Arrivano le regole tecniche per i commercialisti in materia di antiriciclaggio, con il documento approvato dal Consiglio Nazionale nella seduta del 16 gennaio scorso, su parere del Comitato di Sicurezza Finanziaria del 6 dicembre 2018. Leggi anche: Antiriciclaggio, arrivano le regole tecniche per i Commercialisti Il documento definisce le regole da applicare in esecuzione degli obblighi che attengono alla valutazione del rischio, all’adeguata verifica della clientela e alla conservazione dei documenti, dei dati e delle informazioni: in sostanza, gli adempimenti richiesti dagli articoli da 15 a 34 del D.Lgs. n. 231/2007, come modificato dal D.Lgs. n. 90 del 2017. Autovalutazione del rischio La prima regola, che attiene all’autovalutazione del rischio di riciclaggio connesso alla propria attività professionale poggia sulla “classica” matrice dell’individuazione del rischio quale prodotto tra la probabilità che l’evento possa verificarsi e le conseguenze che ne deriverebbero - rispettivamente posizionati sull’ordinata e sull’ascissa della relativa matrice. Rischio inerente Più precisamente, il “rischio inerente” è il frutto della considerazione dei fattori di rischio ravvisabili nella “tipologia di clientela”, nella “area geografica di operatività”, nei “canali distributivi” e nei “servizi offerti”. Vulnerabilità Quanto alla valutazione della “vulnerabilità” dello studio professionale, concorrono invece gli elementi della “formazione”, della “organizzazione degli adempimenti di adeguata verifica della clientela”, della “organizzazione degli adempimenti relativi alla conservazione dei documenti, dati e informazioni” e della “organizzazione in materia di segnalazione di operazioni sospette e comunicazione delle violazioni alle norme sull’uso del contante”. Rischio residuo Attribuiti ai diversi fattori i valori numerici variabili da 1 a 4, significativi di una rilevanza che varia rispettivamente da “non significativa” a “molto significativa”, il rischio residuo sarà determinato dalla matrice che prende in considerazione sia il rischio inerente che la vulnerabilità: tuttavia, quest’ultima con un coefficiente di ponderazione del 60% in ragione del fatto che tale componente viene ritenuto di maggiore rilievo nella determinazione del rischio residuo. Come gestire e mitigare il rischio residuo Il relativo risultato, variabile anch’esso da “non significativo” a “molto significativo” impone al commercialista, se del caso, l’adozione delle necessarie misure di gestione e/o di mitigazione del rischio residuo. Misure che sono influenzate dalle dimensioni della struttura, dal numero dei componenti dello studio - includendo professionisti, collaboratori e dipendenti - e il numero delle sedi in cui viene svolta l’attività e dalla formazione del personale che, secondo il documento del Consiglio Nazionale, deve avere carattere di programmazione e permanenza. Detta autovalutazione del rischio va effettuata con cadenza triennale, salva la facoltà di procedere al relativo aggiornamento tanto nel caso in cui si ritenga possibile l’insorgenza di nuovi rischi quanto nel caso in cui il professionista, discrezionalmente, lo ritenga opportuno: al quale consegue la conservazione della relativa documentazione per l’eventuale messa a disposizione delle previste Autorità - MEF, Autorità di vigilanza di settore, UIF per l’Italia, DIA, Guardia di Finanza - e degli organismi di autoregolamentazione.