All’interno dello scontro apertosi nell’Esecutivo, nel vertice di maggioranza svoltosi nella notte non ha prevalso quella parte politica che ipotizzava una riforma peggiorativa del regime forfetario ampliato dalla l. n. 145/2018. Avrebbero, invece, avuto la meglio quelle forze politiche che in questi giorni hanno resistito con determinazione per confermare o, comunque, per non far stravolgere il regime fiscale più amato dagli italiani. L’accordo definitivo è stato rinviato, ma sembrano comunque allontanarsi le ombre calate in questi giorni sul regime a forfait, ad opera di chi voleva introdurre, in luogo del tradizionale calcolo forfetario delle imposte dovute, una penalizzante determinazione analitica, obbligatoria e generalizzata, del reddito imponibile. Nuove ipotesi al vaglio In realtà, rimane ancora sul tappeto un’ipotesi di trasformazione dell’attuale regime in un interessante e curioso regime “forfetario-analitico”, vale a dire un sistema dalla natura tendenzialmente forfetaria, con una possibile determinazione anche analitica del reddito. Tutto ciò, però, solo in via opzionale e, probabilmente, solo per la fascia più alta dei contribuenti forfetari. In altri termini, con una proposta che avrebbe trovato una certa convergenza (e che potrebbe trovare spazio tramite emendamenti di maggioranza da presentare in Parlamento), potrebbe essere introdotto un sistema differenziato per scaglioni di fatturato: per ricavi o compensi fino a 30mila euro resterebbe la determinazione forfetaria del reddito come oggi conosciuta, mentre, oltre quella soglia e fino ai 65mila euro, si andrebbe ad introdurre una facoltà di opzione per calcolare analiticamente il reddito. Cosicché, entro certi limiti quantitativi ancora da definire, si consentirebbe di poter opzionalmente fruire anche della deduzione analitica del costo effettivo della manodopera e degli ammortamenti dei beni strumentali. Per problemi di copertura finanziaria, sembra invece definitivamente svanita la possibilità di ammettere in deduzione anche i contributi versati per la previdenza complementare, ipotesi che nelle ultime ore era circolata con una certa insistenza almeno per le “giovani” partite Iva, intendendosi per tali i contribuenti di età inferiore ai 35 anni. Contrasto all’elusione Tra le forze di maggioranza è stata, invece, unanime la volontà di introdurre idonei correttivi tecnici per contrastare comportamenti impropri ed elusivi legati al fatto che la fuoriuscita dal regime si verifica soltanto nell’anno successivo al superamento della soglia dei 65.000 euro, circostanza che, ad oggi, rende possibili le pianificazioni volontarie di andamenti anomali dei fatturati e degli incassi per massimizzare i vantaggi del regime agevolato. La fuoriuscita dal regime conseguente alla perdita dei requisiti continuerebbe sempre a decorrere dall'anno successivo a quello in cui si verifica l'evento decadenziale, ma, se in corso d'anno i ricavi o i compensi superassero di oltre una certa quota percentuale il limite di 65.000 euro, la decadenza dal regime agevolato diventerebbe immediata. Fatturazione elettronica Rimangono, invece, molte perplessità sulla previsione di imporre anche ai contribuenti marginali la fatturazione elettronica obbligatoria nel ciclo attivo e la contestuale necessità di conservazione digitale anche per le fatture di acquisto. Tali nuovi obblighi, infatti, faciliterebbero le attività di accertamento tributario sia sui contribuenti forfetari che sulle controparti delle loro operazioni economiche, ma alcune forze politiche continuano a sostenere che tali obblighi sarebbero troppo gravosi e non sarebbero in linea con le esigenze di assoluta semplificazione che dovrebbe caratterizzare questo regime fiscale. Considerazioni conclusive In ogni caso, il regime ad hoc per le partite Iva minori appare diffusamente confermato e, al più, sarebbe integrato con l’introduzione dell’obbligo di fatturazione digitale, con la possibilità di optare anche per un regime di determinazione analitica del reddito, mentre esso sarebbe finalmente liberato dai potenziali abusi derivanti da fatturazioni strumentali o ad intermittenza. Rispetto, però, alle prospettive dei giorni scorsi, i sostenitori del regime forfetario possono forse tirare un sospiro di sollievo e le ragioni di un simile ripensamento governativo sono chiarissime. Sarebbe, infatti, bastato leggere i commenti di tanti cittadini sui social network per comprendere come da un annacquamento del regime fiscale agevolato, o da un suo eventuale surrettizio svuotamento, ne sarebbe derivata enorme delusione delle aspettative da parte dei contribuenti minori e, conseguentemente, una grave crisi del consenso elettorale per quel movimento politico che, solo l’anno scorso, aveva concorso a potenziare le agevolazioni fiscali messe in discussione. Non va, infatti, sottovalutato che proprio grazie al regime forfetario tantissimi contribuenti sono emersi, in tutto o in parte, dal lavoro nero e sarebbe stato assai complicato per il Governo assumere la responsabilità politica di deludere oltre un milione di persone che, solo pochi mesi fa, hanno avviato o consolidato una piccola attività confidando nel sostegno fiscale non già di istituzioni generiche, ma addirittura del medesimo Presidente del Consiglio e dello stesso partito di maggioranza relativa ancora al Governo.