Sanzione amministrativa fino a 57.600 euro per l’impiego di un lavoratore in nero. E’ questo l’effetto dell’incremento della cosiddetta “maxisanzione per lavoro nero” previsto dal decreto PNRR (D.L. n. 19/2024) recante “Ulteriori disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)”. Quadro giuridico di riferimento L’art. 22 del D.Lgs. n. 151/2015 ha integralmente riscritto la maxisanzione per lavoro nero (art. 3, co. 3, DL n. 12/2002, conv. L. n. 73/2002) con la previsione di una nuova struttura articolata per fasce di durata della prestazione irregolare. In particolare, per effetto degli incrementi del 20% introdotto dalla Legge n. 145/2018 (legge di Bilancio 2019), fino allo scorso 1° marzo 2024 la norma prevedeva che, in caso di accertato impiego di lavoratori subordinati senza la preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro (UniLav) da parte del datore di lavoro, andava applicata, per ciascun lavoratore, la seguente sanzione amministrativa pecuniaria: - fino a 30 gg. di lavoro nero da 1.800 euro a 10.800 euro; - da 31 a 60 gg. di lavoro nero da 3.600 euro a 21.600 euro; - oltre 60 gg. di lavoro nero da 7.200 euro a 43.200 euro. Al fine di contrastare ulteriormente il fenomeno del lavoro sommerso e degli infortuni che esso fatalmente può comportare, l’art. 29, comma 3, del D.L. n. 19/2024 ha previsto l’incremento di un ulteriore 10% della “maxisanzione”. Pertanto, dal 2 marzo 2024, la maxisanzione che viene contesta dal personale ispettivo ai datori di lavoro che impiegano dipendenti non regolarmente assunti è la seguente: - da 1.950 a 11.700 euro per ogni lavoratore, sino a 30 giorni di lavoro; - da 3.900 a 23.400 euro per ogni lavoratore, da 31 a 60 giorni di lavoro; - da 7.800 a 46.800 euro per ogni lavoratore, oltre 60 giorni di lavoro. I già menzionati importi, in virtù del maggiore disvalore sociale, verranno ulteriormente incrementati del 20% nell’ipotesi in cui il lavoratore impiegato risulti essere un extracomunitario non in regola col permesso di soggiorno ovvero un minore in età non lavorativa o un lavoratore appartenente a nuclei familiari che godono del reddito di cittadinanza (oggi reddito di inclusione). Inoltre, la maggiorazione complessiva del 30% verrà raddoppiata laddove, nei tre anni precedenti, il datore di lavoro sia stato destinatario di sanzioni amministrative per i medesimi illeciti. In tal caso, quindi, per i recidivi la maxisanzione applicata sarà la seguente: - da 2.400 a 14.400 euro per ogni lavoratore, sino a 30 giorni di lavoro; - da 4.800 a 28.800 euro per ogni lavoratore, da 31 a 60 giorni di lavoro; - da 9.600 a 57.600 euro per ogni lavoratore, oltre 60 giorni di lavoro. Al riguardo, l’INL ha già avuto modo di precisare che la recidiva opera soltanto in presenza di illeciti definitivamente accertati (es. ordinanza d’ingiunzione pagata ovvero non opposta, sentenza passata in giudicato) con esclusione, quindi, degli illeciti eventualmente estinti in via amministrativa (es. pagamento in misura ridotta ovvero a seguito di adempimento alla diffida). Da un punto di vista soggettivo, si fa presente che questa sanzione può essere applicata ai datori di lavoro privati (compresi gli enti pubblici economici) ma con esclusione dei datori di lavoro domestico. Essa non trova applicazione, invece, tutte le volte che, dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volontà del datore di lavoro di non occultare il rapporto di lavoro, anche laddove si tratti di una differente qualificazione dello stesso. Si precisa che, trattandosi di illecito omissivo istantaneo ad effetti permanenti, esso si consuma nel momento in cui cessa la condotta antigiuridica in seguito alla cessazione del rapporto o alla sua regolarizzazione. Questo comporta che se, ad esempio, il datore di lavoro impiegasse irregolarmente un lavoratore a cavallo tra il 1° marzo e il 2 marzo 2024 sarebbe soggetto ai nuovi importi sanzionatori. Diversamente, qualora la condotta illecita fosse cessata prima del 2 marzo 2024, si applicherebbe la previgente sanzione amministrativa (principio del tempus regit actum). Diffidabilità della sanzione Per questa sanzione è applicabile la procedura premiale della diffida obbligatoria (art. 13, D.Lgs. n. 124/2004) secondo la quale, in caso di regolarizzazione del lavoratore in nero, è previsto il pagamento della sanzione edittale nella misura minima. Se il lavoratore irregolare, nel corso dell’accertamento, fosse ancora in forza presso il datore di lavoro, il datore di lavoro dovrebbe adempiere alla diffida con le seguenti modalità: - la regolarizzazione deve avvenire con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato anche part-time ma con riduzione dell’orario di lavoro non superiore al 50% dell’orario a tempo pieno; - laddove ne ricorrano i presupposti e ferma restando la valutazione in ordine alla concreta possibilità di recuperare il debito formativo accumulato durante il periodo di lavoro in nero, è prevista la possibilità di regolarizzazione anche con contratto di apprendistato; - è possibile la regolarizzazione anche con contratto a tempo pieno e determinato, purché di durata non inferiore a tre mesi e comunque nel rispetto dei limiti e dei requisiti all’uopo previsti dal D.Lgs. n. 81/2015; - il rapporto di lavoro non potrà essere regolarizzato con contratto di lavoro intermittente; - la decorrenza del contratto di mantenimento al lavoro dovrà avere corso dal primo giorno di lavoro irregolare; - i lavoratori regolarizzati debbono rimanere in servizio per almeno tre mesi al “netto” dell’eventuale periodo di lavoro prestato in nero prima dell’accesso ispettivo. Poiché l’adempimento alla diffida costituisce elemento oggettivo di applicabilità della sanzione in misura minima, in assenza di un effettivo mantenimento del rapporto di lavoro per almeno tre mesi entro il centoventesimo giorno dalla notifica del verbale, a prescindere dalla causa dell’interruzione (licenziamento, dimissioni, ecc.), la diffida non potrà ritenersi adempiuta; - in caso di interruzione del rapporto di lavoro per cause non imputabili al datore di lavoro nel periodo compreso tra l’accesso ispettivo e la notifica del verbale unico è comunque possibile che l’adempimento alla diffida avvenga con un separato contratto stipulato successivamente allo stesso accesso ispettivo (fermo restando la regolarizzazione del periodo “in nero” pregresso). In ogni caso tale contratto dovrà aver consentito un effettivo periodo di lavoro di almeno tre mesi, entro il termine di centoventi giorni dalla notifica del verbale unico; - per consentire la verifica della durata minima del rapporto di lavoro, la prova dell’avvenuta regolarizzazione e del pagamento delle sanzioni, dei contributi e dei premi previsti va fornita entro il termine di centoventi giorni dalla notifica del relativo verbale (invece che negli usuali quarantacinque giorni previsti per la generalità delle sanzioni amministrative diffidabili). Qualora, invece, il lavoratore “in nero” non fosse più in forza nel momento dell’ispezione, l’adempimento alla diffida prevederebbe la regolarizzazione di tutto il periodo di lavoro in nero con conseguente pagamento delle retribuzioni maturate a favore del lavoratore e versamento di contributi e premi maturati. La diffida è preclusa, invece, nei casi in cui la sanzione debba essere aumentata del 20% per le condizioni soggettive del lavoratore (impiego di extracomunitari non in regola col permesso di soggiorno, di minori in età non lavorativa o di lavoratori appartenenti a nuclei familiari che godono del R.d.C/Re.I.). Cumulo con altre sanzioni Allo scopo di evitare il cumulo di sanzioni riconducibili alla medesima condotta, è previsto che, in caso di contestazione della maxisanzione, non trovino applicazione le ulteriori sanzioni relative: all’omessa comunicazione telematica preventiva di assunzione, all’omessa consegna della lettera di assunzione al lavoratore, alle omesse registrazioni dei dati sul libro unico del lavoro e all’omessa comunicazione di cessazione. La maxisanzione per lavoro nero può invece coesistere: - con la sanzione prevista per i pagamenti non effettuati con strumenti tracciabili (art. 1, commi 910-913, Legge n. 205/2017). Stante il tenore letterale della norma, l’illecito si configura solo laddove sia accertata l’effettiva erogazione della retribuzione in contanti; peraltro, atteso che nelle ipotesi di lavoro “nero” la periodicità della erogazione della retribuzione può non seguire l’ordinaria corresponsione mensile, in ipotesi di accertata corresponsione giornaliera della retribuzione si potrebbero configurare tanti illeciti per quante giornate di lavoro in “nero” sono state effettuate; - nel settore marittimo se venga accertato l’assenza della CO UniMare (da effettuare entro il 20° giorno del mese successivo alla data d’imbarco) ed anche la mancata registrazione sui documenti di bordo (art. 1178, R.D. 30 marzo 1942, n. 327). Impugnazione delle risultanze ispettive Avverso i verbali di accertamento del personale ispettivo dell’INL e verbali di accertamento degli enti previdenziali e assicurativi che abbiano ad oggetto la sussistenza o la qualificazione dei rapporti di lavoro (come nel caso della maxisanzione), il datore di lavoro può presentare ricorso al Comitato per i rapporti di lavoro istituito presso le Direzioni interregionali del lavoro (art. 17, D.Lgs. n. 124/2004). Il ricorso va presentato nel termine di 30 gg. dalla notifica del provvedimento impugnato e va inoltrato tramite la sede territoriale competente dell’Ispettorato. Si fa presente che l'adozione della diffida interrompe i termini per la presentazione del ricorso fino alla scadenza del termine per compiere gli adempimenti. Il ricorso è deciso, con provvedimento motivato, dal Comitato nel termine di 90 gg. dal ricevimento, sulla base della documentazione prodotta dal ricorrente e di quella in possesso dell’Ispettorato. Decorso inutilmente il termine previsto per la decisione, il ricorso s’intende respinto (quindi matura il c.d. silenzio-rigetto).