La disciplina dei rimborsi IVA chiesti da soggetti passivi stabiliti in uno Stato membro dell’UE diverso da quello in cui sono stati effettuati acquisti e/o importazioni di beni e servizi con addebito dell’imposta (c.d. VIII direttiva CEE) è stata modificata dalla direttiva 12 febbraio 2008, n. 2008/9/CE a far data dal 1° gennaio 2010. Diversamente, i rimborsi IVA a favore di soggetti passivi non residenti stabiliti in Paesi extracomunitari continuano ad essere regolati dalla direttiva 17 novembre 1986, n. 86/560/CE (cd. XIII direttiva CEE). Le disposizioni comunitarie sono state recepite nella normativa interna: - articoli 38-bis1 e 38-bis2: (i) per il rimborso dell’imposta assolta in altri stati membri della UE da soggetti passivi italiani e (ii) per il rimborso dell’imposta assolta in Italia da soggetti passivi comunitari - art. 38-ter: per il rimborso dell’imposta assolta in Italia dai soggetti passivi extracomunitari Le richieste di rimborso di cui agli articoli 38-bis1 e 38-bis2 devono essere inviate tramite il portale elettronico appositamente creato dalle Amministrazioni finanziarie mentre le istanze per il rimborso dell’IVA nazionale di cui all’art. 38-ter vanno presentate all’Agenzia delle Entrate in formato cartaceo mediante l’utilizzo del modello IVA 79. Condizioni di rimborso Le condizioni che determinano l’impossibilità di attivare la procedura di rimborso dell’IVA domestica per i soggetti passivi esteri (UE e non-UE) sono le seguenti: 1) presenza in Italia di una stabile organizzazione del soggetto non residente; 2) acquisto di beni e servizi con imposta indetraibile secondo la normativa interna; 3) effettuazione in Italia di operazioni attive, con le seguenti eccezioni: - operazioni per le quali l’imposta è assolta dal cessionario/committente attraverso il meccanismo dell’inversione contabile (i.e. reverse charge); - prestazioni di trasporto e delle relative operazioni accessorie, non imponibili ai sensi dell’art. 9; - servizi di telecomunicazione, teleradiodiffusione ed elettronici rese ai sensi dell’art. 74 septies. Con riferimento al punto 1, si segnala che secondo l’orientamento prevalente (confermato anche dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 25685 del 4 settembre 2023), il diritto al rimborso secondo la procedura transfrontaliera sarebbe negato per il semplice fatto che esista sul territorio italiano una stabile organizzazione IVA del soggetto non residente, a nulla rilevando il fatto che eventualmente essa non sia coinvolta nelle operazioni passive che hanno originato il credito IVA; pertanto, in tal caso, l’unico modo per recuperare l’imposta sarebbe la procedura domestica (con tutto ciò che ne comporta, es. necessità di prestare fidejussione bancaria/assicurativa, salvo deroghe). Al riguardo, si rileva che escludere la possibilità di richiedere il rimborso IVA per la mera circostanza che i soggetti esteri, nel periodo interessato, dispongono di una stabile organizzazione in Italia non appare perfettamente in linea con la normativa e giurisprudenza comunitaria, in quanto dovrebbe accertarsi piuttosto se tale stabile organizzazione interviene o meno nelle operazioni commerciali territoriali. Si evidenzia che con le risposte a interpello n. 339 e n. 359 pubblicate rispettivamente l’11 settembre 2020 e il 20 maggio 2021 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’identificazione diretta (art. 35-ter del decreto IVA), al pari della nomina di un rappresentante fiscale (art. 17, comma 3, D.P.R. n. 633/1972), non preclude al soggetto non residente la facoltà di chiedere il rimborso dell’IVA mediante la procedura del portale elettronico, nonché mediante modello IVA 79, purché le fatture di acquisto che hanno generato il credito IVA chiesto a rimborso: - siano intestate alla partita IVA del soggetto non residente (con conseguente esclusione di quelle intestate alla partita IVA italiana); - non confluiscano nelle liquidazioni periodiche e nella dichiarazione annuale presentata utilizzando la partiva IVA Italiana. Tale posizione supererebbe la precedente interpretazione di cui alla FAQ 40 (sebbene sia ancora esistente nella versione pubblicata sul sito dell’Agenzia delle Entrate), secondo cui i soggetti esteri con partita IVA italiana non possono chiedere il rimborso IVA ai sensi dell’art. 38-bis2. Termini e competenza Ai fini della richiesta di rimborso dell’IVA domestica è necessario presentare, per ogni periodo d’imposta, apposita istanza entro il 30 settembre dell’anno solare successivo al periodo di riferimento, secondo la periodicità stabilità dallo Stato UE di riferimento. In tal senso la domanda può essere presentata: - a partire dal primo giorno del mese successivo al trimestre di riferimento ed entro il 30 settembre dell’anno solare successivo al periodo di riferimento (i.e. trimestrale); - a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello della richiesta di rimborso ed entro il 30 settembre del medesimo anno (i.e. annuale). Periodo di riferimento Data inizio presentazione Data ultima di presentazione I trimestre 2023 1° aprile 2023 30 settembre 2024 II trimestre 2023 1° luglio 2023 30 settembre 2024 III trimestre 2023 1° ottobre 2023 30 settembre 2024 IV trimestre 2023 o annuale 2023 1° gennaio 2024 30 settembre 2024 Se il contribuente vanta un credito IVA per un periodo inferiore a tre mesi potrà richiedere il rimborso del credito utilizzando la richiesta annuale. Per esempio Se un contribuente è in possesso di fatture per i mesi di gennaio e febbraio (ma non di marzo) non può chiedere il rimborso per il 1° trimestre, ma lo potrà fare soltanto con la richiesta annuale. Il termine del 30 settembre è un termine perentorio non prorogabile al successivo giorno lavorativo (nota 12 settembre 2018 dell’Agenzia delle Entrate). Il mancato rispetto del termine comporta la decadenza del rimborso. Per le richieste relative a un trimestre l’importo minimo rimborsabile è di 400 euro (se inferiore, il rimborso sarà annuale); per le richieste relative all’anno, invece, l’importo minimo rimborsabile è di 50 euro. Il provvedimento del 1° aprile 2010 ha stabilito modalità e termini procedurali per il rimborso e i relativi scambi di informazioni tra le diverse amministrazioni finanziarie, individuando il Centro operativo di Pescara quale Ufficio competente alla gestione dell’istanze di rimborso in oggetto. Una volta presentata l’istanza di rimborso, il Fisco competente per lo Stato in cui l’IVA è stata assolta generalmente invia al contribuente un questionario con richiesta di informazioni e documenti, al fine di appurare la bontà e spettanza del credito. Rimborso non dovuto In caso di rimborso IVA non dovuto vengono comminate delle sanzioni che trovano la loro base giuridica nello stesso dettato normativo degli articoli 38-bis2 e 38-ter del D.P.R. n. 633/1972. Nello specifico, previa restituzione delle somme entro 60 giorni dalla data di notifica del provvedimento dell’Ufficio: Art. 38-bis2 l’applicazione di una sanzione amministrativa compresa fra il 100% e il 200% della somma indebitamente rimborsata Art. 38-ter prevede l’applicazione di una sanzione amministrativa compresa fra il 200% e il 400% della somma indebitamente rimborsata A tal riguardo appare interessante rilevare che la normativa in oggetto non è stata modificata dal decreto Sanzioni (D.Lgs. n. 87/2024) che - diversamente - ha revisionato l’art. 5, comma 5, D.L. n. 471/1997 riducendo (dal 30%) al 25% la sanzione per chi chiede a rimborso l'eccedenza detraibile risultante dalla dichiarazione in assenza dei presupposti individuati dall'art. 30 del decreto IVA. Contro l’eventuale rigetto dell’istanza di rimborso, è possibile presentare ricorso per avviare il contenzioso tributario. Condizione di reciprocità post Brexit: finalmente il riconoscimento A seguito del perfezionamento della Brexit a decorrere dal 1° gennaio 2021, il Regno Unito non fa più parte del territorio doganale e IVA dell’Unione europea, con conseguente inapplicabilità dell’art. 38-bis2 del decreto IVA. Fino a maggio 2024, in assenza di una posizione ufficiale, non vi era certezza circa l’applicabilità dell’art. 38-ter del D.P.R. n. 633/1972 per il rimborso dell’IVA assolta in Italia dai soggetti stabiliti nel Regno Unito. La stipula dell’accordo di reciprocità tra Italia e Regno Unito (in vigore dal 7 febbraio 2024) ha fatto chiarezza sul punto confermando la sussistenza dei presupposti giuridici per il riconoscimento della condizione di reciprocità richiesta per l’erogazione dei rimborsi IVA. Ad ulteriore riprova l’Agenzia delle Entrate ha statuito che per le operazioni effettuate dal 1° gennaio 2021 con il Regno Unito è applicabile l’art. 38-ter del decreto IVA ai fini dell’erogazione dei rimborsi IVA (risoluzione n. 22/E del 2 maggio 2024). Pertanto: - i soggetti stabiliti in Italia possono proporre istanza di rimborso IVA al Regno Unito in conformità alla normativa ivi vigente; - i soggetti stabiliti nel Regno Unito possono avanzare richiesta di rimborso IVA al ricorrere dei presupposti di cui all’art. 38-ter. Dubbi per le annualità 2022 e 2023 Fatta salva l’applicabilità dell’art. 38-ter, rimane il dubbio circa tempistiche e modalità di presentazione delle istanze di rimborso per quelle annualità in cui l’accordo di reciprocità non era ancora in essere (anni 2022 e 2023) ma che lo stesso sembra aver rimesso in termini. A tal proposito sarebbe auspicabile un chiarimento da parte dell’Amministrazione finanziaria soprattutto in ragione del fatto che, come confermato dalla stessa Agenzia delle Entrate, il Regno Unito non ha mai interrotto l’erogazione dei rimborsi agli operatori italiani.