Nel giudizio di appello non è ammissibile una sentenza predibattimentale di proscioglimento per estinzione del reato per intervenuta prescrizione, dovendosi tutelare il contraddittorio con le parti processuali soprattutto quando come nella specie in presenza di un omesso versamento Iva penalmente rilevante vi era stato anche un sequestro di beni. La prescrizione prevale sul vizio della sentenza, salvo che la parte civile abbia in primo grado richiesto il risarcimento del danno. In questa ipotesi è necessario svolgere la normale udienza dibattimentale per permettere la discussione in relazione alle statuizioni civili contenute nella pronuncia di primo grado. Questi i principi stabiliti dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 10376 del 20 marzo 2020. IL FATTO Ad un imprenditore veniva contestato il reato di omesso versamento Iva (art. 10 ter D.Lgs. 74/2000), che lo stesso giustificava per un’assenza di liquidità dell’azienda; inoltre la difesa evidenziava come il debito erariale fosse stato almeno in parte estinto in base ad un accordo di rateizzazione con il Fisco, ancora in essere. Il Tribunale riteneva l’imputato responsabile del reato ascrittogli con confisca dei beni precedentemente sequestrati. A seguito dell’appello presentato, i giudici di secondo grado emettevano pronuncia predibattimentale (ex art. 129 c.p.p.) di proscioglimento per intervenuta prescrizione del reato, disponendo altresì la restituzione di quanto sequestrato. La Procura impugnava tale decisione, eccependo sostanzialmente da un lato l’inapplicabilità dell’art. 129 c.p.p. in appello, dall’altro la violazione del principio del contraddittorio, in quanto emessa senza la preventiva interlocuzione con le parti processuali. L’interesse all’impugnazione derivava dalla necessità di valutare le condizioni economiche effettive dell’imputato, alla luce del dissequestro disposto dalla Corte d’Appello. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione riteneva fondato il ricorso del Procuratore Generale e cassava con rinvio la decisione d’appello. I giudici premettono che le Sezioni Unite (n. 28954/2017) avevano già evidenziato come non fosse ammissibile una sentenza predibattimentale di proscioglimento in appello, non essendo prevista in tale grado e dovendosi assicurare in quella sede il contradittorio tra le parti processuali. In ogni caso, se la pronuncia dichiara l’estinzione del reato per prescrizione, la causa estintiva prevale sulla nullità della sentenza di appello, salvo che non risulti evidente l’innocenza dell’imputato; in tale ultima ipotesi, infatti, la Cassazione deve pronunciare sentenza di assoluzione o non luogo a procedere (art. 129 co. 2 c.p.p.). Tali principi trovano però espressa deroga se la parte civile aveva chiesto in primo grado il risarcimento del danno. In detta ipotesi, dunque, la causa estintiva del reato non prevale sulla nullità della sentenza predibattimentale, atteso che solo entrando nel dibattimento è possibile deliberare in merito ai capi della pronuncia di primo grado che hanno ad oggetto gli interessi civili, nel contraddittorio delle parti. Il caso oggetto della pronuncia in commento rientrava in tale eccezione, poiché la Corte d’Appello aveva revocato la confisca disposta dal primo giudice. E’ infatti evidente che la pare pubblica aveva il diritto all’instaurazione del contraddittorio a mezzo della normale udienza dibattimentale, per poter chiedere la conferma delle disposizioni patrimoniali pur in presenza della causa estintiva del reato. Anche ove sia intervenuta la prescrizione, infatti, il giudice può disporre la confisca diretta del profitto o prezzo del reato se vi è stata una precedente sentenza di condanna e se l’accertamento della sussistenza del reato e della confiscabilità del bene rimangono inalterati nei successivi gradi di giudizio. Da qui la nullità della sentenza di primo grado per violazione del principio del contraddittorio.