L'articolo 7 della legge 890/1982 ha introdotto una presunzione di convivenza temporanea del familiare secondo la quale non è affetto da nullità l’atto notificato a un soggetto che, trovandosi anche solo temporaneamente nell’abitazione del destinatario al momento della notifica dell’atto, prenda in consegna lo stesso senza indicare sull’avviso di ricevimento della raccomandata la qualità di convivente del familiare, fatta salva la possibilità per l’interessato di provare l’assenza di qualsiasi convivenza. A tale conclusione è giunta la Corte di Cassazione nella ordinanza n. 15468 del 7 giugno 2019. Il comma 3, articolo 7 della legge 890/1982 prevede, tuttavia, che l’avviso di ricevimento deve essere sottoscritto dalla persona alla quale è consegnato il piego e, quando la consegna viene effettuata a persona differente dal destinatario, la firma deve essere seguita dalla specificazione della qualità rivestita dal consegnatario con l’aggiunta, se si tratta di un familiare, dell’indicazione di convivente, anche se temporaneo e, sempre ai sensi del menzionato comma 3, se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale deve dare notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione a mezzo lettera raccomandata. Il mancato invio di tale comunicazione non costituisce mera irregolarità ma un vizio dell’attività dell’agente postale che determina la nullità della notificazione. La notifica diretta a mezzo posta degli atti impositivi è una forma legale di comunicazione espressamente prevista da specifiche disposizioni di legge in forza delle quali l’ente abilitato alla notifica dell’atto senza l’intermediazione dell’agente notificatore, attraverso la spedizione per posta del plico raccomandato con avviso di ricevimento (Cassazione, ordinanza 3254/2016), provvede direttamente alla notificazione: in particolare, l’atto spedito per posta ordinaria potrà ritenersi validamente notificato solamente in presenza dell’avviso di ricevimento sottoscritto dal destinatario o da uno dei soggetti abilitati a riceverlo, contrariamente a quanto accade nella notifica a mezzo posta ex lege n. 890/1982, ove è prevista la presenza dell’agente notificatore. La disciplina delle notifiche a mezzo posta è dettata in funzione del perseguimento del risultato di portare a conoscenza del destinatario l’atto notificato, con la conseguenza che, eventuali vizi del procedimento notificatorio, risultano sanati in funzione del principio generale di conservazione, laddove la notifica, sebbene viziata, abbia comunque raggiunto il risultato della conoscenza dell’atto da parte del destinatario ex articolo 15, Codice di procedura civile (Cassazione ordinaria 22899/2017). È rilevante sottolineare che, quanto statuito dal Collegio di legittimità con l’ordinanza in commento, conferma il contenuto della sentenza della medesima Corte n. 9246/2015 con la quale i giudici non hanno ravvisato alcuna causa di nullità qualora nell’avviso di ricevimento dell’atto, debitamente consegnato nel domicilio del destinatario, non fosse indicata la qualità del soggetto ivi rinvenuto ricevente in consegna l’atto stesso o la sua relazione col destinatario del medesimo. L’ufficiale giudiziario o il postino, prima di consegnare la busta al familiare, non sono tenuti a fare indagini in merito al rapporto di effettiva e stabile convivenza di questo con il destinatario dell’atto. Spetta a quest’ultimo, in un momento successivo, se vuol contestare la veridicità di tale dichiarazione, dimostrare il contrario e, se tale prova viene raggiunta la notifica è nulla. La mancata indicazione del rapporto di convivenza, così inteso nella relata e/o nell’avviso di ricevimento, non è pertanto sufficiente per far dichiarare la nullità della notifica, che può essere proclamata solo se il notificando, assumendo di non aver ricevuto l’atto, dimostri che la presenza del familiare in casa era del tutto occasionale e momentanea.