La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4984 del 25 febbraio 2020, affronta nuovamente il tema legato alla valenza probatoria dei dati contenuti nella lista Falciani, ai fini dell’emissione di un avviso di accertamento. In particolare, è stata attribuita piena legittimità ai provvedimenti emessi sulla base dei suddetti dati e, chiarito che l’onere probatorio finalizzato a smentire la provenienza, l’attribuzione e la quantificazione delle cifre contestate ricade sul contribuente. IL FATTO L’Agenzia delle Entrate notificava ad un contribuente un atto di contestazione ed irrogazione di sanzioni, in relazione al p.i. 2012, per l’omessa indicazione nel quadro RW della dichiarazione delle attività finanziarie detenute all’estero. Il provvedimento era fondato sulla mera presenza del contribuente sulla cosiddetta lista Falciani. Il provvedimento era immediatamente impugnato dalla difesa del contribuente innanzi alle Commissioni tributarie competenti. I giudici di primo grado ne rigettavano le doglianze, ma la decisione non era confermata in sede di appello. La Commissione tributaria regionale riteneva, infatti, del tutto fondata l’eccezione opposta ai sensi e per gli effetti dell’art. 14 del D.L. n. 350/2001, in virtù del quale le somme e le attività finanziarie detenute all’estero e rimpatriate non possono essere oggetto di accertamento tributario e contributivo per i periodi d'imposta per i quali non è ancora decorso il termine per l'azione. Inoltre, il contribuente rappresentava che l’onere di provare l’effettiva attribuzione delle disponibilità emerse in virtù della lista Falciani e, la verifica dell’assenza della dichiarazione di rientro, di fatto ricadeva sull’Amministrazione finanziaria. Avverso detta sentenza l’Ufficio proponeva ricorso in Cassazione, per sentire affermare la legittimità della pretesa fiscale, fondata sui rilievi desunti dalla lista Falciani. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate. In particolare, i giudici di legittimità ponendosi in continuità con un consolidato orientamento (ex multis Cass. 29632 e 29633 del 2019) hanno asserito che in tema di accertamento tributario, è legittima l’utilizzazione di qualsiasi elemento indiziario, fra cui le risultanze della lista Falciani. Pertanto, l’Amministrazione finanziaria può fondare la propria pretesa fiscale anche su un unico indizio, purché grave, preciso e concordante, ossia dotato di elevata valenza probabilistica, come nel caso della scheda dei clienti dell’istituto bancario coinvolto, che non può essere valutata al pari di un foglio anonimo; il relativo onere di provare l’effettiva natura delle somme oggetto dell’accertamento, la riferibilità e l’eventuale differenza onde godere dell’effetto preclusivo previsto dalla normativa in materia (art. 14 Dl 350/2001), ricade quindi sul contribuente. Nel caso di specie, l’Ufficio fondava l’atto solo ed esclusivamente sulla base della presenza del nome del contribuente sulla lista Falciani nonché sulla lista clienti di un istituto bancario elvetico, senza effettuare alcun genere di riscontro in termini di riferibilità delle somme contestate, nonché della presenza della dichiarazione di rientro. Da qui l’accoglimento del ricorso.