Un lavoratore che è intervenuto a favore di una persona vittima di una discriminazione fondata sul sesso deve essere sempre tutelato contro le misure di ritorsione adottate dal datore di lavoro anche se non è intervenuto in qualità di testimone nell’istruttoria del reclamo presentato dalla lavoratrice. E’ quanto dichiara la Corte di Giustizia UE nella sentenza del 20 giugno 2019 nella causa n. C-404/18. Gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per tutelare i lavoratori dal licenziamento o da qualsiasi altro trattamento sfavorevole che il datore di lavoro abbia messo in atto quale reazione a un reclamo all’interno dell’impresa o ad un’azione legale volta ad ottenere il rispetto del principio della parità di trattamento. IL FATTO Un’impiegata presso una società, in quanto store manager di uno dei negozi di abbigliamento gestiti da tale società, ha sottoposto a colloquio di assunzione una candidata per un posto di commessa addetta alle vendite con decorrenza dal 1° agosto 2015. Nel corso di tale colloquio, la candidata ha affermato di essere incinta di tre mesi motivo per cui la società ha deciso di non assumerla anche contro il consiglio dell’impiegata che riteneva tale comportamento vietato dalla legge. La candidata ha presentato reclamo e la società incolpava della situazione la store manager licenziandola a causa “dello svolgimento carente dei compiti affidati, dell’inosservanza delle norme di sicurezza, dell’insufficiente manutenzione del negozio e della mancanza di ordine”. Il Tribunale del lavoro di Anversa ha chiesto alla Corte di Giustizia UE di fornire chiarimenti sulla seguente questione pregiudiziale: «Se il diritto dell’Unione, e segnatamente l’articolo 24 della direttiva [2006/54], debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che offre tutela contro le ritorsioni nei confronti di persone che intervengono come testimoni solo alla persona che, nel contesto dell’esame di un reclamo, notifichi alla persona presso la quale il reclamo è presentato, in un documento sottoscritto e datato, i fatti da essa visti o sentiti relativi alla situazione in oggetto del reclamo, o che interviene in giudizio come testimone». LA DECISIONE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA UE La Corte di Giustizia UE rileva innanzi tutto che il legislatore dell’Unione, all’articolo 24 della direttiva 2006/54, impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie per tutelare i lavoratori, ivi compresi i rappresentanti di questi ultimi, dal licenziamento o da qualsiasi altro trattamento sfavorevole che il datore di lavoro abbia messo in atto quale reazione a un reclamo all’interno dell’impresa o ad un’azione legale volta ad ottenere il rispetto del principio della parità di trattamento. difenda una persona tutelata ai sensi della presente direttiva, o che testimoni in suo favore», anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro. Tale considerando conferma, pertanto, che la suddetta direttiva mira a circoscrivere la categoria di lavoratori, diversi dal soggetto discriminato, che deve poter beneficiare della tutela contro le ritorsioni, non sulla base di criteri formali, bensì sulla base del ruolo che tali lavoratori possono aver svolto a favore della persona protetta e che può aver indotto il datore di lavoro ad adottare misure sfavorevoli nei loro confronti. I lavoratori, diversi dalla persona che sia stata oggetto di una discriminazione fondata sul sesso, devono essere tutelati in quanto possano essere svantaggiati dal loro datore di lavoro a causa del sostegno da loro fornito, in modo formale o informale, alla persona che è stata oggetto di tale discriminazione. Da queste rilevazioni la Corte di Giustizia UE dichiara che è contraria alla normativa dell’Unione una normativa nazionale, in forza della quale, in una situazione in cui una persona che si ritiene vittima di una discriminazione fondata sul sesso ha presentato un reclamo, un lavoratore che l’abbia sostenuta in tale contesto, è tutelato contro le misure di ritorsione adottate dal datore di lavoro soltanto se è intervenuto in qualità di testimone nell’ambito dell’istruttoria di tale reclamo e se la sua testimonianza risponde ai requisiti formali previsti da detta normativa.