In caso di malattia professionale (mesotelioma pleurico) con esiti fatali, il datore di lavoro - Dalmine spa, colosso da un miliardo di euro (attivo nella produzione di tubi per l'industria) - deve risarcire agli eredi il «danno non patrimoniale» ("danno biologico terminale") per l'«invalidità temporanea» subita dal lavoratore per tutto il periodo in cui è durata la malattia. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 7850 del 20 marzo 2019, confermando il pagamento di oltre 280mila euro agli eredi. Sono due i profili su cui si concentra la decisione. Il primo chiarisce che, ai fini della liquidazione, anche in caso di morte non scatta, come invece richiesto (in via incidentale) dai figli, il «criterio della invalidità permanente». Sul punto infatti la Cassazione già nel 2015 (n. 5197), affrontando il caso di un indennizzo richiesto a seguito di un contratto di assicurazione, aveva chiarito che l'"invalidità permanente" «designa uno stato menomativo divenuto stabile ed irremissibile, consolidatosi all'esito di un periodo di malattia». Definizione da cui esula evidentemente l'evento morte. Tuttavia, e questo è il secondo punto, la Corte precisa che non vi è una soglia temporale che limiti il computo di tale danno "temporaneo" che può anche superare l'anno. Per il calcolo del risarcimento, prosegue la decisione, è «irrilevante il lasso di tempo intercorso tra la lesione personale e il decesso nel caso in cui la persona sia rimasta "manifestamente lucida", come appunto verificatosi nel caso di specie». Ed è interessante che sul punto la decisione richiami un proprio precedente del 2018 (n. 26727), in cui si era affermata l'irrilevanza del tempo nel caso opposto, quello cioè in cui siano trascorse soltanto poche ore tra il danno e il decesso (un ciclista che aveva subito un investimento). All'epoca i giudici affermarono che se esiste un pur minimo lasso di tempo nel quale il soggetto è rimasto in vita con la manifesta coscienza della propria morte imminente, deve essere risarcito il danno non patrimoniale. Oggi aggiungono che la liquidazione personalizzata del danno può essere parametrato per l'intera durata della malattia. Considerato il periodo del ricovero ospedaliero iniziato il 18 agosto 1992 e terminato, col decesso, il 10 settembre 1993, il danno non patrimoniale, conclude la sentenza, «ben può essere commisurato a questo intervallo cronologico, se nel tempo che si dispiega tra la lesione e il decesso la persona si trovi in una condizione di "lucidità agonica", in quanto in grado di percepire la sua situazione ed in particolare l'imminenza della morte».