Con la risposta n. 84 del 29 marzo 2024, l'Agenzia delle Entrate ha fornito una valutazione antiabuso in merito ad una operazione di fusione e contestuale scissione totale asimmetrica con mantenimento dei medesimi patrimoni delle società ante fusione. IL QUESITO Orbene, il quesito antiabuso formulato è volto, in sostanza, a conoscere se possa costituire una fattispecie di abuso del diritto ai sensi dell'articolo 10-bis della legge n. 212 del 2000, ai fini del comparto delle imposte di dirette, la complessiva operazione descritta nell'istanza e costituita dall'attuazione: - di una fusione per incorporazione di due società in una terza società (tutte partecipate in ugual misura dai medesimi tre soci, appartenenti al medesimo nucleo familiare) e - di una contestuale scissione totale asimmetrica della società incorporante a favore di tre società beneficiarie neocostituite (ognuna detenuta totalmente da ciascuno dei tre soci originari). Nel suo complesso l'operazione appare dunque volta a far sì che ciascuna delle tre società risultanti dalla scissione (le tre beneficiarie appositamente costituite): (i) disponga del medesimo patrimonio immobiliare (in ordine, lotto n. 1, lotto n. 2 e lotto n. 3) che avevano, in origine, ognuna delle singole società partecipanti alla fusione (rispettivamente, BETA, GAMMA e ALFA) e (ii) risulti, al contempo, totalmente partecipata da uno dei soci originari (i sig.ri CAIO, SEMPRONIO e TIZIO). In altri termini, all'esito dell'operazione, ogni singola società risultante dalla scissione riproporrà il patrimonio immobiliare originariamente detenuto da ogni singola società partecipante alla fusione, e sarà partecipata in via totalitaria da uno dei tre soci originari e non più da tutti e tre i soci in quote paritarie (così, ad esempio, il sig. CAIO deterrà il 100% della partecipazioni nella società beneficiaria della scissione, CAIO s.r.l., la quale risulterà assegnataria del lotto n. 1 già di proprietà dell'incorporante BETA). LA RISPOSTA DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE Secondo il disposto del comma 1 dell'articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, e successive modifiche, recante la "Disciplina dell'abuso del diritto o elusione fiscale", affinché un'operazione o una serie di operazioni possa essere considerata abusiva, l'Amministrazione finanziaria deve identificare e provare il congiunto verificarsi di tre presupposti costitutivi: a) la realizzazione di un vantaggio fiscale "indebito", costituito da "benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell'ordinamento tributario"; b) l'assenza di "sostanza economica" dell'operazione o delle operazioni poste in essere, consistenti in "fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali"; c) l'essenzialità del conseguimento di un "vantaggio fiscale". Il mancato riscontro di uno dei tre presupposti costitutivi dell'abuso determina un giudizio di assenza di abusività. Attraverso il successivo comma 3, il legislatore ha chiarito espressamente che non possono comunque considerarsi abusive quelle operazioni che, pur presentando i tre elementi sopra indicati, siano giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali (anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell'impresa o dell'attività professionale). Ciò premesso, l'Agenzia rileva preliminarmente che la non proporzionalità di un'operazione di scissione - come quella rappresentata - non consente, in alcuni casi, a ciascun socio di ottenere una partecipazione avente il medesimo valore economico di quella precedentemente detenuta e gli eventuali "ristori", cioè somme di denaro o beni normalmente richiesti da chi subisce il pregiudizio dei propri interessi economici, costituiscono proventi per il percettore, da assoggettare a imposizione ordinaria. Ciò posto, l'Agenzia ritiene che la complessiva operazione in parola costituisca una fattispecie di abuso del diritto ai sensi dell'articolo 10-bis della legge n. 212/2000. Occorre ricordare che con due previsioni pressoché di eguale tenore, sia l'articolo 172, comma 1, del TUIR per le fusioni, che il successivo articolo 173, comma 1, per le scissioni, prevedono che dette operazioni straordinarie non costituiscono realizzo né distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse (o incorporate) ovvero della scissa, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento. In forza del menzionato principio di neutralità, sono fiscalmente irrilevanti - come previsto dal comma 2 degli articoli 172 e 173 del TUIR - l'eventuale avanzo o disavanzo, sia da annullamento che da concambio, emergenti nel bilancio della società incorporante o risultante dalla fusione, ovvero della società beneficiaria di un'operazione di scissione. Del pari, non sono imponibili gli eventuali maggiori valori iscritti in bilancio - per effetto dell'imputazione del disavanzo da concambio e da annullamento - dalla società incorporante, risultante dalla fusione o beneficiaria della scissione, in relazione agli elementi patrimoniali della società incorporata o fusa, ovvero a quelli della società scissa. La neutralità fiscale comporta, al contempo, l'effetto di continuità dei valori fiscalmente riconosciuti, in base al quale i beni delle società fuse o incorporate, ovvero della società scissa, assumono ai fini delle imposte sui redditi in capo alla società incorporante, risultante dalla fusione ovvero beneficiaria della scissione, l'ultimo valore fiscalmente riconosciuto che avevano presso la società originaria prima dell'operazione (cfr., la circolare n. 57/E del 2008). Tali previsioni trovano il loro fondamento nella natura riorganizzativa di dette operazioni e nella continuità dei rapporti giuridici tra i soggetti partecipanti alle operazioni di fusione e, mutatis mutandis, a quelle di scissione. Al pari, il comma 3 dell'articolo 172 e il comma 3 dell'articolo 173 del TUIR prevedono anche la neutralità fiscale per il concambio delle partecipazioni in capo ai singoli soci delle società partecipanti alle operazioni straordinarie in parola. Come rilevato nella citata circolare n. 57/E del 2008, infatti, "[i]l principio di neutralità fiscale vige anche in capo ai soci della società incorporata, fusa o scissa, fatta salva la presenza di eventuali conguagli in denaro che - ai sensi dell'articolo 2501-ter, comma 1 (per la fusione), ovvero dell'articolo 2506-bis, comma 1 (per la scissione), del codice civile - non possono, in ogni caso, essere superiori al dieci per cento del valore nominale delle azioni o delle quote assegnate ai soci. In altri termini, la sostituzione delle partecipazioni nella società incorporata, fusa o scissa con le partecipazioni nella società incorporante, risultante dalla fusione, ovvero della società beneficiaria della scissione, non genera materia imponibile, né costi fiscalmente deducibili in capo ai soci, in quanto le partecipazioni ricevute assumono il medesimo valore fiscalmente riconosciuto delle partecipazioni detenute nelle società di origine". Dunque, anche in capo ai soci, la sostituzione delle partecipazioni detenute con quelle ricevute, in tutto o in parte, a seguito dell'operazione straordinaria non determina alcuna fattispecie impositiva. Un simile effetto è da ascriversi (sempre) alla natura riorganizzativa dell'operazione straordinaria (sia essa una fusione o una scissione) che viene ad essere attuata coinvolgendo i soggetti societari mediante un riassetto delle loro strutture organizzative. Orbene, va rilevato che, in linea di massima, il porre in essere operazioni societarie volte ad approfittare di opportunità e di vantaggi (i.e., il principio di neutralità fiscale) messi a disposizione dall'ordinamento tributario non può configurare una fattispecie di abuso del diritto, laddove il loro conseguimento non sia contrario alla ratio delle norme tributarie che li prevedono o ai principi generali dell'ordinamento tributario. Al contrario, nel caso di specie, con la concatenazione di due opposte operazioni straordinarie (la fusione - aggregante - e la scissione - disaggregante), non si assisterebbe al perseguimento di alcun interesse proprio delle società coinvolte, ma esclusivamente di quelli dei soci. L'Agenzia ritiene, pertanto, che l'operazione rappresentata in istanza non verrebbe realizzata in conformità alla ratio sottesa agli articoli 172 e 173 del TUIR e che il vantaggio fiscale che ne consegue sia, pertanto, qualificabile come indebito in quanto conseguito in aggiramento del regime di tassazione delle plusvalenze da cessione delle partecipazioni di cui all'articolo 67 del TUIR. Inoltre, le operazioni descritte appaiono prive di sostanza economica in quanto il loro utilizzo non sembra conforme a normali logiche di mercato. Si assiste, infatti, all'attuazione di due distinti negozi giuridici, di segno opposto, combinati tra loro: - il primo (la fusione) destinato ad aggregare i patrimoni delle tre società coinvolte in un unicum; - il secondo (la scissione) demandato a disaggregare il patrimonio (prima aggregato) in tanti soggetti quanti erano presenti e secondo la medesima ripartizione esistente ante fusione, tanto da far sì che il secondo (la scissione) vada a ricostituire, di fatto, la situazione antecedente al primo (la fusione). Attraverso la combinazione di entrambi i negozi, emerge evidente che le operazioni straordinarie attuate (la fusione con contestuale scissione) verrebbero utilizzate in modo irragionevole rispetto ai fini riorganizzativi ordinariamente loro propri. Le stesse, invero, sarebbero destinate null'altro che ad ottenere una diversa ripartizione delle partecipazioni detenute dai soci nelle società coinvolte: scopo che ben potrebbe essere raggiunto attraverso altri strumenti negoziali più coerenti e diretti (come, ad esempio, la cessione di partecipazioni) rispetto all'assetto degli interessi che le parti (i.e., i soci) intendono realizzare. Si deve ritenere che sussista anche l'ultimo requisito richiesto dall'articolo 10-bis citato per la configurazione di una fattispecie di abuso, ossia l'essenzialità del vantaggio fiscale (indebito). Infatti, il complesso delle operazioni prospettate appare destinato unicamente a evitare l'imposizione fiscale delle eventuali plusvalenze derivanti dalla differenza (positiva) tra il valore di mercato delle partecipazioni oggetto di un eventuale trasferimento (fra i soci, soggetti non in regime d'impresa) e il loro costo fiscalmente riconosciuto. In particolare, le argomentazioni sostenute dalle Istanti non sono idonee a escludere la sussistenza di una fattispecie di abuso del diritto nei termini sopra descritti perché non forniscono, nell'ambito della ricostruzione della fattispecie qui in esame, alcun elemento volto a individuare (e a dimostrare) le ragioni economiche extrafiscali alla base delle singole e concrete operazioni prospettate e attraverso le quali si esplica e realizza l'obiettivo finale dell'intero disegno prospettato. Di fatto, le Istanti non evidenziano alcun elemento (diverso dal conseguimento di un mero risparmio d'imposta nei termini sopra detti) che supporti la scelta di effettuare le operazioni descritte in istanza, tenuto conto che le dichiarate difficoltà di funzionamento delle società potrebbero essere superate ricorrendo a più consoni e legittimi strumenti predisposti dal nostro ordinamento.