L'evasore fiscale che ha già saldato in parte il debito con l'Erario non ha diritto ad alcuno sconto di pena. Ciò neppure nel caso in cui sia stata alzata la soglia di punibilità, in questo caso 250 mila euro di Iva. È quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 13327 del 30 aprile 2020. IL FATTO Il legale rappresentante di una società veniva condannato per il reato di omesso versamento dell'IVA dovuta sulla base della dichiarazione per il periodo di imposta 2013, per l'ammontare pari a € 657.599,00. In particolare, l'imputato censurava la decisione della Corte d'Appello per non avere rideterminato la pena irrogata, tenuto conto che l'importo evaso era stato ridotto significativamente per effetto del pagamento rateale, per complessivi € 313.281,12, sicché il debito tributario residuo sarebbe ammontato a € 94.000,00, dedotta la somma di € 250.000,00 pari alla soglia di punibilità. La pena base di anni uno di reclusione sarebbe stata determinata in violazione dell'art. 133 cod. pen. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso. Ritiene il Collegio, che il giudice dell'impugnazione abbia offerto una motivazione che non appare né illogica né contraddittoria, laddove ha ritenuto che il debito tributario era elevato ed incideva sulla gravità del reato commesso ed ha ritenuto congrua la pena inflitta in primo grado che muoveva da un anno di reclusione, pena che era stata determinata in misura di poco inferiore alla mediana. In linea generale, la determinazione della pena tra il minimo ed il massimo edittale rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito ed è insindacabile nei casi in cui la pena sia applicata in misura media e, ancor più, se prossima al minimo, anche nel caso il cui il giudicante si sia limitato a richiamare criteri di adeguatezza, di equità e simili, nei quali sono impliciti gli elementi di cui all'art. 133 cod. pen. Quanto al profilo della motivazione in relazione allo scostamento dal minimo edittale, la Cassazione ha affermato che, nel caso in cui sia irrogata una pena nella misura media (nel caso in esame di poco inferiore a quella) l'obbligo di motivazione deve ritenersi assolto allorché risulti che il giudice abbia tenuto conto, intuitivamente e globalmente, di tutti gli elementi previsti dall'art. 133 cod. pen., principio che deve essere riaffermato nel caso in cui, come quello in esame, la misura della pena irrogata è stata esplicitamente applicata in misura di poco inferiore alla media edittale e il giudice abbia fatto riferimento alla gravità dell'omissione, e dunque alla gravità del reato anche alla luce del disvalore complessivo del fatto. Né può ritenersi che il giudice dell'impugnazione debba rivalutare in via automatica il trattamento sanzionatorio per effetto della nuova soglia di punibilità elevata a € 250.000,00 dal d.lgs n. 158 del 2015. È ben vero, come affermato da Sez. 3 n. 9936 del 19/01/2016, che il disvalore complessivo del fatto deve essere rivalutato, posto che la soglia svolge la propria funzione sul piano della selezione categoriale, incidendo quindi la sua elevazione, ai fini della rilevanza penale del fatto, sul complessivo ed oggettivo disvalore penale del fatto medesimo, donde ciò giustifica la necessità di una rivalutazione della congruità complessiva del trattamento sanzionatorio alla luce del predetto ius superveniens. Ma dalla necessità di una rivalutazione del trattamento sanzionatorio non discende in via automatica la rideterminazione in melius dello stesso, tanto più come nel caso in esame nel quale il debito era di rilevante importo in presenza di una motivazione che non appare né manifestamente illogica né contraddittoria, dovendo il sindacato della Corte di Cassazione essere compiuto con riguardo al profilo della congruità del trattamento sanzionatorio. Non può essere condiviso l'assunto difensivo secondo cui l'elevazione della soglia di punibilità, che incide sul disvalore del fatto e sulla sua gravità, comporterebbe sempre la rivalutazione del trattamento sanzionatorio, dovendo pur sempre misurarsi la censura con la congruità della motivazione, nel caso concreto, alla luce della entità dell'omissione, ben superiore alla soglia di punibilità anche tenuto conto della nuova soglia di punibilità e dei pagamenti rateali. Il debito tributario è rimasto nella sua integrità, ciò che è mutata è la rilevanza penale del fatto che il legislatore ha inteso ritagliare a solo le omissioni eccedenti € 250.000,00, e il giudice dell'impugnazione, a fronte della mutata rilevanza penale dell'omissione, ha confermato il trattamento sanzionatorio facendo riferimento alla congruità dello stesso, applicato nella misura media, tenuto conto del range edittale vigente all'epoca di commissione del fatto, e tenuto conto dell'importo non comunque minimo anche alla luce della nuova soglia di punibilità e dunque della gravità del fatto stesso. Ne consegue il rigetto del ricorso.