Il tema delle pensioni di reversibilità è tornato fortemente oggetto del dibattito dopo la pubblicazione della circolare INPS n. 147 dell’11 dicembre 2019 che, in applicazione di quanto previsto dalla riforma Dini, ricorda che la pensione ai superstiti a partire dal 1.9.1995 viene ridotta se il titolare possiede altri redditi. L’Ente previdenziale obbligatorio ha allora ufficializzato le soglie di cumulabilità tra pensione e altri redditi. La circostanza è stata da qualche osservatore interpretata come la espressione o la anticipazione di una qualche volontà da parte del Governo, che al momento non sembra però trovare riscontri, di intervenire sulla reversibilità. L’unico elemento concreto, da intendersi come una mera raccomandazione, sul tema può essere ritrovato in una pubblicazione dello scorso anno dell’OCSE in cui si sottolineava come le pensioni di reversibilità nel nostro Paese sono necessarie, ma devono essere “modernizzate” alla luce dei cambiamenti sociali e demografici e per evitare che siano un disincentivo al lavoro. Più nello specifico si suggerivano alcuni paletti per le prestazioni al coniuge superstite (la proposta principale era quella di non erogare la pensione di reversibilità finché il beneficiario non abbia raggiunto l'età di pensionamento, fornendo a chi è in età più giovane un aiuto temporaneo di adattamento, che tenga conto di fattori quali la presenza di figli) e sul loro finanziamento, ma si consigliava anche di allargare la platea dei possibili beneficiari alle unioni civili. In attesa di verificare se il tema verrà inserito tra quelli oggetto di confronto tra Governo e sindacati nell’ambito dello specifico tavolo di confronto che dovrebbe partire a gennaio, può essere utile riassumere brevemente come si atteggia il nostro sistema previdenziale nei confronti dell’evento luttuoso. Previdenza obbligatoria Trattamenti pensionistici Partendo dalla previdenza obbligatoria si prevede che ai familiari sia attribuita una “pensione ai superstiti” che si declina in: - pensione di reversibilità, se il defunto percepiva già la pensione di vecchiaia o anticipata, la pensione di invalidità o di inabilità; - pensione indiretta, se invece non aveva ancora maturato il diritto alla pensione, ma aveva versato almeno 15 anni di contributi in tutta la vita assicurativa oppure, in alternativa, almeno 5, di cui 3 nei cinque anni precedenti al decesso. Beneficiari I destinatari del trattamento sono i familiari più prossimi, a cominciare dal coniuge. Il diritto alla pensione per la moglie o il marito superstite è automatico. In caso di separazione, la pensione spetta anche al coniuge separato. Se però è stato stabilito che la separazione è da addebitare al superstite (cioè se ne era stata lui o lei la causa), allora ha diritto alla pensione solo nel caso in cui risulti titolare di un assegno di mantenimento stabilito dal Tribunale. Anche il coniuge divorziato ha diritto alla pensione se il defunto non si era risposato. Deve però essere titolare di un assegno di divorzio e non deve essersi a sua volta risposato. La pensione ai superstiti riguarda anche i figli, siano essi legittimi, legittimati, adottivi, affiliati, naturali, legalmente riconosciuti, giudizialmente dichiarati o nati da precedente matrimonio dell’altro coniuge. Perché abbiano diritto al trattamento deve però verificarsi una serie di condizioni. Più nello specifico devono essere minori di 18 anni; studenti di scuola media superiore di età compresa tra 18 e 21 anni, a carico del genitore, senza lavoro; studenti universitari per la durata del corso legale di studi e comunque non oltre i 26 anni di età, a carico del genitore, senza lavoro; inabili di qualunque età, a carico del genitore. Quando mancano o non hanno diritto il coniuge e i figli, la pensione dei superstiti può essere riconosciuta ai genitori del lavoratore deceduto, purché abbiano almeno 65 anni, non siano titolari di pensione diretta oppure indiretta e risultino a carico del figlio alla data del decesso. Se nemmeno i genitori ci sono oppure non ne hanno diritto, possono intervenire i fratelli e le sorelle, purché non sposati, inabili al lavoro, anche se minorenni, non titolari di pensione e a carico del lavoratore deceduto. Last but not least una sentenza della Corte costituzionale riconosce il diritto alla pensione di reversibilità anche al nipote a carico del nonno pensionato. Questo si applica ai nipoti che, anche se non sono stati formalmente affidati ai nonni da un giudice, non sono economicamente autosufficienti e si mantengono solo grazie alla pensione del nonno. Misura dell’assegno Andando al quantum, il calcolo della pensione di reversiblità si effettua sula base della quota spettante al coniuge, figli, nipoti, genitori e fratelli diverse a seconda del grado di parentela. Partendo da coniuge e figli in caso di coniuge senza figli spetta il 60%, in caso di coniuge con un figlio l’80%, in caso di coniuge con 2 o più figli il 100%. Se vi siano figli senza coniuge, 1 figlio ha diritto al 70% 2 figli l’80%, 3 o più figli il 100%. Previdenza complementare Cosa accade poi in caso di decesso dell’aderente nel sistema di previdenza complementare? La fattispecie disciplinata dall’art. 14, comma 3 del decreto legislativo n. 252 del 2005 che dispone che l'intera posizione individuale maturata è riscattata dagli eredi ovvero dai diversi beneficiari dallo stesso designati, siano essi persone fisiche o giuridiche. In mancanza di tali soggetti, la posizione resta acquisita al fondo pensione nelle forme pensionistiche complementari di tipo collettivo mentre nelle forme pensionistiche complementari individuali viene devoluta a finalità sociali secondo le modalità stabilite con apposito decreto ministeriale. Il diritto di riscatto della posizione individuale da parte degli eredi o dei diversi beneficiari designati è da intendersi soggetto, trattandosi di prestazione da erogarsi in unica soluzione, alla prescrizione ordinaria decennale di cui all’art. 2946 c.c. La predetta prescrizione decorre, ai sensi dell’art. 2935 del c.c., dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, ossia dalla data di decesso dell’iscritto. Ai fini dell’individuazione dei soggetti che, in qualità di eredi, possono presentare istanza di riscatto, sottolinea la COVIP negli Orientamenti del 15 luglio 2018, deve farsi riferimento alla disciplina del Codice civile in materia, tenendo presenti i vari tipi di successione (legittima e testamentaria) e le varie categorie di successibili. Regime fiscale Per quel che riguarda i profili fiscali si applica una ritenuta a titolo d’imposta con l’aliquota del 15 per cento, ridotta di una quota pari a 0,30 punti percentuali per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali. La base imponibile è calcolata con gli stessi criteri previsti per le prestazioni pensionistiche erogate in forma di capitale, vale a dire è pari all’importo erogato al netto dei redditi già assoggettati ad imposta nonché dei contributi non dedotti (ad esso proporzionalmente riferibili). Va ancora sottolineato come il diritto alla posizione previdenziale da parte dei soggetti legittimati, così come rimarcato dagli Orientamenti della COVIP del 15 luglio 2018, è da intendersi acquisito da successione a titolo proprio (c.d. “iure proprio”) conformemente a quanto ritenuto dalla giurisprudenza con riguardo alla disciplina prevista dall’articolo 2122 c.c. relativamente alle indennità in caso di morte del lavoratore (TFR e altre indennità equipollenti) ed è esclusa l’applicazione dell’imposta di successione alle prestazioni percepite dagli eredi sulla base di quanto disposto dalla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 70/E del 18 dicembre 2007. Nel caso in cui il decesso dovesse invece avvenire dopo il pensionamento va sottolineato come a migliore tutela dell’aderente gli schemi per l’erogazione delle rendite possono prevedere la restituzione dei beneficiari indicati del montante residuo (rendita con contro assicurazione) o, in alternativa, l’erogazione ai medesimi di una rendita calcolata in base al montante residuale (rendita reversibile). In tal caso è autorizzata la stipula di contratti assicurativi collaterali contro i rischi di morte o di sopravvivenza oltre la vita media. Per quel che riguarda gli aspetti tributari le prestazioni pensionistiche complementari, erogate in forma di rendita, sono imponibili per il loro ammontare complessivo al netto della parte corrispondente ai redditi già assoggettati ad imposta e, dei redditi di capitale derivanti dai rendimenti dell’ammontare della posizione individuale maturata, che dà origine alle prestazioni pensionistiche in corso di erogazione (di cui alla lettera g-quinquies del comma 1 dell'articolo 44 del TUIR), se determinabili. Così come previsto per le prestazioni erogate in forma di capitale, anche su quelle in forma di rendita è operata da parte di chi la eroga una ritenuta a titolo d’imposta, sulla parte imponibile, con l’aliquota del 15 per cento. Tale aliquota è ridotta dello 0,30 per cento per ogni anno eccedente il quindicesimo anno di partecipazione a forme pensionistiche complementari, con un limite massimo di riduzione di 6 punti percentuali.