In tema di imposte sui redditi delle società di capitali, la determinazione della base imponibile è, di regola, ispirata al principio della "dipendenza" - ossia della derivazione dal risultato del conto economico, redatto in conformità ai canoni del codice civile ed ai principi contabili nazionali -, in forza del quale i criteri di imputazione temporale previsti dai principi contabili possono derogare alle regole generali sancite dall'art. 109 d.P.R. n. 917 del 1986, purché la contabilizzazione dei componenti del reddito d'impresa sia avvenuta nel rispetto, oltre che dei predetti principi contabili, delle variazioni obbligatorie, in aumento o in diminuzione, conseguenti all'applicazione dei criteri stabiliti dalle disposizioni di cui alla Sezione I del Capo II del Titolo II del d.P.R. n. 917 del 1986. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 10285 del 20 aprile 2021. È ben vero che, come più volte affermato dalla Suprema Corte, in tema di reddito d'impresa, le regole sull'imputazione temporale dei componenti negativi di reddito, dettate in via generale dal cit. art. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986, sono inderogabili, non essendo consentito al contribuente di scegliere di effettuare la detrazione di un costo in un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come esercizio di competenza. Non di meno, ove venga in rilievo un ente soggetto all'imposta sul reddito delle società ai sensi dell'art. 73 del d.P.R. n. 917 del 1986, la regola generale posta dal predetto art. 109, comma 2, lett. a), secondo la quale le spese di acquisizione dei beni immobili si considerano sostenute alla data della stipulazione dell'atto, deve essere necessariamente coordinata con il principio, sancito dal primo comma dell'art. 83, d.P.R. n. 917 del 1986, secondo il quale il reddito di impresa deve determinarsi apportando all'utile o alla perdita del conto economico del bilancio di esercizio le variazioni che derivano dall'applicazione ai componenti di reddito dei criteri fiscali, dettati dalle successive norme (della medesima Sezione I del Capo II del d.P.R. n. 917 del 1986), diretti a limitare il rilievo fiscale di specifiche voci del conto economico. Come sostenuto in dottrina, la relazione di dipendenza del reddito di impresa rilevante ai fini fiscali rispetto al conto economico governato dalle norme del codice civile rinviene la sua ratio nella garanzia di attendibilità dei dati contabili riportati in bilancio offerta dal principio di chiarezza, di verità e di correttezza della situazione patrimoniale della società sancito dall'art. 2423 cod. civ. e dalle norme sostanziali e procedimentali che disciplinano la redazione e l'approvazione del bilancio medesimo. In linea con tale prospettiva esegetica, la Suprema Corte ha avuto modo di evidenziare che la determinazione della base imponibile delle società di capitali, ai fini della dichiarazione fiscale, è ispirata al criterio della "derivazione" dal risultato del conto economico, redatto in conformità ai canoni del codice civile ed ai principi contabili nazionali, giacché la «determinazione civilistica rappresenta quanto di più approssimato all'effettivo incremento di ricchezza prodotto dall'attività sociale, espressivo della capacità contributiva attribuibile al soggetto passivo collettivo» (Cass. Sez. 5, ordinanza 3/4/2019, n. 9252; Cass. Sez. 5, ordinanza 18/4/2019, n. 10902). Di conseguenza, «nella dichiarazione fiscale l'imponibile è liquidato apportando all'utile o alle perdite di esercizio quelle sole variazioni previste in esecuzione dello stesso TUIR, per la basilare esigenza di contemperare i necessari margini di discrezionalità del prudente apprezzamento imprenditoriale propri del sistema civilistico, con i canoni di certezza, semplicità e prevenzione antielusiva che modulano l'interesse fiscale» (Cass. Sez. 5, ordinanza 3/4/2019, n. 9252, cit.). E' da osservare come il principio della dipendenza, ovvero della derivazione dal risultato del conto economico redatto secondo i criteri del codice civile, abbia ispirato la normazione in materia di determinazione della base imponibile sin dalla legge-delega n. 825/1971 (dall'art. 2, n. 16), per essere poi recepito dall'art. 52 del d.P.R. n. 917 del 1986 (attuale art. 83), anche a seguito delle modifiche apportate dal d.lgs. n. 344 del 2003. Tale disposizione è stata, quindi, integrata mediante l'inserimento di un terzo periodo (ad opera dell'art. 1, comma 58, della legge n. 244 del 2007), dedicato ai soggetti che, per obbligo o per scelta, redigono il bilancio di esercizio secondo i principi contabili internazionali IAS/IFRS (c.d. soggetti IAS adopter), i quali determinano il reddito in base ai «criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione di bilancio» previsti dai principi contabili. Un'ulteriore modifica legislativa ha riguardato i soggetti, diversi dalle c.d. micro-imprese ex art. 2435-ter cod. civ., che redigono il bilancio di esercizio in conformità alle disposizioni del codice civile e, quindi, dei nuovi principi contabili nazionali in seguito elaborati dall'Organismo italiano di contabilità (OIC) in attuazione dell'art. 12 del d.lgs. n. 139 del 2015, di recepimento della Direttiva n. 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, relativa ai «bilanci d'esercizio, ai bilanci consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese». Tale evoluzione normativa ha confermato la centralità, ai fini della determinazione del reddito d'impresa, dei principi contabili nazionali, quali regole tecniche secondarie che consentono la corretta applicazione contabile delle disposizioni civilistiche in materia di bilancio. La rilevanza di tali parametri è stata riconosciuta anche dalla giurisprudenza di legittimità, la quale in più occasioni ha affermato che si tratta di criteri tecnici generalmente accettati che consentono una corretta appostazione e lettura delle voci di bilancio, «dai quali, pertanto, ci si può discostare solo fornendo adeguata informazione e giustificazione». Sotto altro profilo va, poi, rilevato che, come precisato dalla Suprema Corte (Cass. Sez. 5, 5/11/2019, n. 28355), nei casi in cui trova applicazione il principio di derivazione "semplice" delineato nel primo periodo del primo comma dell'art. 83 d.P.R. n. 917 del 1986, la disciplina del bilancio viene "presupposta" dal legislatore tributario, che non entra nel merito delle valutazioni effettuate dal redattore del bilancio per giungere al dato del risultato (utile o perdita) del bilancio stesso, assunto quale "mero fatto" ai fini della determinazione del reddito di impresa, salva, come già evidenziato, l'applicazione delle variazioni in aumento o in diminuzione stabilite dalle disposizioni fiscali concernenti la determinazione della base imponibile. Nel caso della derivazione "rafforzata", riguardante i soggetti che, per obbligo o per scelta, redigono il bilancio di esercizio secondo i principi contabili internazionali IAS/IFRS, l'ultimo periodo dell'art. 83 d.P.R. n. 917 del 1986 attua, invece, un vero e proprio rinvio, anche in deroga alle disposizioni del TUIR, ai «criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti da detti principi contabili», non limitandosi, dunque, alla mera presupposizione dei principi contabili che richiama. In ogni caso, tanto per i soggetti che redigono il bilancio secondo i principi contabili internazionali, quanto per quelli che lo formano in conformità alle regole del codice civile e, quindi, in base ai principi contabili nazionali, l'art. 83, comma 1, ultimo periodo, introdotto dalla legge 24 dicembre 2007, n. 244, dispone che «valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili». Inoltre, per quanto riguarda le ipotesi di derivazione rafforzata, l'art. 2 del D.M. 1 aprile 2009, n. 48 («Regolamento recante disposizioni di attuazione e coordinamento delle norme contenute nei commi 58 e 59 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 in materia di determinazione del reddito dei soggetti tenuti alla adozione dei principi contabili internazionali») prevede espressamente che «ai sensi dell'articolo 83, comma 1, terzo periodo, per i soggetti IAS assumono rilevanza, ai fini dell'applicazione del Capo II, Sezione I, del testo unico, gli elementi reddituali e patrimoniali rappresentati in bilancio in base al criterio della prevalenza della sostanza sulla forma previsto dagli IAS. Conseguentemente, devono intendersi non applicabili a tali soggetti le disposizioni dell'articolo 109, commi 1 e 2, del testo unico, nonché ogni altra disposizione di determinazione del reddito che assuma i componenti reddituali e patrimoniali in base a regole di rappresentazione non conformi all'anzidetto criterio» (Cass. Sez. 5, 5/11/2019, n. 28355, cit.). In conclusione, la Cassazione ritiene che le suindicate disposizioni abbiano recepito, positivizzandolo, l'esito interpretativo del coordinamento sistematico tra il principio di derivazione sancito dal primo comma dell'art. 83 d.P.R. n. 917 del 1986 e il principio di competenza di cui all'art. 109 del medesimo decreto, rappresentato dalla prevalenza dei criteri di imputazione temporale dettati dai principi contabili rispetto a quelli di carattere generale e residuale posti dal citato art. 109.