La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 12 del 31 gennaio 2019, dichiara l’illegittimità costituzionale della legge che introdurrebbe un irragionevole discrimine temporale per l’applicazione del nuovo regime di pignorabilità delle somme accreditate su conto corrente bancario o postale intestato al debitore a titolo di pensione o di altre prestazioni assistenziali o retributive. IL FATTO Il Tribunale ordinario di Brescia, in funzione di giudice dell’esecuzione mobiliare, ha sollevato, questione di legittimità costituzionale dell’art. 23, comma 6, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria), nella parte in cui prevede che le disposizioni di cui al precedente art. 13, comma 1, lettera l), laddove introducono l’ottavo comma dell’art. 545 del codice di procedura civile, si applichino esclusivamente alle procedure esecutive iniziate successivamente alla data di entrata in vigore del predetto d.l. (27 giugno 2015), anziché a tutte le procedure pendenti alla medesima data. Secondo il giudice rimettente, la disposizione transitoria censurata introdurrebbe un irragionevole discrimine temporale per l’applicazione del nuovo regime di pignorabilità delle somme accreditate su conto corrente bancario o postale intestato al debitore a titolo di pensione o di altre prestazioni assistenziali o retributive. In tal modo permarrebbe, per le procedure pendenti alla data di entrata in vigore del predetto d.l. n. 83 del 2015, un regime contrario ai principi costituzionali richiamati nella sentenza n. 85 del 2015. LA DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE La Corte Costituzionale rileva che il giudizio riguarda l’intangibilità dell’assegno sociale mensile in ordine alla cui integrale pignorabilità prevista dal regime antecedente la Corte aveva rilevato un contrasto con il principio espresso dall’art. 38, secondo comma, Costituzione. L’ordinanza in esame richiama tuttavia l’art. 3 Costituzione sotto il profilo del principio di eguaglianza ed è, pertanto, in riferimento a tale parametro che dovrà essere risolta la questione posta dal rimettente. La questione è fondata con riguardo alla pignorabilità della prestazione pensionistica relativamente alle procedure iniziate antecedentemente all’entrata in vigore del d.l. n. 83 del 2015. Il diverso regime temporale previsto per le procedure pendenti alla data di entrata in vigore del d.l. n. 83 del 2015, benché sia ispirato all’esigenza di salvaguardare l’affidamento nella certezza giuridica di chi ha avviato il pignoramento nella piena vigenza della disciplina antecedente che lo consentiva, non supera il vaglio di costituzionalità. Nel contesto in cui il legislatore ha effettivamente esercitato la sua discrezionalità al fine di garantire la necessaria tutela al pensionato che fruisce dell’accredito sul proprio conto corrente, risulta irragionevole che tale tutela non sia estesa alle situazioni pendenti al momento dell’entrata in vigore della novella legislativa. Per tali motivi la Corte Costituzionale dichiara “l’illegittimità costituzionale dell’art. 23, comma 6, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 132, nella parte in cui non prevede che l’ottavo comma dell’art. 545 del codice di procedura civile, introdotto dall’art. 13, comma 1, lettera l), del medesimo decreto-legge, si applichi anche alle procedure esecutive aventi ad oggetto prestazioni pensionistiche pendenti alla data di entrata in vigore di detto decreto-legge”.