Integra un’ipotesi di legittimo affidamento il ritardato pagamento di una rata imputabile a un errore nella scadenza risultante dal prospetto di dilazione che il contribuente ha generato utilizzando l’apposita funzione presente nel sito internet dell’Agenzia delle Entrate. La Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 12648 depositata il 9 maggio 2024, ha analizzato un caso interessante nel quale le ragioni del contribuente hanno trovato ascolto. IL FATTO Una contribuente aveva ottenuto la rateizzazione di un debito da comunicazione bonaria ai sensi dell’art. 3-bis del DLgs. 462/97. In base al prospetto in suo possesso, scaricato dal sito internet dell’Agenzia delle Entrate e successivamente prodotto in giudizio, il termine ultimo per il versamento della terza rata cadeva di lunedì 3 marzo 2014. Il pagamento era stato effettuato in tale data, ma l’Agenzia l’ha considerato tardivo in quanto, sulla base del prospetto in suo possesso, il termine cadeva di venerdì 28 febbraio. Il ritardo, anche se così esiguo, ha comportato la decadenza dalla rateizzazione e l’invio alla contribuente della cartella di pagamento ex art. 36-bis del DPR 600/73 (si trattava della versione vigente ratione temporis dell’art. 3-bis del DLgs. 462/97). Nel corso del giudizio entrambe le parti producevano i rispettivi prospetti in loro possesso, ma se la contribuente evidenziava che il calcolo degli interessi era compatibile con la scadenza del 3 marzo, l’Agenzia nulla chiariva sul punto. L’Ufficio affronta la questione della tempestività del pagamento della terza rata lamentando la violazione di quanto disposto dai commi 3 e 4 dell’art. 3-bis del DLgs. 462/97 versione applicabile ratione temporis. In particolare, la norma individua quale giorno di scadenza delle rate l’ultimo giorno di ciascun trimestre e, dunque, il 28 febbraio 2014, mentre il pagamento della terza rata era avvenuto il 3 marzo 2014. Di conseguenza, secondo l’Agenzia, i giudici avrebbero dovuto dare preminenza al prospetto dell’Ufficio in quanto coerente con la normativa in vigore all’epoca. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE Secondo i giudici di legittimità, tuttavia, la questione va affrontata su un piano differente, ossia quello dell’errore scusabile e del legittimo affidamento. Occorre, a questo punto, richiamare quanto previsto dal secondo comma dell’art. 10 della L. 212/2000, in applicazione del quale le sanzioni e gli interessi non sono dovuti qualora il contribuente si sia uniformato a indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate, oppure il suo comportamento risulti attuato a seguito di fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni o errori dell’amministrazione stessa. Sul punto, la giurisprudenza ormai da tempo chiede la verifica di tre presupposti: - un’attività dell’Amministrazione finanziaria idonea a determinare una situazione di apparente legittimità e coerenza dell’attività stessa in senso favorevole al contribuente; - la conformazione in buona fede alla condotta suggerita; - una situazione normativa astrattamente idonea a normare la fattispecie (per tutte, Cass. 10 dicembre 2002 n. 17576). Nell’ordinanza in commento viene inoltre fatto richiamo alla portata generale del principio di legittimo affidamento, alla sua base costituzionale fondata sul principio di uguaglianza e sulla necessità che venga declinato in concreto, ponendosi in relazione alle più disparate soluzioni (Cass. 11 maggio 2021 n. 12372). Alla luce dei principi richiamati, a fronte addirittura del fatto che la stessa Agenzia ha prodotto due diversi prospetti senza fornire spiegazioni dell’incongruenza, non può che dirsi dimostrata la buona fede della contribuente.