La Corte Costituzionale ha bocciato il differimento dell'efficacia della notifica telematica effettuata dopo le 21,00, alle ore 7,00 del giorno seguente. Con la sentenza n. 75 del 9 aprile 2019, la Consulta ha infatti dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 16-septies del Dl 179/2012 ("Dl crescita", convertito nella legge 221/2012) «nella parte in cui prevede che la notifica eseguita con modalità telematiche la cui ricevuta di accettazione è generata dopo le ore 21 ed entro le ore 24 si perfeziona per il notificante alle ore 7 del giorno successivo, anziché al momento di generazione della predetta ricevuta». IL FATTO L'articolo venne inserito dal Dl 90/2014 (convertito nella legge 114/2014) che prevedeva una serie di novità proprio in materia di processo telematico. A rimettere la questione alla Consulta invece è stata la Corte di appello di Milano che nel giudicare una controversia tra una banca ed una società agricola si era trovata di fronte alla eccezione preliminare della inammissibilità del gravame perché notificato via PEC l'ultimo giorno utile con messaggio delle 21:04 (con ricevute di accettazione e di consegna generate, rispettivamente, alle ore 21:05:29 e alle ore 21:05:32), in fascia oraria quindi (successiva alle ore 21), ciò che implicava il perfezionamento della notificazione «alle ore 7 del giorno successivo» (data in cui l'impugnazione risultava, appunto, tardiva). Secondo la Corte rimettente la disposizione è irragionevole là dove considera «uguali e, quindi, meritevoli di essere disciplinate allo stesso modo» due situazioni diverse, quali il domicilio "fisico" e il domicilio "digitale"». E ciò, prosegue, nonostante che, «per le sue intrinseche caratteristiche, l'indirizzo email cui l'avvocato della parte appellata riceve la posta elettronica certificata non sia suscettibile degli stessi "utilizzi lesivi" del diritto costituzionalmente garantito all'inviolabilità del domicilio o all'interesse al riposo e alla tranquillità, [di] cui è invece suscettibile il domicilio "fisico" della parte». LA DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE Un ragionamento condiviso dalla Consulta secondo cui la tutela del diritto al riposo «giustifica la fictio iuris per cui il perfezionamento della notifica – effettuabile dal mittente fino alle ore 24 – è differito, per il destinatario, alle ore 7 del giorno successivo». «Ma non anche – prosegue - giustifica la corrispondente limitazione nel tempo degli effetti giuridici della notifica nei riguardi del mittente, al quale – senza che ciò sia funzionale alla tutela del diritto al riposo del destinatario e nonostante che il mezzo tecnologico lo consenta – viene invece impedito di utilizzare appieno il termine utile per approntare la propria difesa». Un termine che l'art. 155 c.p.c. computa «a giorni» e che, nel caso di impugnazione, scade, appunto, allo spirare della mezzanotte. Non solo, la norma si rivela «intrinsecamente irrazionale» là dove inibisce proprio l'operatività del sistema tecnologico telematico «che si caratterizza per la sua diversità dal sistema tradizionale che si basa comunque su un meccanismo legato "all'apertura degli uffici"». Del resto, prosegue la decisione, il Legislatore ha già tenuto conto delle differenze «nel confinante ambito della disciplina del deposito telematico degli atti processuali di parte», dove il deposito «è tempestivamente eseguito quando la ricevuta di avvenuta consegna è generata entro la fine del giorno di scadenza». L'articolo dunque poneva un «irragionevole vulnus» al pieno esercizio del diritto di difesa «segnatamente, nella fruizione completa dei termini per l'esercizio dell'azione in giudizio, anche nella sua essenziale declinazione di diritto ad impugnare, che è contenuto indefettibile di una tutela giurisdizionale effettiva –, venendo a recidere quell'affidamento che il notificante ripone nelle potenzialità tutte del sistema tecnologico, il dispiegamento delle quali, secondo l'intrinseco modus operandi del sistema medesimo, avrebbe invece consentito di tutelare, senza pregiudizio del destinatario della notificazione». Infine, conclude la sentenza, l'applicazione della regola generale di «scindibilità soggettiva degli effetti della notificazione anche alla notifica effettuata con modalità telematiche consente la reductio ad legitimitatem della norma censurata».