La Corte di Giustizia UE è stata chiamata, nella causa C-703/17, a decidere su una controversia tra una dipendente e l’Università di Vienna in merito alla parziale presa in considerazione dei precedenti periodi di attività pertinente dalla dipendente maturati presso la stessa ai fini del calcolo dell’importo della sua retribuzione. IL FATTO Il Giudice del rinvio ha chiesto, in sostanza, alla Corte di Giustizia di chiarire: - se il diritto dell’Unione, in particolare l’articolo 45 TFUE, l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 492/2011, e gli articoli 20 e seguente della [Carta], debba essere interpretato nel senso che esso osta a una disciplina secondo cui i precedenti periodi di attività pertinente, maturati da un membro del personale docente dell’Università di Vienna, sono computabili solo sino a un periodo complessivo di tre o quattro anni a prescindere dal fatto che si tratti di periodi di attività maturati presso l’Università di Vienna o presso altre università o istituti analoghi situati in Austria o all’estero; - se un sistema retributivo che non prevede il computo integrale dei precedenti periodi di attività pertinente, ma ricollega alla durata dell’impiego presso uno stesso datore di lavoro una retribuzione più elevata, sia in contrasto con la libera circolazione dei lavoratori. LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE La Corte di Giustizia UE nella sentenza del 10 ottobre 2019, rileva innanzi tutto che l’articolo 45, paragrafo 2, TFUE vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla cittadinanza tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. La regolamentazione di un’università di uno Stato membro che prevede la parziale presa in considerazione dei precedenti periodi di attività pertinente al fine di determinare lo scatto retributivo applicabile, rientra incontestabilmente nell’ambito delle condizioni di impiego e di lavoro. La Corte ha precisato che una disposizione di diritto nazionale, benché indistintamente applicabile a tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro cittadinanza, dev’essere ritenuta indirettamente discriminatoria laddove, per sua stessa natura, tenda ad incidere più sui lavoratori cittadini di altri Stati membri che sui lavoratori nazionali e, di conseguenza, rischi di risultare sfavorevole in modo particolare ai primi, a meno che non sia obiettivamente giustificata e adeguatamente commisurata allo scopo perseguito. Conformemente al contratto collettivo, rientrano nella definizione di esperienza professionale pertinente, non solo le precedenti attività che sono equivalenti, o addirittura identiche, a quelle che il lavoratore è tenuto a svolgere nell’ambito della sua funzione presso l’Università di Vienna, ma anche qualsiasi altro tipo di attività che risulti semplicemente utile all’esercizio di tale funzione, come le attività extra-universitarie e i tirocini. Per quanto riguarda l’esistenza di un’eventuale discriminazione contraria all’articolo 45, paragrafo 2, TFUE e all’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 492/2011, la Corte rileva che nella causa in oggetto, il limite di quattro anni si applica anche all’esperienza professionale acquisita presso l’Università di Vienna nell’ambito di funzioni diverse da quella di professore associato post-dottorato, quindi indistintamente a tutti i lavoratori assunti dall’Università di Vienna, indipendentemente dalla loro cittadinanza. Una decisione di tal genere non può pertanto essere considerata come costitutiva di una discriminazione fondata direttamente sulla cittadinanza. La Corte di Giustizia UE dichiara dunque che è contraria alla normativa europea la regolamentazione di un’università di uno Stato membro, che, al fine di stabilire l’inquadramento retributivo di un lavoratore in qualità di professore associato post-dottorato presso tale università, prende in considerazione solo fino a un periodo complessivo massimo di quattro anni i precedenti periodi di attività maturati da tale lavoratore in un altro Stato membro, se tale attività era equivalente, o addirittura identica, a quella che detto lavoratore è tenuto a esercitare nell’ambito di tale funzione di professore associato post-dottorato. L’articolo 45 TFUE e l’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una regolamentazione siffatta se l’attività in precedenza svolta in tale altro Stato membro non era equivalente, ma si è rivelata meramente utile all’esercizio di detta funzione di professore associato post-dottorato.