La ripartizione dell’onere della prova per la dimostrazione dell’inesistenza oggettiva delle operazioni per l’Amministrazione finanziaria consiste semplicemente nella dimostrazione che la società sia una cartiera; per la contribuente, invece, è necessario fornire elementi tangibili e ulteriori rispetto all’esibizione di fatture, documentazione contabile e documenti di trasporto. A chiarirlo è la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 23240 del 23 ottobre 2020. IL FATTO L’Agenzia delle Entrate notificava a una contribuente degli avvisi di accertamento, per recuperare a tassazione maggiori imposte. L’Ufficio, infatti, riteneva oggettivamente inesistenti alcune operazioni, ossia dei canoni di leasing oggetto di detrazione, nonostante l’esibizione da parte della contribuente delle fatture, DDT, copie di assegni bancari e fotografie dei macchinari. I provvedimenti venivano impugnati innanzi alla CTP che accoglieva il ricorso. La decisione, però, non era confermata in appello dalla CTR, che accogliendo l’appello proposto dall’Amministrazione finanziaria, riteneva la documentazione prodotta dall’appellata inidonea a provare la veridicità delle operazioni, in quanto si sarebbe trattato di prove create artificialmente. La difesa della contribuente decideva, quindi, di ricorrere in Cassazione per rappresentare, fra i vari motivi, la violazione da parte dei giudici di merito di secondo grado del principio del riparto dell’onere della prova che, nel caso in esame, spettava all’Ufficio. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dalla contribuente. I giudici di legittimità hanno, infatti, chiarito che in tema di IVA l’Amministrazione è tenuta solamente a dimostrare l’oggettiva inesistenza delle operazioni richiamando ad esempio le modalità operative della società controllata; mentre spetta al contribuente provare l’effettiva veridicità delle operazioni, rispetto alla quale la sola esibizione delle fatture, dei documenti contabili e dei mezzi di pagamento utilizzati non può essere ritenuta sufficiente. Nel caso di specie, l’Agenzia delle Entrate correttamente contestava la veridicità delle operazioni consistenti nel leasing di alcuni macchinari industriali, mediante l’attestazione della mancanza dei predetti nei locali industriali. Spettava, quindi, alla contribuente dimostrarne la sussistenza con prove tangibili ed ulteriori rispetto a quelle esibite, in quanto facilmente manipolabili. Da qui il rigetto del ricorso.