In caso di emissione di fatture per operazioni inesistenti per più anni d’imposta, la competenza territoriale si radica davanti al giudice del luogo di commissione del reato, che coincide di norma con quello in cui ha sede l’impresa emittente. Solo ove non si possa determinare il locus commissi delicti si applica il criterio sussidiario fondato sul luogo di accertamento del reato. Questi i principi stabiliti dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 29519 depositata l’8 luglio 2019. IL FATTO Al legale rappresentante di una società veniva contestata l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, riguardanti un periodo compreso tra il 2006 ed il 2009. Dopo la condanna in primo grado derivante dal riconoscimento della penale responsabilità dell’imputato per tutte le condotte contestate, in sede di appello la sentenza del Tribunale era riformata, ritenendo i giudici di secondo grado di non doversi procedere per i reati ascritti relativi agli anni 2007 e 2008. La difesa proponeva quindi ricorso per Cassazione, ribadendo fondamentalmente l’eccezione di incompetenza territoriale esposta sin dal primo grado. In estrema sintesi si evidenziava che alcuni fatti risultavano contestati in una città (Roma, dove si era svolto poi il processo), altri in differente località (Pomezia), mentre il giudizio sarebbe stato di competenza del Tribunale dove il reato risultava accertato (Arezzo), a seguito di indagine e sequestro della polizia giudiziaria del luogo. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione rigettava totalmente il ricorso proposto dal contribuente. Come correttamente stabilito dai giudici di merito il luogo di commissione dei reati andava individuato in quello di emissione delle fatture false, normalmente coincidente con la sede del soggetto emittente (nella specie, Roma). Infatti il criterio di competenza del giudice del luogo dell’accertamento del reato è sussidiario rispetto a quello generale che prende in considerazione la sua consumazione (combinato disposto dell’art. 18, D.Lgs. n. 74/2000 ed art. 8 c.p.p.): solo in caso di impossibilità di individuazione del locus commissi delicti si poteva quindi seguire la strada indicata dalla difesa dell’imputato. Una deroga ai principi generali, prosegue la Suprema Corte, è tuttavia prevista nell’ipotesi di emissione plurima di fatture false (art. 8, comma 2, D.Lgs. n. 74/2000), che radica la competenza del giudice del luogo di iscrizione nel registro degli indagati del primo procedimento penale. Tale ipotesi non era però applicabile nella specie atteso che riguarda esclusivamente il caso di plurima emissione avvenuta nel medesimo periodo d’imposta. Anche prendendo in considerazione la disciplina sulla connessione dei reati tributari il risultato non cambierebbe. Infatti la competenza per territorio per i procedimenti connessi rispetto ai quali più giudici sono ugualmente competenti per materia appartiene al giudice competente per il reato più grave e, in caso di pari gravità, al giudice competente per il primo reato (art. 16 c.p.p.): i reati contestati all’imputato erano identici e quindi a dover giudicare era il Tribunale innanzi al quale si è svolto effettivamente il giudizio, in quanto era quello del luogo dove è stata commessa la prima emissione di fatture inesistenti.