Dal 1° gennaio 2020, sono cambiate alcune delle condizioni per entrare o permanere nel regime forfetario. Infatti, la legge di Bilancio 2020 (art. 1, commi 691-692, legge n. 160/2019), oltre alla cancellazione della flat tax per i soggetti con ricavi sino a 100.000 euro, ha previsto che sono ammessi al regime forfetario i contribuenti persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni se, al contempo, nell'anno precedente: a) hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 65.000 euro; b) hanno sostenuto spese per un ammontare complessivamente non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, per lavoratori dipendenti, collaboratori anche assunti secondo la modalità riconducibile a un progetto, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati e le spese per prestazioni di lavoro svolte dall’imprenditore o dai suoi familiari. Inoltre, pur essendo confermate le attuali cause di esclusione, se ne è aggiunta un’altra ovvero l’aver percepito, nell'anno precedente, redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, eccedenti l'importo di 30.000 euro. Resta, inoltre, valida la non obbligatorietà dell’utilizzo della fattura elettronica, mentre, analoga esenzione non è prevista per la trasmissione telematica dei corrispettivi che, dunque, è dovuta anche da chi, pur in regime forfetario, esercita attività di commercio al dettaglio o assimilate. Il regime forfetario conviene ancora? Si pone comunque, il solito dilemma e cioè se tale regime agevolato sia davvero conveniente rispetto a quello ordinario. Non si tratta, però, di una valutazione facile ed immediata perché le variabili in gioco sono tante e non necessariamente connesse all’applicazione (o meno) di una aliquota piatta di tassazione invece delle ordinarie aliquote IRPEF e IRAP. Tra queste, quelle più importanti sono sicuramente: - il peso dei costi sul reddito; - l’aliquota marginale di tassazione; - la presenza o meno di altri redditi, deduzioni e/o detrazioni d’imposta. Proviamo ad analizzare le suddette variabili per un confronto tra tassazione forfetaria e tassazione ordinaria. Costi in rapporto al reddito È evidente che uno dei fattori principali che può determinare la scelta o meno del regime ordinario invece di quello forfetario è il peso dei costi che il contribuente sostiene, in rapporto ai ricavi che consegue. Infatti, il reddito tassato con l’aliquota forfetaria del 15% è, appunto, determinato forfetariamente applicando ai ricavi (o compensi) appositi coefficienti di redditività fissati dalla legge e variabili a seconda del codice ATECO del contribuente (si va dal 40% al 78%). Pertanto, non è possibile dedurre i costi, così, come invece, avviene per i soggetti “ordinari”. Per costoro, però, occorre distinguere a seconda che si tratti di contabilità ordinaria o semplificata e a seconda che si tratti di imprese o lavoratori autonomi. Infatti, valgono le seguenti regole: - le imprese possono applicare il regime ordinario (con determinazione del reddito con il principio di competenza) o, se ci sono i presupposti, quello semplificato (il reddito in questo caso si determina con il principio di cassa); - invece, i lavoratori autonomi hanno, come regime naturale, il regime semplificato e determinano il reddito con il principio di cassa, in ogni caso (quindi, anche se optano per la contabilità ordinaria). Se si applica il principio di competenza (imprese in contabilità ordinaria), occorre tenere anche in debita considerazione: - le quote di entrate o uscite future che misurano ricavi o costi già maturati, ma non ancora rilevati, poiché la loro manifestazione finanziaria si verificherà in esercizi futuri (ratei) e le quote di costo o di ricavo non ancora maturate, ma che hanno già avuto la loro manifestazione finanziaria (risconti); - l’impatto sul reddito delle rimanenze di magazzino. Tutto ciò fa sì che non è impossibile, per un soggetto con una determinata struttura di costi, avere maggiore convenienza della tassazione ordinaria piuttosto che da quella forfetaria. Aliquota marginale di tassazione Sappiamo che la tassazione nel regime forfetario è di tipo piatto: si applica l’aliquota del 15% (5% per le startup) sul reddito imponibile determinato forfetariamente. Ciò però non vuol significare che la reale aliquota di tassazione, in caso di scelta della tassazione ordinaria, sia sempre e necessariamente più alta di quella forfetaria. Sulla determinazione dell’aliquota reale incidono molti fattori, tra cui, come si dirà appresso, anche eventuali altri redditi (si ricorda che ai fini IRPEF si applica la tassazione con aliquota progressiva per scaglioni di reddito) e/o la presenza di deduzioni/detrazioni. Però, non bisogna dimenticare che la tassazione a forfait copre, non solo l’IRPEF, ma anche le addizionali all’IRPEF e l’IRAP che, invece, sono dovute in caso di tassazione ordinaria, per cui, occorre tener conto anche di queste imposte per effettuare un confronto veritiero. Altri redditi, deduzioni e detrazioni per spese Ultimo (ma non meno importante) aspetto da tenere in considerazione riguarda la presenza, da un lato, di altri redditi e, dall’altro, di eventuali oneri e spese deducibili e/o detraibili oltre a eventuali carichi di famiglia. Riguardo alla presenza di altri redditi è evidente che, in questi casi, sempre che non si incorra nella nuova causa di esclusione (altri redditi di lavoro dipendente o assimilati superiori a 30.000 euro), ci sarà convenienza ad applicare il regime forfetario per far sì di “frazionare” il carico fiscale. Con riferimento, invece, alla presenza di oneri deducibili/detraibili, va, innanzitutto, ricordato che la legge di Bilancio 2020 ha apportato una modifica in base alla quale ai fini del riconoscimento della spettanza o per la determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria, al possesso di requisiti reddituali, si tiene comunque conto anche del reddito assoggettato al regime forfetario. Pertanto, mentre prima il reddito determinato forfetariamente rilevava solo ai fini del riconoscimento delle detrazioni per carichi di famiglia, ora rileva in tutti i casi di determinazione di deduzioni, detrazioni o benefici di qualsiasi titolo, anche di natura non tributaria. Se il contribuente ha oneri e spese deducibili e/o detraibili, occorrerà fare un’attenta analisi del peso che possono avere in termini di abbattimento del carico fiscale, considerato che in caso di opzione per il forfait, non è possibile fruire di alcuna deduzione o detrazione. Vale comunque un’eccezione: i contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge, compresi quelli corrisposti per conto dei collaboratori dell’impresa familiare fiscalmente a carico, ovvero, se non fiscalmente a carico, qualora il titolare non abbia esercitato il diritto di rivalsa sui collaboratori stessi, si deducono dal reddito determinato come sopra indicato; l’eventuale eccedenza è deducibile dal reddito complessivo.