La legge n. 26 del 28 marzo 2019 di conversione del D.L. n. 4 del 28 gennaio 2019, recante “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni”, con l’art. 7, comma 15 bis ha apportato modifiche alla maxisanzione per il lavoro nero. Quando si applica la maxisanzione In caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, si applica, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, la c.d. maxisanzione per il lavoro nero disciplinata dai commi da 3 a 5, art. 3, D.L. n. 12/2002, convertito dalla Legge n. 73/2002. Più nello specifico, nel caso di specie, a seguito delle modifiche apportate dalla legge di Bilancio 2019 la maxisanzione va: a) da 1.800 a 10.800 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore fino a 30 giorni di lavoro effettivo; b) da 3.600 a 21.600 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore da 31 e fino a 60 giorni di lavoro effettivo; c) da 7.200 a 43.200 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni. Alla maxisanzione è applicabile l’istituto della diffida di cui all'articolo 13 del Decreto Legislativo 23 aprile 2004, n. 124. La diffida deve prevedere, in relazione ai lavoratori irregolari ancora in forza presso il datore di lavoro e fatta salva l'ipotesi in cui risultino regolarmente occupati per un periodo lavorativo successivo, la stipula di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, anche a tempo parziale con riduzione dell'orario di lavoro non superiore al 50% dell'orario a tempo pieno, o con contratto a tempo pieno e determinato di durata non inferiore a tre mesi, nonché il mantenimento in servizio degli stessi per almeno tre mesi. In tale ipotesi, la prova della avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle sanzioni e dei contributi e premi previsti va fornita entro il termine di 120 giorni dalla notifica del relativo verbale. Maxisanzione con applicazione della diffida ex art. 13, D.Lgs. n. 124/2004 a) pari a 1.800 per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore fino a 30 giorni di lavoro effettivo; b) pari a 3.600 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore da 31 e fino a 60 giorni di lavoro effettivo; c) pari a 7.200 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni. Nel caso di specie è applicabile, altresì, la sanzione ridotta ex art. 16, legge n. 689/1981. a) pari a 3.600 per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore fino a 30 giorni di lavoro effettivo; b) pari a 7.200 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore da 31 e fino a 60 giorni di lavoro effettivo; c) pari a 14.400 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni. Da notare che la maxisanzione non trova applicazione qualora, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione. Ipotesi aggravate Alla luce delle modifiche apportate dalla legge n. 26 del 28 marzo 2019, la maxisanzione è aumentata del 20% non solo in caso di impiego di: - lavoratori extracomunitari privi del permesso di soggiorno, ovvero il cui permesso sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, oppure con permesso di soggiorno revocato o annullato; - minori in età non lavorativa; ma, adesso, anche in caso di impiego di lavoratori beneficiari del reddito di cittadinanza. Quindi, nei succitati casi, la maxisanzione va da: a) 2.160 a 12.960 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore fino a 30 giorni di lavoro effettivo; b) 4.320 a 25.920 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore da 31 e fino a 60 giorni di lavoro effettivo; c) 8.640 a 51.840 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni. Chiaramente e come peraltro chiarito dal Legislatore, nelle ipotesi aggravate e, quindi, anche nel caso di impiego di lavoratori in nero beneficiari del reddito di cittadinanza, non è applicabile l’istituto della diffida ex art. 13, D.Lgs. n. 124/2004, ma solo la sanzione ridotta ex art. 16, Legge n. 689/1981. Maxisanzione in ipotesi aggravata con applicazione della sanzione ridotta ex art. 16, Legge n. 689/1981 a) pari a 4.320 per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore fino a 30 giorni di lavoro effettivo; b) pari a 8.640 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore da 31 e fino a 60 giorni di lavoro effettivo; c) pari a 17.280 euro per ciascun lavoratore irregolare in caso di impiego del lavoratore oltre 60 giorni. Criticità per i datori di lavoro L’applicazione della maggiorazione del 20% in caso di impiego in nero di lavoratori beneficiari del reddito di cittadinanza, presenta una importante criticità di cui i datori di lavoro dovranno tenere conto se decidono di occupare prestatori di lavoro senza la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro. Difatti se la verifica del permesso di soggiorno e della minore età che non permette l’occupazione del prestatore di lavoro – che costituiscono le altre due ipotesi aggravate – sono agevoli per qualsiasi datore di lavoro (basta chiedere il permesso di soggiorno all’extracomunitario ed il documento di identità ed eventualmente la documentazione degli anni di scuola frequentata al minorenne) - ben più difficile è la verifica del percepimento del reddito di cittadinanza da parte del lavoratore, a meno che questi non lo dichiari espressamente. Si ricorda a tal proposito che l’art. 3 della Legge n. 689/1981 stabilisce che per le violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa e, nel caso in cui la violazione sia commessa per errore sul fatto, l'agente non è responsabile quando l'errore non è determinato da sua colpa.