione e, quindi, sussiste anche per le violazioni di carattere amministrativo e, in specie, per quelle tributarie, a prescindere se le imposte siano armonizzate (IVA, accise) o no (imposte sui redditi) (Corte di Giustizia UE, 8 marzo 2022, causa C-205/20, punto 31). Ad esempio, per quanto attiene all’IVA, “le sanzioni non devono eccedere quanto necessario per conseguire gli obiettivi indicati dall’art. 273 della direttiva IVA né mettere in discussione la neutralità di tale imposta” (Corte di giustizia UE, 8 maggio 2019, causa C-712/17). Nello specifico, le modifiche hanno interessato tutti gli 8 commi (escluso il 6) della disposizione e sono stati, inoltre, introdotti i commi 5-bis e 8-bis. In particolare: a) sono state ricondotte nell’ambito del concorso materiale omogeneo (che si verifica quando, con più azioni od omissioni, sono commesse diverse violazioni della medesima disposizione), anche le violazioni “sostanziali” (ad esempio, emissione di più fatture con aliquota IVA errata), ed è stato riprodotto, in seno al comma 2 (che regolamenta il caso in cui siano commesse più violazioni che nella loro progressione pregiudicano o tendono a pregiudicare la determinazione dell'imponibile ovvero la liquidazione anche periodica del tributo), oltre al principio della progressione, anche quello della “medesima risoluzione”, con l’obiettivo di consolidare la proporzionalità, rafforzando il cumulo giuridico, in modo da allineare la disciplina tributaria a quella penalistica. Sia al comma 1 che al comma 2 è stato, tuttavia, espressamente escluso il cumulo per gli omessi pagamenti e le indebite compensazioni (precisazione, quest’ultima, aggiunta dopo il passaggio parlamentare del provvedimento), in linea con la giurisprudenza di legittimità (Corte di Cassazione, 8 aprile 2022, n. 11432 e 3 marzo 2021, n. 5744); b) i successivi commi 3 e 5 - che ammettono la possibilità di applicare il cumulo giuridico (con un proporzionale aggravio) anche nell’ipotesi in cui la violazione abbia inciso su più tributi o si sia ripetuta in più anni - hanno subito un mero restyling di forma, senza alcuna modifica sostanziale; c) ugualmente, i commi 5-bis(in parte trasfuso dal vigente comma 5), 6 (invariato) e 7, in cui è stato semplicemente inserito il richiamo al principio, ispiratore di tutta la riforma, di proporzionalità, e confermata la regola secondo cui l’applicazione del cumulo giuridico non può determinare comunque una misura sanzionatoria superiore a quella risultante dal cumulo materiale delle sanzioni previste per le singole violazioni; d) il comma 8 è stato modificato al fine di estendere il cumulo giuridico “agli istituti deflattivi”. A tal riguardo, è stato innovativamente disposto che il cumulo è applicabile anche in sede di ravvedimento - oltre all’accertamento con adesione e conciliazione giudiziale già contemplate dalla norma - e come in passato, lo stesso può operare nell’ambito del medesimo istituto deflattivo, per singolo periodo d’imposta e per lo stesso tributo; e) è stato, infine, inserito un comma 8-bische, invero, replica il contenuto del vigente comma 4 (abrogato), spostato in coda all’articolato solo per motivi di coerenza sistematica nella sequenza delle disposizioni. Istituti deflativi Il comma 8 dell’art. 12 disciplina le modalità di applicazione del cumulo giuridico nelle ipotesi di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale, nonché di rinuncia all’impugnazione dell’avviso di accertamento (acquiescenza, ex art. 15 del D.Lgs. n. 218/1997) e di definizione agevolata delle sanzioni, ai sensi dell’art. 16, comma 3 e dell’art. 17, comma 3, del D.Lgs. n. 472/1997. Il decreto Sanzioni, integrando lo stesso comma 8, per le violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024, ha esteso l’applicazione della sanzione unica anche alle ipotesi di ravvedimento operoso. La norma stabilisce che nei casi di accertamento con adesione, di conciliazione giudiziale o di ravvedimento, le disposizioni sulla determinazione di una sanzione unica in caso di progressione o di medesima risoluzione si applicano separatamente: - per ciascun tributo, - per ciascun periodo d'imposta, - e per ciascun istituto deflativo (quest’ultima previsione, è stata aggiunta dal nuovo decreto). In base a quanto dispone l’art. 12, in questi casi, per ciascun tributo e ciascun periodo d’imposta, troverà applicazione “la sanzione che dovrebbe infliggersi per la violazione più grave, aumentata da un quarto al doppio” (commi 1 e 2), non potendo trovare applicazione né il comma 3 né il comma 5. Per quanto riguarda la rinuncia all'impugnazione dell'avviso di accertamento (art. 15, D.Lgs. n. 218/1997) e la definizione agevolata delle sanzioni (articoli 16 e 17, D.Lgs. n. 472/1997), la norma stabilisce che le sanzioni considerate in queste definizioni non possono “stabilirsi in progressione con violazioni non indicate nell'atto di contestazione o di irrogazione delle sanzioni”, oggetto di definizione. Inoltre, nei casi di rinuncia all’impugnazione e di definizione agevolata delle sanzioni, la misura delle sanzioni applicabili in caso di continuazione “non può essere inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo” (art. 15, comma 1, D.Lgs. n. 218/1997, art. 16, comma 3 e art. 17, comma 2, del D.Lgs. n. 472/1997). Il calcolo, secondo la prassi dell’Agenzia delle Entrate, deve essere effettuato distintamente per ciascun anno. Omessi versamenti e indebite compensazioni ripetute per diversi periodi d’imposta La giurisprudenza della Cassazione, con riferimento a plurime violazioni di omesso versamento di IVA risultante da dichiarazioni relative a diverse annualità, ha fatto ricorso al comma 5 dell’art. 12, secondo cui, nel testo vigente fino al 31 agosto 2024, “quando violazioni della stessa indole vengono commesse in periodi di imposta diversi, si applica la sanzione base aumentata dalla metà al triplo” (Corte di Cassazione, 16 maggio 2002, n. 7163 e 8 marzo 2000, n. 2609). Per come è formulato ora il nuovo comma 5 (“nei casi previsti dai commi 1 e 2, quando le violazioni sono commesse in periodi d’imposta diversi, l’aumento da un quarto al doppio si applica sulla sanzione più grave incrementata dalla metà al triplo. Se le violazioni di cui al primo periodo rilevano anche ai fini di più tributi, l’incremento dalla metà al triplo opera sulla sanzione aumentata ai sensi del comma 3”) sembra che tale possibilità interpretativa sia definitivamente esclusa, in quanto i casi “previsti dai commi 1 e 2” escludono espressamente le violazioni concernenti gli obblighi di pagamento e le indebite compensazioni.