Le operazioni sotto soglia di crowdfounding non sono soggette agli obblighi di comunicazione all'ARF. Lo ha chiarito l'Agenzia delle Entrate con la risposta n. 85 del 2 aprile 2024. Preliminarmente, l'Amministrazione finanziaria inquadra l'attività di crowdfunding (regolamento europeo UE 2020/1503) come un'attività di intermediazione finanziaria che consente a chi ha un progetto o un'attività da avviare e che non dispone dei capitali necessari (ad esempio start-up e PMI o associazioni che operano nel no-profit), di raccogliere, tramite il portale web gestito dal promotore del crowdfunding, i finanziamenti necessari - non superiori al limite di 5 milioni di euro nell'arco di 12 mesi - offerti per lo più da investitori non professionali, disposti ad investire i propri capitali - in base ad esperienze e conoscenze personali - in progetti poco garantiti ma che promettono rendimenti superiori alla media del mercato. In altre parole, i prestatori di servizi di crowdfunding «[...] possono proporre a investitori individuali progetti di crowdfunding, che corrispondono a uno o più parametri o indicatori di rischio scelti dell'investitore [...]», ovvero servirsi a tale scopo di società veicolo (cfr. articolo 3, commi 4 e 6 del citato regolamento), rendendo dunque un'attività di intermediazione finanziaria (cfr. in tal senso l'articolo 100-ter del d.lgs. n. 58/1998). Il regolamento europeo UE 2020/1503 innanzi richiamato pone, inoltre, specifici obblighi a carico dei soggetti che intervengono nell'operazione di crowdfunding, al fine di salvaguardare gli investitori, ma non vieta agli Stati membri di introdurre obblighi comunicativi per ragioni amministrative o giudiziali. A tal riguardo, l'articolo 30 del regolamento ("Poteri delle autorità competenti"), dispone che «1. Per adempiere ai compiti loro assegnati dal presente regolamento, le autorità competenti dispongono almeno, sulla base del diritto nazionale, dei seguenti poteri di indagine: a) esigere che i fornitori di servizi di crowdfunding e i terzi designati a svolgere funzioni in relazione alla prestazione di servizi di crowdfunding, nonché le persone fisiche e giuridiche che li controllano o che sono da essi controllate, trasmettano informazioni e documenti». Ciò posto, giova ricordare che l'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605 prevede che «Le banche, la società Poste italiane Spa, gli intermediari finanziari, le imprese di investimento, gli organismi di investimento collettivo del risparmio, le società di gestione del risparmio, nonché ogni altro operatore finanziario, fatto salvo quanto disposto dal secondo comma dell'articolo 6 per i soggetti non residenti, sono tenuti a rilevare e a tenere in evidenza i dati identificativi, compreso il codice fiscale, di ogni soggetto che intrattenga con loro qualsiasi rapporto o effettui, per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, qualsiasi operazione di natura finanziaria ad esclusione di quelle effettuate tramite bollettino di conto corrente postale per un importo unitario inferiore a 1.500 euro € l'esistenza dei rapporti e l'esistenza di qualsiasi operazione di cui al precedente periodo, compiuta al di fuori di un rapporto continuativo, nonché la natura degli stessi sono comunicate all'anagrafe tributaria, ed archiviate in apposita sezione, con l'indicazione dei dati anagrafici dei titolari e dei soggetti che intrattengono con gli operatori finanziari qualsiasi rapporto o effettuano operazioni al di fuori di un rapporto continuativo per conto proprio ovvero per conto o a nome di terzi, compreso il codice fiscale». L'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, come modificato dalla legge di conversione 22 dicembre 2011, n. 214, inoltre, stabilisce che, «[...] dal 1° gennaio 2012, gli operatori finanziari sono obbligati a comunicare periodicamente all'anagrafe tributaria le movimentazioni che hanno interessato i rapporti di cui all'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, ed ogni informazione relativa ai predetti rapporti necessaria ai fini dei controlli fiscali, nonché l'importo delle operazioni finanziarie [...]». Per quanto concerne il significato da attribuire al termine "rapporto", la circolare n. 32/E del 19 ottobre 2006 ha chiarito che lo stesso si riferisce a «tutte le attività aventi carattere continuativo con ciò intendendo un riferimento temporale congruo esercitabili dagli intermediari finanziari, ovvero ai servizi offerti continuativamente al cliente, instaurando con quest'ultimo un 'complesso di scambio' all'interno di una forma contrattuale specifica e durevole nel tempo». L'obbligo di comunicazione, pertanto, riguarda tutti i rapporti intrattenuti e formalizzati contrattualmente con il cliente indicati nella "tabella dei rapporti", contenuta nell'Allegato 2 del provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate del 22 dicembre 2005 e nell'allegato 1 del successivo provvedimento del 19 gennaio 2007, nonché, come precisato dalla circolare n. 18/E del 4 aprile 2007, tutti i «rapporti che hanno come controparte un altro operatore finanziario [...] fatta eccezione per quelli che abbiano finalità di mero regolamento contabile (come, ad esempio, nel caso dei conti reciproci interbancari, compresi quelli in divisa). Si ritiene, invece, che siano da escludere dall'obbligo di comunicazione i rapporti aventi esclusivamente ad oggetto la prestazione di servizi di consulenza». Pertanto, nel presupposto che l'attività di crowdfounding che l'istante intende svolgere sia realizzata nel rispetto delle regole innanzi declinate e che, effettivamente, l'istante non eserciti alcuna forma di controllo, coordinamento o collegamento diretto o indiretto sul prestatore di servizi di pagamento (che genera i c.d. wallet, ove sono vincolate le somme versate dagli investitori prima di essere trasferite nel conti correnti dei Titolari del Progetto), né alcuna forma di gestione finanziaria degli investimenti, le operazioni sotto soglia di crowdfounding non sono soggette agli obblighi di comunicazione all'ARF.