Nel caso in cui l'Amministrazione eccepisca solo in appello la tardività del ricorso introduttivo del giudizio, depositando copia dell'avviso di ricezione della raccomandata di spedizione dell'atto impositivo, se il contribuente deduce la nullità della notifica disconoscendo espressamente, in tale sede, l'autenticità della sottoscrizione del proprio legale rappresentante, senza che l'Amministrazione produca l'originale dell'avviso di ricezione la copia dello stesso non può avere l'efficacia dell'atto pubblico. Quindi nei suoi confronti non è possibile la querela di falso, il cui giudizio si deve necessariamente svolgere sull'originale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 2482 del 4 febbraio 2020. IL FATTO La Commissione tributaria di II grado di Trento accoglieva l'appello proposto dalla Agenzia delle entrate avverso la sentenza di primo grado, che aveva accolto il ricorso presentato da una società contro l'avviso di accertamento emesso nei suoi confronti, per l'anno 2004, con applicazione degli studi di settore. In particolare, il giudice di appello accoglieva l'eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado sollevata dalla Agenzia delle entrate, per la prima volta, in sede di appello, in quanto l'avviso di accertamento era stato notificato alla società il 5-12-2008 ed il ricorso era stato spedito per la notifica il 5-2-2009, quindi tardivamente. Per la Commissione di II grado la data di ricezione dell'avviso di accertamento era quella del 5-12-2008, e non quella del 9-12-2008, come sostenuto dalla società, anche in ragione della distinta del portalettere da cui risultava che l'atto era stato consegnato il 5-12-2008. La questione in ordine alla illeggibilità della data di ricezione dell'avviso era stata sollevata tardivamente dalla contribuente, come pure tardiva era la deduzione che la firma apposta dal "titolare" della società sull'avviso, nello spazio riservato alla firma del destinatario, non era stata mai apposta. La società avrebbe dovuto, dunque, proporre querela di falso. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società, censurando la decisione della Commissione tributaria per aver ritenuto che la data di notifica a mezzo posta potesse essere provata in base alla copia semplice dell'avviso di accertamento ed alla copia semplice della distinta del portalettere, in quanto il solo documento idoneo a provare il perfezionamento della notifica degli atti impositivi sarebbe rappresentato dall'originale dell'avviso di ricevimento. Incombeva, dunque, sulla Agenzia delle entrate l'onere di provare il momento di decorrenza del termine di decadenza dell'impugnazione producendo copia autentica dell'atto impugnato. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso. Invero, la società ricorrente, dopo avere ricevuto la notificazione dell'avviso di accertamento e dopo aver proposto ricorso, ha dedotto, in sede di appello, quando l'Agenzia delle entrate ha, per la prima volta, sollevato la questione della tardività del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, che la data della ricezione era illeggibile, sicché non poteva essere identificata con sicurezza nel 5-12-2008 (come chiedeva l'Agenzia delle entrate), ma nel 9-12-2008, e che la sottoscrizione apposta sull'avviso di ricevimento, prodotto in copia semplice, non era dell'apparente sottoscrittore, disconoscendo espressamente, quindi, tale sottoscrizione. Per quanto attiene al riparto dell'onere della prova in ordine alla tempestività della impugnazione, la società ha invocato la giurisprudenza di legittimità per cui, in tema di contenzioso tributario, quando il ricorrente deduca che la tardività del ricorso è dipesa dall'omessa notifica del provvedimento impugnato, in applicazione dei criteri di cui all'art. 2697 cod. civ., non è suo onere fornire la prova negativa dell'omessa notifica, ma incombe alla parte cui sia stato notificato il ricorso, qualora eccepisca l'inosservanza del termine di decadenza di cui all'art. 21 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, provarne il momento di decorrenza producendo copia autentica dell'atto impugnato, corredata dalla relata di notifica (Cass. 24 luglio 2009, n. 17387). In tale pronuncia si legge che "se è vero che è onere dell'impugnante dare la prova della tempestività dell'impugnazione", tuttavia "questa Corte ha avuto modo di chiarire che, a norma dell'art. 2697 c.c., la stessa parte impugnante non deve dimostrare che il provvedimento non le sia stato notificato, mentre incombe alla parte cui sia stato notificato un atto d'impugnazione, qualora eccepisca la necessità dell'osservanza del termine di decadenza per detta impugnazione e l'avvenuto superamento del medesimo, provarne il momento di decorrenza, producendo copia autentica dell'atto impugnato, corredata della relata di notificazione" (anche Cass., 19072/2004; Cass., 6239/1996). La Cassazione evidenzia anche che non può l'Amministrazione finanziaria far valere il principio secondo cui grava sull'opponente l'onere di provare la tempestività dell'iniziativa giudiziaria da lui intrapresa, posto che tale regola presuppone che l'atto, contro cui l'opposizione sia stata rivolta, sia stato "validamente notificato in data certa"; dovendosi altrimenti escludere che sia positivamente identificabile l'esatto dies a quo per il decorso del termine decadenziale di impugnazione (Cass., 13 novembre 2018, n. 29133; Cass., 17 agosto 2016, n. 17122). Non era, dunque, onere della società contribuente, una volta da quest'ultima eccepita la mancata notificazione dell'atto impositivo, fornire la dimostrazione che quest'ultimo le era stato recapitato il 9-12-2008, dovendo, invece, essere l'ente impositore a fornire la prova, mediante la produzione dell'originale dell'avviso di ricevimento (dopo l'espresso disconoscimento della propria sottoscrizione da parte della società, avvenuto in udienza subito dopo la produzione di copia dell'avviso di ricezione da parte dell'Agenzia delle entrate nel giudizio di secondo grado), della data certa di avvenuta notificazione. Nella specie, come detto, la società aveva disconosciuto espressamente la firma del legale rappresentante apposta sull'avviso di ricezione, eccependo di non avere mai ricevuto la notificazione dell'atto impositivo. Per quanto riguarda l’efficacia del disconoscimento della sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, prodotto solo in copia ed in grado di appello da parte dell’Ufficio, i giudici di legittimità rammentano che la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia, non possa avvenire con clausole generiche e di stile ma in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale. Nella specie la società nell’appello aveva disconosciuto espressamente la sottoscrizione apposta sull’avviso di ricevimento, l’Ufficio avrebbe dovuto produrre l’originale del documento, avente efficacia di atto pubblico, al fine di consentire alla ricorrente di proporre la querela di falso il cui giudizio doveva necessariamente svolgersi sull’originale.