Con la risposta n. 159 del 22 luglio 2024, l'Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in tema di regime speciale per lavoratori impatriati e soggetto che al rientro ha beneficiato del regime opzionale di imposizione sostitutiva per i nuovi residenti di cui all'articolo 24–bis del Tuir. Il comma 2-bis dell'articolo 5 del decreto Crescita, in vigore dal 1° gennaio 2021, ha previsto la possibilità di estendere il periodo di fruizione del regime speciale per lavoratori impatriati, anche a coloro «che siano stati iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero o che siano cittadini di Stati membri dell'Unione europea, che hanno già trasferito la residenza prima dell'anno 2020 e che alla data del 31 dicembre 2019 risultano beneficiari del regime previsto dall'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147». Tale disposizione, in sostanza, consente alle persone fisiche che hanno trasferito la residenza in Italia per svolgervi attività di lavoro e che abbiano beneficiato del regime impatriati, di poter optare per l'estensione del regime, previo versamento di un importo pari: a) al 10 per cento dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d'imposta precedente a quello di esercizio dell'opzione, se al momento di esercizio della stessa il lavoratore soddisfa, alternativamente, specifici requisiti: ha almeno un figlio minorenne (anche in affido preadottivo) ovvero è diventato proprietario di almeno un'unità immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell'opzione, pena la restituzione del beneficio addizionale fruito, senza applicazione di sanzioni; b) al 5 per cento dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo agevolabili prodotti nel periodo d'imposta precedente a quello di esercizio dell'opzione, se in tale momento il lavoratore ha almeno tre figli minorenni (anche in affido preadottivo) e diventa proprietario di almeno un'unità immobiliare di tipo residenziale in Italia dopo il trasferimento, nei dodici mesi precedenti o entro diciotto mesi dalla data di esercizio dell'opzione, pena anche in tal caso la restituzione del beneficio, senza applicazione di alcuna sanzione. In entrambi i casi, «l'unità immobiliare può essere acquistata direttamente dal lavoratore oppure dal coniuge, dal convivente o dai figli, anche in comproprietà». L'opzione è esercitata mediante il versamento degli importi dovuti in unica soluzione mediante il modello di pagamento F24, senza la possibilità di avvalersi della compensazione prevista dall'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, utilizzando i codici tributo "1860" - "Importo dovuto (10 per cento) per l'adesione al regime agevolato di cui all'articolo 5, co. 2bis, lett. a), del DL n. 34 del 2019" e il codice "1861" - "Importo dovuto (5 per cento) per l'adesione al regime agevolato di cui all'articolo 5, co. 2bis, lett. b), del DL n. 34 del 2019", entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello di conclusione del primo quinquennio di fruizione dell'agevolazione. L'articolo 1, comma 154, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, stabilisce che il regime speciale di cui al citato articolo 16 non è cumulabile con gli effetti dell'opzione di cui all'articolo 24-bis del TUIR. Tale disposizione prevede che «Le persone fisiche che trasferiscono la propria residenza in Italia ai sensi dell'articolo 2, comma 2, possono optare per l'assoggettamento all'imposta sostitutiva [...] dei redditi prodotti all'estero individuati secondo i criteri di cui all'articolo 165, comma 2, a condizione che non siano state fiscalmente residenti in Italia, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, per un tempo almeno pari a nove periodi d'imposta nel corso dei dieci precedenti l'inizio del periodo di validità dell'opzione». Il comma 4 del medesimo articolo 24-bis stabilisce che l'opzione (che cessa di produrre effetti decorsi quindici anni dal primo periodo d'imposta di validità dell'opzione medesima) può essere revocata e, in tal caso, non può essere esercitata nuovamente. I regimi agevolativi rivolti alle persone fisiche che trasferiscono la residenza fiscale in Italia, sono esclusivi e fra loro non cumulabili in capo allo stesso soggetto, relativamente al medesimo periodo d'imposta, in quanto il divieto di cumulo previsto dalla norma non esclude l'ipotesi di un utilizzo alternativo dei regimi agevolativi in anni d'imposta differenti, nel rispetto, ovviamente, dei presupposti oggettivi e soggettivi richiesti dalle rispettive norme. Ciò nella considerazione che un soggetto che sceglie un regime fiscale di vantaggio può fare affidamento, avendone i requisiti, su altro regime agevolativo che viene introdotto nel nostro ordinamento in un momento successivo alla scelta effettuata. In sostanza, dunque, un contribuente in possesso dei requisiti richiesti dalle rispettive norme che, al rientro in Italia, esercita l'opzione per il regime di cui al citato articolo 24-bis del TUIR può, nei periodi d'imposta successivi, revocare tale opzione ed accedere (nel rispetto di ogni altra condizione) al regime speciale per i lavoratori impatriati di cui all'articolo 16 del d.lgs. n. 147 del 2015 nonché applicare tale regime speciale per gli ulteriori periodi d'imposta previsti dalla norma di riferimento. In particolare, i contribuenti rientrati in Italia prima del 2020 possono prolungare l'applicazione del regime speciale per ulteriori periodi di imposta esercitando l'opzione di cui al comma 2-bis dell'articolo 5 del decreto Crescita, anche se, pur possedendo i requisiti per l'applicazione del regime speciale nel periodo d'imposta 2019, non ne hanno concretamente fruito avendo esercitato l'opzione di cui al citato articolo 24-bis del TUIR. Ciò in quanto, ai fini del prolungamento del beneficio per ulteriori annualità, a partire dal primo anno d'imposta successivo a quello di conclusione del primo periodo agevolato, rileva la circostanza che il contribuente abbia fruito del regime speciale anche solo per alcune delle annualità del primo quinquennio agevolabile e che sia stato potenzialmente beneficiario dell'agevolazione medesima nel periodo di imposta 2019, a nulla rilevando, quindi, che ne abbia effettivamente fruito in tale anno. Resta fermo che il contribuente deve soddisfare, nel primo anno successivo alla conclusione del primo periodo agevolato, i requisiti di cui al comma 2-bis, dell'articolo 5 del decreto Crescita previsti per effettuare nei termini il dovuto versamento del 10 o del 5 per cento «dei redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia oggetto dell'agevolazione [...] relativi al periodo d'imposta precedente a quello di esercizio dell'opzione».