Tra le novità di rilievo del decreto Crescita, va rilevata l’introduzione - per chi accede al regime forfetario - dell’obbligo di operare le ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e sui redditi assimilati corrisposti. Il regime forfetario ha subito importanti modifiche ad opera della legge di Bilancio 2019. La legge di Bilancio 2019 ha in primo luogo elevato a 65.000 euro il limite dei ricavi conseguiti o compensi percepiti nell'anno precedente per accedere al regime forfetario. Tale soglia di accesso è valida per tutti i contribuenti interessati e sostituisce i precedenti valori soglia dei ricavi/compensi percepiti, fissati tra 25.000 e 50.000 euro, differenziati sulla base del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata (riportati nell’Allegato 4 della legge di Stabilità 2015). Sono stati inoltre eliminati gli ulteriori requisiti, oltre a quello del conseguimento annuale di ricavi non superiori a 65.000 euro, necessari per l’accesso al regime forfettario. In particolare, per accedere al regime forfettario la legge di Stabilità 2015 richiedeva: - il sostenimento di spese complessivamente non superiori a 5.000 euro lordi per lavoro accessorio, lavoro dipendente e per compensi erogati ai collaboratori, anche assunti per l’esecuzione di specifici progetti, - che il costo complessivo dei beni strumentali, assunto al lordo degli ammortamenti, non superasse, alla data di chiusura dell’esercizio, 20.000 euro. L’eliminazione della soglia di 5.000 euro di spese sostenute per l’impiego di lavoratori, come condizione di preclusione all’accesso al regime dei forfettari, ha immediatamente creato alcuni problemi legati alle ritenute, per il fatto che dal 2019 il forfetario ha potuto e può assumere lavoratori dipendenti, senza limiti di importi. Infatti, il forfetario, secondo la norma contenuta nella legge di Stabilità 2015 modificata, non deve trattenere le ritenute nemmeno ai loro dipendenti, costringendoli quindi a presentare la dichiarazione dei redditi con la sola finalità di liquidare IRPEF e addizionali comunali e regionali. Come interviene il decreto Crescita 2019 In considerazione della possibilità che dal 2019 i contribuenti che applicano il regime forfettario possono avvalersi dell’impiego di dipendenti e collaboratori, il decreto Crescita dispone che i contribuenti che applicano il regime forfettario devono effettuare le ritenute alla fonte sui redditi di lavoro dipendente e sui redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente (di cui agli articoli 23 e 24, D.P.R. n. 600/1973). La disposizione semplifica la gestione degli adempimenti fiscali, evitando ai lavoratori interessati l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi allo scopo di liquidare l’IRPEF, nonché le addizionali regionali e comunali. La relazione illustrativa che accompagna il decreto Crescita 2019 sottolinea, tra l’altro, che dal punto di vista degli adempimenti del datore di lavoro, il forfetario ha già, comunque, l’obbligo di assolvere tutti gli adempimenti previdenziali, liquidando mensilmente i contributi a proprio carico e quelli trattenuti al lavoratore, versando tramite modello F24 gli stessi, nonché presentando tutte le relative comunicazioni previdenziali e assicurative agli enti di pertinenza. Conseguentemente per il datore di lavoro, non si configura un sostanziale aggravio di adempimenti. Allo scopo di rendere, per il lavoratore, maggiormente sostenibile l’impatto delle ritenute fiscali dei primi mesi del 2019, la disposizione contenuta nel decreto Crescita 2019 prevede il loro frazionamento in tre rate mensili a partire dal terzo mese successivo a quello di entrata in vigore delle nuove disposizioni. Va, infine, evidenziato che lo stesso obbligo di ritenuta varrà per coloro che aderiranno alla cd. flat tax introdotta dalla legge di Bilancio 2019. Tale obbligo è, infatti, previsto per gli imprenditori individuali e i professionisti che si avvarranno dal 2020 dell’imposta sostitutiva del 20% sui ricavi e compensi fino a 100.000 euro.