Nel passaggio alla Camera del disegno di legge per la conversione del D.L. n. 4/2019 si rifiniscono le disposizioni in materia di cause di decadenza e di sospensione per l’erogazione del reddito di cittadinanza, anche alla luce delle prime esperienza maturate nella giovane storia della nuova prestazione di welfare. In attesa della terza lettura al Senato qual è il quadro aggiornato in materia? Cause di decadenza Va ricordato come le cause di decadenza ovvero di riduzione sono previste dall’art. 7 del decreto. In particolare, il comma 3 dispone la revoca del reddito di cittadinanza con efficacia retroattiva (con il conseguente obbligo di restituzione delle somme indebitamente percepite) in conseguenza in primo luogo di condanna in via definitiva per le fattispecie delittuose introdotte ai commi 1 e 2, o per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (di cui all'articolo 640-bis del codice penale). Altra causa è quella di condanna in via definitiva per associazione con finalità di terrorismoo eversione dell’ordine democratico (art. 270-bis c.p.), attentato per finalità terroristiche o di eversione (art. 280 c.p.), sequestro di persona a scopo di terrorismo o eversione (art. 289 bis c.p.), associazione di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.), scambio elettorale politico mafioso (art. 416-ter), strage (art. 422 c.p.), nonché per i delitti compiuti avvalendosi delle condizioni attinenti alle associazioni mafiose ovvero al fine di agevolare l’attività di tali associazioni. Come ricorda lo specifico dossier del Servizio Studi della Camera tale catalogo dei reati riproduce l’elenco di reati che comportano, in caso di condanna definitiva, la sanzione accessoria della revoca degli eventuali ammortizzatori sociali a favore del condannato (ai sensi dell’art. 2, comma 58, della legge n. 92/2012). Si prevede ancora la revoca in conseguenza della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (per i sopra citati reati). Si prevede inoltre che il beneficio medesimo non possa essere di nuovo richiesto prima che siano decorsi dieci anni dalla condanna. Ai sensi del comma 5 dell’art. 7, la sanzione di decadenza (non retroattiva) è prevista poi qualora uno dei membri del nucleo familiare non effettui la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (ad eccezione dei casi di esclusione ed esonero), anche a seguito del primo incontro presso il centro per l’impiego ovvero presso i servizi competenti per il contrasto alla povertà (come specificato nel corso dell’esame presso le Commissioni competenti): - non sottoscriva il Patto per il lavoro ovvero il Patto per l’inclusione sociale (ad eccezione dei casi di esclusione ed esonero); <- non partecipi, in assenza di giustificato motivo, alle iniziative di carattere formativo o di riqualificazione o ad altra iniziativa di politica attiva o di attivazione (in materia di mercato del lavoro); - non aderisca ai progetti di cui al Patto di inclusione sociale secondo le modalità stabilite e qualora il comune di residenza li abbia istituiti. Ulteriore causa di decadenza è rappresentata dal rifiuto di tre offerte di lavoro congrue, ovvero, indipendentemente dal numero di offerte precedentemente ricevute, dalla rinuncia di un'offerta congrua dopo l'eventuale rinnovo del beneficio. Ulteriori cause di decadenza sono poi rappresentate dal non effettuare le comunicazioni relative alla variazione della condizione occupazionale ovvero dall’effettuare comunicazioni mendaci, alle quali consegua un beneficio economico (del Reddito di cittadinanza) in misura maggiore. Si contempla ancora il caso di non presentazione di una dichiarazione sostitutiva unica ai fini dell'ISEE (DSU) aggiornata in caso di variazione del nucleo familiare o si sia trovati, nel corso delle attività ispettive svolte dalle competenti autorità, intento a svolgere attività di lavoro dipendente - o di collaborazione coordinata e continuativa, in assenza delle comunicazioni obbligatorie ivi richiamate, ovvero altre attività di lavoro autonomo o di impresa in assenza delle comunicazioni previste. La sanzione di decadenza si applica poi anche nel caso in cui il nucleo familiare abbia percepito il beneficio economico in misura maggiore rispetto a quanto gli sarebbe spettato, per effetto di dichiarazione mendace in sede di DSU ovvero in sede di altro atto nell’ambito della procedura di richiesta del beneficio. In tal caso, si dispone altresì il recupero delle somme corrisposte in eccesso. Riduzioni Si prevedono poi alcune riduzioni (in misura crescente) del beneficio economico e l'eventuale successiva decadenza (non retroattiva) per le ipotesi di mancata presentazione- da parte anche di un solo membro del nucleo familiare - alle convocazioni (effettuate dai servizi competenti) e sempre che non sussista un giustificato motivo. La decadenza è prevista per il terzo caso di mancata presentazione. Si stabiliscono ancora alcune riduzioni (in misura crescente) del beneficio economico e l'eventuale successiva decadenza (non retroattiva) per le ipotesi, rispettivamente di mancata partecipazione - da parte anche di un solo membro del nucleo familiare - alle iniziative di orientamento, di mancato rispetto degli impegni previsti nel Patto per l’inclusione sociale, relativi alla frequenza dei corsi di istruzione o di formazione da parte di un componente minorenne ovvero alla tutela della salute (impegni di prevenzione o cura individuati da professionisti sanitari). La domanda per il reddito di cittadinanza può essere di nuovo presentata, dal medesimo richiedente ovvero da altro membro del nucleo familiare, solo decorsi diciotto mesi dalla data del provvedimento di revoca o di decadenza - ovvero decorsi sei mesi, nel caso in cui facciano parte del nucleo familiare soggetti minorenni o con disabilità, come definita ai fini ISEE. Sospensione dell’erogazione per specifici provvedimenti giudiziari L’articolo 7-ter, introdotto nel corso dell’esame in sede referente alla Camera, disciplina la sospensione dell’erogazione del reddito o della pensione di cittadinanza a seguito di specifici provvedimenti dell’autorità giudiziaria penale. In particolare, l’erogazione è sospesa se il beneficiario o il richiedente è condannato (con sentenza non definitiva) per uno dei delitti previsti dal comma 3 dell’art. 7 o è latitante o si è sottratto volontariamente all’esecuzione di una pena. Disposizione analoga, all’art. 18-bis del decreto legge, sospende il pagamento dei trattamenti previdenziali di vecchiaia o anticipati, erogati dagli enti gestori di forme di previdenza obbligatoria. Il comma 2 dell’art. 7 ter specifica poi che la sospensione del beneficio è pronunciata dal giudice che ha adottato il provvedimento penale e non ha effetto retroattivo, non comportando dunque la restituzione di quanto percepito prima dell’emanazione del provvedimento da parte dell’autorità giudiziaria. Il comma 3 afferma che, nel primo atto al quale assiste l’indagato o l’imputato l’autorità giudiziaria gli chiede se beneficia o meno del reddito di cittadinanza o della pensione di cittadinanza. Il comma 4 disciplina la comunicazione che l’autorità giudiziaria deve rivolgere all’INPS, circa la sospensione dell’erogazione del beneficio. L’autorità giudiziaria deve provvedere entro 15 giorni dall’emanazione del provvedimento e l’INPS inserirà il provvedimento di sospensione nelle banche dati. In base al comma 5, se mutano le condizioni che hanno determinato la sospensione, è la stessa autorità giudiziaria che l’ha pronunciata a revocare il proprio precedente provvedimento. L’erogazione del beneficio non riprenderà però in automatico, essendo rimesso al richiedente l’onere di presentare una nuova istanza all’ente previdenziale, allegando copia del provvedimento dell’autorità giudiziaria. Il diritto al ripristino del reddito di cittadinanza matura alla presentazione della domanda. Conseguentemente, nulla è dovuto per gli importi maturati nel periodo di sospensione e nel periodo che intercorre tra la revoca della sospensione e la presentazione della nuova istanza. Vengono poi destinate le somme derivanti dalla sospensione dell’erogazione del reddito al Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive, dell'usura e dei reati intenzionali violenti nonché agli orfani per crimini domestici e in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.