Le dichiarazioni di terzi, raccolte dalla Guardia di Finanza e inserite nel Pvc posto a base dell’accertamento, costituiscono elementi indiziari potenzialmente idonei a supportare la contestazione di operazioni soggettivamente inesistenti. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 33582 del 18 dicembre 2019. IL FATTO Una Srl impugnava l'avviso di accertamento per Ires, Irap ed Iva per l'anno d'imposta 2008, emesso dall'Agenzia delle entrate per operazioni soggettivamente inesistenti nell'ambito di attività di commercio intracomunitario di carni bovine. L'impugnazione era accolta dalla CTP di Potenza; la sentenza è stata confermata dal giudice d'appello. L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione, censurando la decisione della CTR per avere ritenuto non valutabili le dichiarazioni rese da terzi e trascritte nel Pvc e inidonee a soddisfare l'onere probatorio incombente sull'Amministrazione finanziaria. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione accoglie il ricorso. Sul punto gli Ermellini ribadiscono che, per costante giurisprudenza della Suprema Corte, «il processo verbale di constatazione assume un valore probatorio diverso a seconda della natura dei fatti da esso attestati, potendosi distinguere al riguardo un triplice livello di attendibilità: a) il verbale è assistito da fede privilegiata, ai sensi dell'art. 2700 c.c., relativamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese; b) quanto alla veridicità sostanziale delle dichiarazioni a lui rese dalle parti o da terzi — e dunque anche del contenuto di documenti formati dalla stessa parte e/o da terzi — esso fa fede fino a prova contraria, che può essere fornita qualora la specifica indicazione delle fonti di conoscenza consenta al giudice ed alle parti l'eventuale controllo e valutazione del contenuto delle dichiarazioni; c) in mancanza della indicazione specifica dei soggetti le cui dichiarazioni vengono riportate nel verbale, esso costituisce comunque elemento di prova, che il giudice deve in ogni caso valutare, in concorso con gli altri elementi, potendo essere disatteso solo in caso di sua motivata intrinseca inattendibilità o di contrasto con altri elementi acquisiti nel giudizio, attesa la certezza, fino a querela di falso, che quei documenti sono comunque stati esaminati dall'agente verificatore» (Cass. n. 28060 del 24/11/2017; Cass. n. 24461 del 05/10/2018; da ultimo, con specifico riguardo alle dichiarazioni riportate nel pvc, Cass. n. 14606 del 29/05/2019). Quanto al valore probatorio delle dichiarazioni rese da terzi (sia prodotte dall'Amministrazione che dal contribuente), inoltre, è pacificamente riconosciuto il loro rilievo indiziario, che, dunque, non sono inutilizzabili od inammissibili ma concorrono, unitamente agli altri elementi, a formare il convincimento del giudice (ex multiis v. Cass. n. 11785 del 14/05/2010; Cass. n. 20032 del 30/09/2011; Cass. n. 9080 del 07/04/2017; Cass n. 29757 del 19/11/2018). Ciò detto la CTR, nel ritenere inutilizzabili e non suscettibili di alcuna valutazione le dichiarazioni riportate nel pvc, ne aveva obliterato completamente ogni efficacia, mentre esse avevano valore indiziario e, anzi, costituivano elementi di prova da valutare ed apprezzare, compiutamente e unitariamente, insieme agli ulteriori elementi in giudizio. Infine, la Suprema Corte osserva con specifico riferimento alle operazioni soggettivamente inesistenti che, mentre per le dichiarazioni di terzi contenute nelle autocertificazioni, impregiudicato ogni apprezzamento sulla loro rilevanza, è sufficiente rinviare ai principi su esposti, potendo esse assumere, al pari di quelle introdotte dall'Amministrazione, rilievo indiziario - occorre richiamare l'orientamento secondo cui l'Amministrazione ha l'onere di provare, anche solo in via indiziaria, l'oggettiva fittizietà del fornitore e la consapevolezza del destinatario (e, in particolare, che egli disponeva di indizi idonei a porre sull'avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente) che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta, mentre, a fronte di ciò, incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un'evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi. Ne consegue l'accoglimento del ricorso.