Il Consiglio dell’Unione europea, lo scorso 8 novembre, ha accolto, a grande maggioranza, l’invito avanzato dal gruppo “Codice di condotta”, che opera collateralmente in parallelo all’Ecofin, volto ad escludere il Belize dalla lista dell'UE delle giurisdizioni fiscali non cooperative, o “black list” e, al contempo, a porre al di fuori della cosiddetta “gray-list”, o lista grigia, la Macedonia. E’ la prima volta, da anni, che in sede Ecofin non si registrava un consenso così unanime in materia e su temi relativi all’offshore, ai paradisi fiscali e al numero elevato e variegato di giurisdizioni a bassa tassazione e scarsamente cooperative oggi ancora presenti sullo scenario internazionale. In sostanza, come puntualizzato dagli esperti del gruppo “Codice di condotta”, il Belize ha varato, e secondo gli impegni presi, le riforme necessarie a migliorare il proprio regime fiscale applicabile alle società commerciali internazionali, che doveva essere attuato entro la fine del 2018: quindi, in ritardo di 12 mesi, il Paese ha mantenuto fede agli impegni, almeno sotto un profilo formale-legislativo. Il Belize sarà quindi spostato dalla “black list” dei Paesi non-cooperativi ed inserito nella “gray-list”, dove prendono posto le giurisdizioni ancora in attesa dell'attuazione pratica diretta, successiva al varo, degli strumenti atti a modificare o sopprimere gli elementi dannosi del regime di esenzione da tassazione dei redditi di fonte estera entro la fine del 2019. Nel medesimo contesto, e nella stessa riunione, il Consiglio ha inoltre rilevato che la Repubblica di Macedonia del Nord rispetta tutti i suoi impegni in materia di cooperazione fiscale a seguito della ratifica della convenzione multilaterale dell'OCSE concernente la reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale. Il Paese è stato, quindi, rimosso dalla “gray-list” e a tutt’oggi è considerato tra i Paesi a tutti gli effetti cooperativi. Le liste dell’UE Le liste elaborate e pubblicate periodicamente dall’Unione europea contribuiscono, almeno dovrebbero, agli sforzi in atto per prevenire l'elusione fiscale e promuovere i principi di buona governance, ad esempio la trasparenza fiscale, l'equa imposizione o le norme internazionali contro l'erosione fiscale e il trasferimento degli utili. In realtà, il meccanismo nel corso degli anni si è normativamente atrofizzato, soprattutto per l’impatto schiacciante che interessi politici, geopolitici e geoeconomici hanno finito per riverberare sulla sua obiettività iniziale, sminuendone l’effettiva capacità di tracciare un confine netto tra il fiscalmente corretto e ciò che non può essere accettato dall’UE da parte dei Paesi partner. Il risultato è una mancanza di coerenza dettato dall’esclusione di determinati Paesi e dall’inclusione di giurisdizioni spesso dettata dalla mancanza di un leverage politico-diplomatico di rilievo. Le liste, istituite nel dicembre 2017 e rivedute nel marzo 2019, contengono due elenchi, quello dei Paesi non-cooperativi e quello delle giurisdizioni che hanno assunto impegni sufficienti per riformare le proprie politiche fiscali e le cui riforme sono monitorate dal gruppo "Codice di condotta" del Consiglio europeo in materia di tassazione delle imprese. Ad oggi, sono otto le giurisdizioni che continuano a figurare nella lista di quelle non cooperative: Samoa americane, Figi, Guam, Oman, Samoa, Trinidad e Tobago, Isole Vergini degli Stati Uniti e Vanuatu. Naturalmente, i lavori sulla lista UE delle giurisdizioni non cooperative sono un processo dinamico. Ciò implica che il Consiglio continuerà a rivedere e ad aggiornare periodicamente la lista nel 2019 e nel frattempo ha chiesto che, a partire dal 2020, il processo sia più stabile, con due soli aggiornamenti all'anno. Lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali Iniziamo con le isole Samoa americane che non applicano alcuno scambio automatico di informazioni finanziarie, non hanno firmato né ratificato, nemmeno attraverso la giurisdizione da cui dipendono, la convenzione multilaterale modificata dell'OCSE concernente la reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale, non si sono impegnate ad applicare gli standard minimi in materia di BEPS, né ad affrontare queste problematiche. Un caso unico. Di seguito, le Figi che non hanno ancora modificato o abolito le proprie misure fiscali preferenziali dannose. L’impegno era di adeguarsi ai criteri espressi entro la fine del 2019, ragion per cui continueranno a essere sottoposte a monitoraggio. Diversa la posizione di Guam, una giurisdizione che non applica alcuno scambio automatico di informazioni finanziarie, non ha firmato né ratificato, nemmeno attraverso la giurisdizione da cui dipende, la convenzione multilaterale modificata dell'OCSE concernente la reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale, non si è impegnata ad applicare gli standard minimi in materia di BEPS, né ad affrontare queste problematiche. Lo stesso vale per l’Oman, che non applica alcuno scambio automatico di informazioni finanziarie, non ha firmato né ratificato la convenzione multilaterale modificata dell'OCSE concernente la reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale e non ha ancora risolto queste problematiche. E ancora, Samoa, che pur disponendo di misure fiscali preferenziali dannose, non si è impegnata ad affrontare questa problematica. A seguire, Trinidad e Tobago, valutata "non conforme" dal forum globale sulla trasparenza e lo scambio di informazioni a fini fiscali per quanto riguarda lo scambio di informazioni su richiesta. Anche in questo caso, l'impegno di Trinidad e Tobago ad adeguarsi ai criteri entro la fine del 2019 sarà sottoposto a monitoraggio. Quindi, il caso forse più citato, quello delle Isole Vergini degli Stati Uniti che non applicano alcuno scambio automatico di informazioni finanziarie, eccetto con gli Usa, non hanno firmato né ratificato, nemmeno attraverso la giurisdizione da cui dipendono, la convenzione multilaterale modificata dell'OCSE concernente la reciproca assistenza amministrativa in materia fiscale, dispongono di misure fiscali preferenziali dannose, non si sono impegnate ad applicare gli standard minimi in materia di BEPS, né ad affrontare queste problematiche. Infine, Vanuatu, listata soprattutto per l’adozione da tempo di una norma specifica che di fatto favorisce le strutture, le entità e i meccanismi offshore che attraggono utili che non rispecchiano affatto un'attività economica effettiva.