Il diritto alla difesa del destinatario estero di un avviso di accertamento emesso dal fisco in lingua italiana è comunque garantito dalla possibilità di richiedere all'Autorità emittente la traduzione dell'atto senza che decorrano i termini per la sua impugnazione; facoltà che è da intendersi come rinunciata se il soggetto ricevente (estero) si oppone tempestivamente svolgendo le proprie difese. Questo uno dei principi emergenti dalla sentenza della Ctr Lombardia n. 964 del 28 febbraio 2019. Una questione preliminare quella risolta dai giudici regionali che, per peculiarità, si discute non di frequente nelle aule di giustizia tributaria. Il merito della vicenda concerneva la nota questione della responsabilità in solido al pagamento dell'imposta unica sulle scommesse fra il bookmaker estero e i CTD italiani (Centri Trasmissione Dati); i giudici regionali considerano la questione superata dal legislatore con la disposizione interpretativa di cui all'art. 1 comma 66 lettera b) L. 220/2010 con il quale è stato ribadito che l'imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio nonché che il generale concetto di “gestione” include anche l'attività svolta “per conto di terzi”, compresi i bookmakers con sede all'estero e privi di concessione; tale previsione trova ulteriore conforto nella sentenza della Corte Costituzionale (n. 27/2018) la quale ha affermato come non vi è “alcuna irragionevolezza nell'assoggettamento ad imposta del ricevitore operante per bookmaker sfornito di concessione, con conseguente parificazione dello stesso ricevitore al bookmaker concessionario”, scelta legislativa questa che “risponde ad un'esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale nel settore del gioco, allo scopo di evitare l'irragionevole esenzione per gli operatori posti al di fuori ori del sistema concessorio” . Quanto poi alla definizione di “gestore” il Collegio rammenta che la stessa si evince dall'art. 23 del DPR 581/1951 che lo individua nella “persona fisica o giuridica che provvede con propria organizzazione allo svolgimento delle operazioni del giuoco o del concorso»; anche su tale aspetto la stessa Consulta ha concluso che “l'equiparazione, ai fini tributari, del gestore per conto terzi (il titolare di ricevitoria) al “gestore per conto proprio” (il bookmaker) non risulta irragionevole. Sulla base di tali argomentazioni, pertanto, la Ctr confermava, nel merito, la liceità del recupero fiscale. Quanto poi alla questione preliminare, come accennato in premessa, i ricorrenti eccepivano un vizio di motivazione dell'atto impositivo notificato a soggetto estero ma in lingua italiana, eccezione sulla quale i primi giudici avevano omesso di pronunciarsi. In prima battuta il Collegio giudicante evidenzia come gli appellanti non avessero indicato quale norma sarebbe stata violata dal fisco e che prevederebbe l'obbligo da parte dell'Ufficio di provvedere alla traduzione dell'atto, pena la nullità dello stesso; né, parimenti, era stata indicata l'esistenza di una eventuale convenzione bilaterale tra lo Stato italiano e quello estero del destinatario in materia di notifica degli atti giudiziari. In secondo luogo, proseguono i giudici, sia le disposizioni normative italiane (quali ad esempio quelle relative alle notificazioni di atti agli appartenenti alle minoranze linguistiche), sia la normativa comunitaria (ad es. il Regolamento CE n. 1393/2007), sia numerosi accordi bilaterali tra paesi comunitari dispongono che nel caso di omessa traduzione dell'atto “il destinatario ha diritto ad un termine per la regolarizzazione, ovvero, in alternativa, il termine perentorio dalla ricezione dell'atto, a causa dell'irritualità di questo, non inizia a decorrere ... l'attività da lui espletata non può definirsi tardiva” (cfr. Cass. Civ., Sez. III, 28509/2018). Alla luce di tali considerazioni la Ctr lombarda conclude, rigettando le doglianze dei ricorrenti - appellanti, affermando il seguente principio di diritto: «In tale circostanza il diritto alla difesa del destinatario estero è garantito dalla possibilità di richiedere all'Autorità emittente la traduzione dell'atto, senza che decorrano i termini per la sua impugnazione»; facoltà della quale, nel caso de quo, i contribuenti esteri accertati non avevano ritenuto di avvalersi, in quanto avevano presentato tempestivamente il ricorso di primo grado e avevano svolto in esso le proprie difese.