Processo tributario: la contestazione generica può essere specificata in sede di gravame

Nel processo tributario la parte la quale, in primo grado, si sia limitata ad una contestazione generica del ricorso può rendere specifica la stessa in sede di gravame poiché il divieto di proporre nuove eccezioni in appello posto dall'art. 57, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992 riguarda solo le eccezioni in senso stretto e non anche le mere difese che non introducono temi nuovi di indagine. La preclusione ex art. 57 del D.Lgs. n. 546/92 non comporta l'improponibilità dell'illustrazione con nuovi argomenti di eccezioni già formulate, laddove non venga violato il divieto di ampliamento in appello del thema decidendum, al rispetto del quale è funzionale il limite imposto dalla legge. Sono questi i principi ribaditi dalla Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 10899 del 18 aprile 2019. Nel caso di specie una società aveva evidenziato di non aver ricevuto alcun atto impositivo presupposto ed eccepito, per tale motivo, la "nullità dell'ingiunzione in quanto non risulta essere stata preceduta dalla preventiva e sia pur obbligatoria notificazione dell'avviso di accertamento ovvero di liquidazione ovvero avviso di bonario pagamento". Per la Cassazione quella proposta come motivo di appello non poteva essere considerata come una "nuova" eccezione in grado di ampliare indebitamente il thema decidendum bensì uno sviluppo, una specificazione della originaria eccezione tempestivamente proposta e ciò sulla base della affermata inidoneità della documentazione attestante la notifica prodotta dal Comune proprio al fine di contrastare la suddetta originaria eccezione.

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