Perdite fiscali da riportare con valori reali «capienti» delle società partecipanti

Agenzia delle Entrate - Risposta n. 527 del 13 dicembre 2019 La risposta n. 527 del 13 dicembre 2019, ha evidenziato che i limiti al riporto delle perdite fiscali in caso di fusione stabiliti dall’art. 172 comma 7 del TUIR possono essere disapplicati nel momento in cui le società partecipanti presentano comunque un valore economico superiore al vantaggio fiscale derivante dall’utilizzo delle perdite “tramesse” alla società incorporante o risultante dalla fusione. Si conferma, quindi, il principio enunciato nelle risposte a interpello n. 93 e 94 del 5 dicembre 2018, potendosi quindi ora contare su una base già significativa di precedenti per la gestione di situazioni similari, che accadono frequentemente nella pratica. IL QUESITO Il caso esaminato riguarda quattro società italiane del settore delle attrezzature sportive controllate da una società tedesca, la quale ne ha ceduto in blocco le partecipazioni a una società austriaca per un corrispettivo unitario, di fatto coincidente con la somma dei valori economici delle quattro società determinati con apposite perizie di stima condotte con metodi reddituali. A seguito della riorganizzazione della struttura del gruppo è stata poi decisa la fusione per incorporazione di tre delle società italiane nella quarta. Il test di vitalità, condotto sulla base dei consueti parametri dei ricavi e proventi dell’attività caratteristica e delle spese per lavoro subordinato e relativi contributi, ha dato esito positivo con riferimento a tutte le società interessate, anche per quanto riguarda la frazione di esercizio che termina alla data di efficacia giuridica dell’operazione. Il problema si è invece manifestato sul secondo elemento previsto dall’art. 172 comma 7 del TUIR, rappresentato dal patrimonio netto contabile: solo una delle quattro società partecipanti alla fusione, infatti, ha fatto registrare un patrimonio netto almeno pari alle perdite fiscali residue, mentre per le altre tre società il requisito non è risultato soddisfatto e, quindi, a rigore avrebbe dovuto portare all’abbandono definitivo delle perdite. LA RISPOSTA DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE Come anticipato, questa conclusione è stata scongiurata dalla risposta favorevole all’interpello presentato, che ha valorizzato l’assenza di intendimenti delle società in questione a perfezionare la fusione al solo scopo di fruire di vantaggi fiscali indebiti. L’Agenzia delle Entrate richiama, dapprima, il principio secondo cui il diritto al riporto delle perdite deve essere negato nei (soli) casi in cui di fatto non esiste più l’attività economica che ha generato le perdite stesse. Questa valutazione viene “forfetizzata” con i parametri della “vitalità” e del patrimonio netto ma, come detto, essa può anche avere un orizzonte più ampio e valutare elementi quantitativi che l’art. 172 comma 7 del TUIR a rigore non prevede. Nel caso specifico, le tre società hanno un valore economico ampiamente superiore al “vantaggio fiscale connesso all’utilizzo delle perdite” e ciò ha consentito all’Agenzia delle Entrate di concludere nel senso per cui esse non sono in alcun modo qualificabili come “bare fiscali”, e possono quindi apportare legittimamente le perdite alle società incorporante. Valore economico da rapportare al beneficio fiscale Risulterebbe da chiarire ulteriormente come vada conteggiato, dal punto di vista pratico, questo parametro: letteralmente, il vantaggio fiscale connesso all’utilizzo delle perdite è rappresentato dalla minore imposta, e quindi al 24% della perdita. La risposta a interpello sembra andare in questo senso, laddove per una delle società, ad esempio, le perdite sono pari a 893.285 euro e il valore economico pari a circa 610.000 euro. Se si rapportassero le perdite e il valore economico della società, le prime eccederebbero il secondo. Considerando invece il 24% delle perdite (214.388 euro), si otterrebbe un importo inferiore a quello del valore economico, con conseguente soddisfacimento del requisito. La precedente risposta a interpello n. 94/2018 risultava invece più ambigua sul tema, citando talvolta, quale entità a cui rapportare il valore economico della società, la “posizione soggettiva di cui si chiede il riporto” (pare di capire che si tratti dalla perdita) e altre volte il “beneficio fiscale” (come detto, in prima approssimazione la minore imposta connessa all’utilizzo delle perdite fiscali).

Perdite fiscali da riportare con valori reali «capienti» delle società partecipanti

L’Agenzia delle Entrate conferma la propria linea interpretativa con riferimento alle società con patrimoni netti contabili insufficienti ma valori effettivi elevati

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