Il DEF e il Piano nazionale delle riforme, che il Governo (salvo slittamenti) presenterà entro il 10 aprile, contiene anche alcune misure per il mercato del lavoro. Il riferimento puntuale è alla introduzione di un salario minimo orario per i settori non coperti dalla contrattazione collettiva e alla semplificazione amministrativa degli adempimenti per i datori di lavoro attraverso la digitalizzazione. Last but non least la riduzione del cuneo fiscale e contributivo. La finalità delle misure in itinere si inserisce nell’ambito di una strategia più complessiva, esposta dal Presidente del Consiglio in un recentissimo intervento a margine del Forum per l’economia sostenibile, che ha sottolineato la necessità di accelerare sulla ripresa economica in termini di crescita, sostegno alle imprese, sostegno al lavoro e alle attività produttive. Italia e cuneo fiscale Concentrando l’attenzione sul peso del cuneo fiscale e contributivo (che misura la differenza tra il costo del lavoro sostenuto dal datore di lavoro e il corrispondente reddito netto percepito dal lavoratore) e attingendo al Taxing Wages dell’OCSE pubblicato lo scorso anno, emergeva come l’Italia è terza tra i Paesi aderenti all’Organizzazione. Considerando dati 2017 le tasse e i contributi sociali a carico di lavoratore e datore di lavoro ammontavano nel nostro Paese al 47,7% nel caso di un lavoratore single (in calo di appena lo 0,09% rispetto al 2016) contro la media OCSE del 35,9%. Peggio dell'Italia fanno Belgio (53,7%) e Germania (poco sotto il 50%). Il cuneo scende però al 38,6% per le famiglie di quattro persone con un unico percettore di reddito, contro la media OCSE del 26,1%. Dal 2000 al 2017 in Italia il cuneo fiscale è aumentato, seppur debolmente, per i lavoratori single e diminuito, altrettanto lievemente, per i nuclei familiari con due figli ed un unico percettore di reddito (che possono beneficiare delle agevolazioni per i figli a carico). Nei 17 anni di osservazione la forbice tra le due tipologie si è allargata anche in Grecia, Portogallo e Stati Uniti, mentre si è ristretta nei Paesi Passi, in Norvegia e in Lettonia. Per i lavoratori senza figli, quello dell'Italia è un andamento in controtendenza rispetto alla media OCSE, scesa dal 37% al 35,9%. Eloquenti sono poi le elaborazioni dell’Ufficio Studi della Confindustria dello scorso mese di febbraio secondo cui nel caso di un lavoratore single con retribuzione media (31.000 euro lordi l'anno), fatta 100 la retribuzione netta le imposte pesano per il 32% e i contributi carico lavoratore per un altro 14%; i contributi carico datore pesano per il 61%. Sul netto che va al lavoratore si aggiunge, quindi, il 107% di tasse e contributi. Su retribuzioni più basse/alte il cuneo si abbassa/alza, data la progressività dell’IRPEF, su un netto mensile di 780 euro si aggiunge il 74% ma su uno di 3.000 euro il 144%. Suggerimenti dell’OCSE sul mercato del lavoro E’ utile poi riportare le recentissime considerazioni espresse sempre dall’OCSE nel recentissimo Rapporto sulla economia italiana. Con riferimento ai temi del lavoro si sottolinea come il numero degli occupati è aumentato, passando al 58% della popolazione in età lavorativa, ma il tasso di occupazione in Italia è tuttora uno dei più bassi tra quelli dei Paesi dell'OCSE, specialmente per le donne e i giovani. I significativi divari tra i tassi di occupazione sono all'origine della maggior parte delle disparità del tenore di vita tra le varie regioni, si sottolinea. Anche la qualità del lavoro presenta un livello relativamente basso. Una percentuale sempre più elevata di nuovi posti di lavoro è rappresentata dal lavoro temporaneo e si registra un elevato squilibrio tra le competenze dei lavoratori e il lavoro effettivamente svolto. Quali sono i suggerimenti dell’OCSE? Nel Rapporto si indicano riforme fiscali e previdenziali per ridurre la povertà e promuovere l’occupazione, attuare un programma pluriennale per rinnovare i centri per l’impiego basato sull’applicazione di standard di servizio essenziali e investimenti più cospicui in sistemi informatici, strumenti di profilazione e risorse umane, garantire la capacità di amministrare il reddito di cittadinanza sfruttando e rafforzando, ove necessario, i servizi di assistenza sociale dei comuni creando una stretta collaborazione tra questi ultimi e centri per l’impiego, offrire più posti di qualità per l’assistenza all’infanzia a un costo basso rispetto agli stipendi medi, privilegiando le regioni con un tasso di occupazione femminile basso, ridurre il cuneo fiscale per i lavoratori a basso reddito e la partecipazione del secondo coniuge alla vita attiva attraverso la diminuzione dei contributi sociali a carico del datore di lavoro e mediante riforme fiscali e previdenziali, mantenendo però la progressività del sistema d’imposizione. Si suggerisce ancora di abbassare e ridurre progressivamente nel tempo le prestazioni del reddito di Cittadinanza e introdurre un sussidio per i lavoratori occupati a basso reddito per incoraggiare i beneficiari a cercare un impiego nel settore formale. Una riduzione selettiva Va ricordato, come sottolineato dal Ministro Luigi Di Maio in una recente intervista, come il Governo abbia già cercato di intervenire sul costo del lavoro rivendendo le tariffe INAIL producendo una riduzione media stimata del 32,7% dei premi pagati dalle imprese. Il titolare del Lavoro evidenzia ancora come sono previste diverse tipologie di incentivi per le imprese che assumono i beneficiari del reddito di cittadinanza a tempo pieno e indeterminato. Più nello specifico, previa comunicazione telematica della disponibilità dei posti vacanti attraverso il sistema informativo unitario delle politiche del lavoro (SIUPL), se l’assunzione avviene a tempo pieno e indeterminato (anche grazie all’attività svolta da un soggetto accreditato ai servizi per il lavoro), il datore di lavoro beneficia di un esonero contributivo, nel limite dell’importo mensile del reddito di cittadinanza percepito dal lavoratore e comunque non superiore a 780 euro mensili e non inferiore a cinque mensilità. La durata dell’esonero sarà pari alla differenza tra 18 mensilità e il periodo già goduto di reddito di cittadinanza. Nel caso in cui il datore di lavoro abbia esaurito gli incentivi alle assunzioni previsti dall’ultima legge di Bilancio, gli sgravi contributivi sono fruiti sotto forma di credito d’imposta. Attraverso la spending review ha poi anticipato come si cercherà di ridurre il cuneo fiscale delle aziende con massima priorità per il Made in Italy. Il tema del costo del lavoro si inserisce poi in un contesto più ampio che è quello del recupero di competitività e di produttività. L’OCSE nel sopra citato Rapporto sottolinea come l’aumento della crescita della produttività è essenziale per migliorare il tenore di vita e compensare il forte effetto negativo dell’invecchiamento demografico e della diminuzione della popolazione attiva. Va ancora evidenziato come il CNEL abbia di recente annunciato di avere approvato il testo di una proposta di legge per l’istituzione del Comitato nazionale indipendente per la produttività, in attuazione della Raccomandazione del Consiglio dell’Unione Europea del 20 settembre 2016. In questa prospettiva si guarda con forte interesse, anche se con tempistica ancora incerta, ad un irrobustimento anche delle misure agevolative sia fiscali che contributive del welfare aziendale. Va anche ricordato come la riduzione del cuneo fiscale e contributivo sia anche uno dei punti programmatici del Patto della Fabbrica sottoscritto lo scorso anno da Confindustria, CGIL, CISL e Uil e in fase di aggiornamento insieme alla decontribuzione e detassazione per le assunzioni a tempo indeterminato dei giovani e all’azzeramento del carico fiscale dei premi di produttività.