Reddito di cittadinanza e Quota 100: Commercialisti in audizione al Senato

Reddito di cittadinanza e Quota 100: Commercialisti in audizione al SenatoL’Associazione Nazionale Commercialisti è stata audita questa mattina presso la Commissione Lavoro del Senato (Presidente Senatrice Nunzia Catalfo) per esporre le osservazioni inerenti al DDL 1018 (DL 4/2019), ora in sede di conversione, avente per oggetto il Reddito di Cittadinanza e la riforma dell’età pensionabile. Presenti, il presidente Marco Cuchel e il consigliere nazionale delegato ai rapporti politici Miriam Dieghi.

È stato consegnato alla Commissione un documento esplicativo della posizione di ANC sui singoli punti analizzati nel provvedimento.

In tema di Reddito di Cittadinanza sono stati evidenziati dodici punti critici, tra cui: le difficoltà nel verificare l’effettività dell’esistenza e della sussistenza dei requisiti, al fine di evitare quanto più possibile gli abusi; il monitoraggio dell’operatività dei Centri per l’impiego e dei soggetti accreditati, che dovranno gestire tutte le domande e le fasi operative, nonché l’uso delle relative risorse a disposizione.

Solo nel tempo si potrà verificare l’andamento dell’efficacia della misura e formulare un giudizio sulla reale capacità di far incontrare la domanda con l’offerta e favorire in questo modo una ripresa economica.

Per quanto riguarda la materia pensionistica è stato posto l’accento sull’impossibilità di accesso al beneficio della cosiddetta “quota 100” da parte degli iscritti alle casse di previdenza dei professionisti, per comprensibili ragioni di sostenibilità. È stata evidenziata, pertanto, la necessità, anche per agevolare nuovi ingressi di giovani professionisti nel mercato e ottenere così una spinta occupazionale e uno svecchiamento della professione, di prevedere meccanismi di sussidiarietà tra l’Istituto Nazionale e le Casse private, così da favorire l’estensione del diritto a tutti i lavoratori, in ossequio ai principi che regolano il nostro ordinamento.

Relativamente a “opzione donna”, provvedimento in vigore dal 2004, sono state evidenziate le enormi penalizzazioni che le lavoratrici, dipendenti e autonome, vedono perpetuarsi, in quella che dovrebbe rappresentare un’agevolazione scelta liberamente, ma che di fatto è una necessità dovuta all’assenza o all’inefficienza dei servizi di prossimità alla famiglia. Penalizzazioni ancor più ingiustificate, in considerazione del fatto che “opzione donna” è integralmente coperta dai contributi versati dalle lavoratrici, e pertanto è a costo zero per le casse dello Stato.

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