Tra le misure in ambito previdenziale che dovrebbero trovare sede nella Manovra 2020 vi è il ripristino della rivalutazione piena delle pensioni tra 1.500 e 2.000 euro lordi. È uno dei punti del documento di sintesi della Manovra che ha rappresentato la base su cui ha lavorato il MEF per elaborare la risposta a Bruxelles sulla richiesta di chiarimenti che la Commissione europea ha indirizzato al nostro Governo. Con riferimento agli altri profili che dovrebbero entrare nella legge di Bilancio ci sono la proroga di un anno dell’APE sociale e di opzione donna. Sembra essere confermato poi che quota 100 dovrebbe proseguire la propria sperimentazione nella struttura attuale. Va evidenziato come la rivalutazione dei trattamenti pensionistici costituisce uno dei punti di maggiore attenzione del tavolo di confronto in corso tra Governo e sindacati confederali sulle tematiche previdenziali. La norma di riferimento sui criteri di applicazione della perequazione automatica è la legge n. 448/1998. Nel corso degli anni però varie norme si sono succedute in merito e il legislatore è intervenuto più volte con l’intento di limitare l’applicazione della rivalutazione delle prestazioni pensionistiche. La richiesta sindacale Nella piattaforma unitaria che era stata presentata da CGIL, CISL e UIL in vista della precedente legge di Bilancio la richiesta era quella di garantire, come previsto dalla normativa allora vigente, il ripristino dal 1° gennaio 2019 della piena rivalutazione delle pensioni, “necessario a salvaguardare il valore degli assegni pensionistici”. La manovra finanziaria 2019 è invece intervenuta portando, con una valenza triennale, da 5 a 7 le fasce di copertura e modificando le percentuali di perequazione. La richiesta ora avanzata dalle parti sociali è quella di riconsiderare tale meccanismo. Nella piattaforma si sottolineava ancora che era necessario definire un nuovo “paniere” per arrivare a un indice più equo della rivalutazione delle pensioni e recuperare parte del montante perso in questi anni. L’attuale normativa prevede la rivalutazione ai prezzi delle pensioni al 1° gennaio di ogni anno sulla base del tasso di inflazione dell’anno precedente (variazione dell’indice generale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati al netto dei tabacchi: c.d. foi nt). Il decreto ministeriale che fissa la rivalutazione ai prezzi da applicare al 1° gennaio è predisposto dal Ministero dell’Economia e delle finanze nel mese di novembre prendendo a riferimento la comunicazione ISTAT sulle ultime informazioni disponibili circa l’andamento effettivo dell’inflazione e di quello presumibile fino a fine anno. La necessità di predisporre tale decreto a novembre risiede nell’esigenza di concedere agli Enti previdenziali i necessari tempi tecnici per predisporre i pagamenti del rinnovo delle pensioni al 1° gennaio. Pertanto, in base all’effettiva variazione di consuntivo dell’indice preso a base per la rivalutazione, possono rendersi necessari eventuali recuperi (a credito o a debito) con relativi conguagli in occasione della rivalutazione effettuata l’anno successivo. Pensione e rivalutazione È utile, anche attingendo al recente Rapporto sulle tendenze di medio-lungo periodo della spesa previdenziale della Ragioneria generale dello Stato, ripercorrere in senso evolutivo il succedersi dei diversi meccanismi nel corso del tempo. In termini generali, la rivalutazione è effettuata con un’elasticità variabile per fasce di importo (per il periodo dal 2008 al 2010, come previsto dall’art. 5 del D.L. n. 81/2007, convertito con legge n. 121/2007, al 100% per le fasce di importo fino a 5 volte il trattamento minimo INPS e al 75% per le fasce di importo superiori a 5 volte il trattamento minimo), in generale pari al 100% per le fasce di importo fino a 3 volte il trattamento minimo INPS, al 90% per le fasce di importo comprese tra 3 volte e 5 volte il trattamento minimo INPS e al 75% per le fasce di importo oltre 5 volte il trattamento minimo INPS. Per il periodo 2012-2021, rispetto a quanto sopra evidenziato è in vigore per le pensioni complessivamente superiori a 3 volte il trattamento minimo INPS (3 volte il trattamento minimo INPS pari a 18.759,00 euro nel 2012) il seguente regime di indicizzazione. Per il biennio 2012-2013 (D.L. n. 201/2011) l’indicizzazione non è riconosciuta alle pensioni superiori a 3 volte il trattamento minimo INPS. Con sentenza n. 70/2015, la Corte Costituzionale ha censurato la misura e con D.L. n. 65/2015 l’indicizzazione relativa agli anni 2012-2013 è stata ridisciplinata nei seguenti termini: a) per gli anni 2012 e 2013: - nella misura del 40% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi; - nella misura del 20% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi; - nella misura del 10% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi; - non è riconosciuta per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi. b) per il periodo successivo: - negli anni 2014 e 2015 nella misura del 20% di quanto stabilito per le mensilità del biennio 2012-2013, come sopra descritto; - a decorrere dall’anno 2016 nella misura del 50% di quanto stabilito per le mensilità del biennio 2012-2013, come sopra descritto. Sono previste apposite clausole di salvaguardia per le pensioni di importo compreso tra il limite superiore di ogni singolo insieme sopra enucleato e lo stesso importo rivalutato secondo quanto stabilito dalla normativa medesima. Per il periodo 2014-2018 (legge n. 147/2013, come prorogata per gli anni 2017 e 2018 dalla legge n. 208/2015) l’indicizzazione è riconosciuta in relazione all’importo complessivo del trattamento pensionistico nei seguenti termini: - nella misura del 95% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi; - nella misura del 75% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi; - nella misura del 50% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi; - nella misura del 40% per l’anno 2014 e al 45% per ciascuno degli anni 2015/2018 per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi e, solo per l’anno 2014, non è riconosciuta per le fasce di importo superiori a sei volte il trattamento minimo. Il meccanismo attuale Per il periodo 2019-2021 (legge n. 145/2018) l’indicizzazione è riconosciuta in relazione all’importo complessivo del trattamento pensionistico nei seguenti termini: - nella misura del 97% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi; - nella misura del 77% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi; - nella misura del 52% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi; - nella misura del 47% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi e pari o inferiori a otto volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi; - nella misura del 45% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a otto volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi e pari o inferiori a nove volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi; - nella misura del 40% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a nove volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi. Sono previste apposite clausole di salvaguardia per le pensioni di importo compreso tra il limite superiore di ogni singolo insieme sopra enucleato e lo stesso importo rivalutato secondo quanto stabilito dalla normativa medesima, il trattamento minimo INPS e lo stesso importo rivalutato. Anche nel periodo 2012-2021 per le pensioni di importo complessivamente pari o inferiore a 3 volte il trattamento minimo è garantita l’indicizzazione al 100% sul complessivo importo del trattamento pensionistico. La legge n. 208/2015 ha esplicitato che - in caso di variazione negativa dell’indice generale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati al netto dei tabacchi - venga applicata comunque una variazione nulla.