Corte Costituzionale - Ordinanza n. 260 del 6 dicembre 2019 La Corte costituzionale rinvia al giudice di merito la decisione sull’applicazione di sanzioni meno severe per le violazioni relative alle comunicazioni delle lettere d’intento nel regime in vigore fino al 2014. Con l’ordinanza n. 260 del 6 dicembre 2019 la Consulta ricostruisce le avvenute modifiche normative. L’ultima in ordine di tempo è quella prevista dal Dl 34/2019 che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2020. Toccherà quindi alla Ctr Toscana decidere se applicare o meno un regime sanzionatorio più favorevole. IL FATTO Ma facciamo un passo indietro. Il rinvio alla Consulta discende dall’ordinanza del 9 giugno 2014 con cui appunto la Ctr Toscana ha dubitato della costituzionalità in relazione alla disciplina sanzionatoria prevista, in passato, in capo ai fornitori che omettevano di comunicare all’agenzia delle Entrate le dichiarazioni di intento ricevute o le inviavano con dati incompleti o inesatti. In particolare, per tali violazioni l’articolo 7, comma 4-bis, del Dlgs 471/1998 disponeva l’applicazione della sanzione dal 100% al 200% dell’imposta relativa all’operazione. Il caso affrontato dalla Ctr Toscana riguarda un giudizio tributario promosso da un contribuente sanzionato per aver eseguito forniture senza addebito di Iva, in base all’articolo 8 del Dpr 633/1972, nei confronti di società esportatrici abituali, prima di aver trasmesso i dati relativi alle dichiarazioni di intento ricevute. La Ctr Toscana ha sollevato dubbi di costituzionalità del citato articolo 7, comma 4-bis, in relazione all’articolo 3 della Costituzione, rilevando un contrasto sotto il profilo della violazione del principio di ragionevolezza nella sua manifestazione in termini di proporzionalità. In particolare, i giudici toscani rilevano una sproporzione della sanzione che equiparerebbe il mero ritardo nella comunicazione delle lettere di intento a comportamenti del contribuente ben più gravi, quali quelli finalizzati ad evitare il pagamento dei tributi. LA DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE Come anticipato, la Corte Costituzionale ha ripercorso i significativi interventi legislativi subiti dalla disposizione censurata. Innanzitutto, l’articolo 20 del Dlgs 175/2014 in vigore dal 1° gennaio 2015 ha stabilito che destinatario dell’obbligo di comunicazione è direttamente l’esportatore abituale, mentre il fornitore è sanzionabile solo nell’ipotesi in cui effettui l’operazione in regime di non imponibilità prima di aver ricevuto da parte del cliente la dichiarazione d’intento e aver riscontrato telematicamente l’avvenuta presentazione all’agenzia delle entrate. In tal caso, in base all’articolo 15 del Dlgs 158/2015, al fornitore verrebbe irrogata una sanzione da 250 a 2mila euro. Infine, l’articolo 12-septies del Dl 34/2019, ha nuovamente determinato l’entità di tale sanzione dal 100% al 200% dell’imposta. Alla luce di questo mutato quadro normativo, la Consulta ha disposto la restituzione degli atti al giudice di merito «per un nuovo esame della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione sollevata». Di fatto la Ctr potrebbe decidere in via giudiziale di ridurre il carico sanzionatorio allineandolo alle norme intervenute a partire dal 2015. Anche se va considerato che non si può parlare di «favor rei» in questa situazione specifica, perché se è vero che è cambiato il quadro sanzionatorio è anche cambiato totalmente l’adempimento riponendo sul fornitore un mero ruolo di controllo sulle comunicazione effettuate dall’esportatore abituale.