Rischia grosso il responsabile del reparto ospedaliero che non si rechi con sollecitudine a visitare un paziente già affidato alle sue cure, facendo conto sul fatto di essere in reperibilità "aggiuntiva" e non primaria. Sì rischia, infatti, il licenziamento disciplinare per violazioni degli obblighi indicati dal Codice di comportamento come spiega la Corte di Cassazione con l'ordinanza n. 18883 del 15 luglio 2019, che ha respinto il ricorso di un chirurgo. IL FATTO Il medico di fatto era stato assolto in sede penale, ma Corte d'appello e Cassazione hanno comunque confermato la violazione disciplinare e la proporzionalità della sanzione espulsiva. Non rileva, infatti, ai fini dell'individuazione della giusta causa di un licenziamento disciplinare l'andamento della medesima vicenda in sede penale. Inoltre, nel caso specifico il medico ricorrente si difendeva affermando di non aver commesso alcuna violazione del proprio contratto di lavoro e in particolare delle regole sulla reperibilità. Tra l'altro un caso di seconda reperibilità e non prima, cioè reperibilità aggiuntiva e non sostitutiva, a seconda che vi sia o meno un servizio di guardia. Il che vuol dire che il chirurgo, dopo aver guidato l'equipe operatoria, era uscito dall'ospedale e quando era stato allertato delle difficoltà post operatorie del paziente poteva aver confidato sulla presenza del medico di prima reperibilità e si era perciò recato in ospedale con significativo ritardo rispetto a un caso di pericolo per la vita di un malato. Valutazione – quella della presenza dell'altro medico – inadeguata a ottemperare a tutti i propri doveri di medico, in quanto l'imminente necessità di operare nuovamente veniva congelata temporalmente proprio a causa della sua propria assenza. Inadeguato sarebbe stato, infatti, il numero dei medici per costituire un'equipe chirurgica. Reperibilità e caso concreto Quindi se è vero che nella reperibilità è prevista una gradualità dell'obbligo di ottemperarvi è pur vero che il comportamento del medico viene valutato in un'ottica globale della situazione cui è chiamato a far fronte. E nel caso concreto il professionista che aveva operato nella prima seduta operatoria, e poi era stato allertato sull'andamento negativo delle condizioni di salute del paziente, non poteva attendere per recarsi in ospedale e poi ritardare il secondo intervento di urgenza. In quanto proprio per la sua preparazione - che in generale giustificava il suo ruolo apicale nel reparto - ma anche e soprattutto per la conoscenza diretta della vicenda non si poteva riconoscergli, in particolare, alcun errore scusabile sulla corretta percezione del rischio di vita, che l'urgenza comunicata comportava. Non vale quindi appigliarsi sul fatto che il giudice penale non abbia condannato il medico e neanche sulla circostanza di essersi trovato in un caso di reperibilità sussidiaria, che avrebbe fatto ritenere meno immediato il bisogno di recarsi in ospedale sapendo che altri medici vi erano a presidio. Il codice di comportamento La violazione del codice di comportamento della dirigenza medica previsto nello stesso contratto collettivo nazionale ben può essere alla base della massima sanzione disciplinare così come è ovvio che il datore di lavoro, prima, e il giudice, dopo, sono tenuti ognuno nel proprio ruolo a valutare l'effettiva gravità della condotta e la proporzionalità della massima sanzione espulsiva. Principi inviolabili alla base della legittimità del licenziamento disciplinare, che può ben fondarsi sulla violazione delle norme di comportamento recepite in sede Aran.