La causa di inammissibilità di un ricorso o di un appello relativa alla mancata attestazione della conformità dell’atto depositato in commissione tributaria rispetto a quello notificato alla parte, non sorge a seguito della loro effettiva difformità ma è sufficiente la mancanza di attestazione da parte del ricorrente. Essendo causa di inammissibilità, può essere accertata d’ufficio dal Giudice. A chiarirlo è la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 2887 del 7 febbraio 2020. IL FATTO L’Agenzia delle Entrate-Riscossione procedeva all’iscrizione al ruolo degli importi relativi all’Ilor ed i relativi accessori di legge per il p.i. 1991. La contribuente proponeva ricorso innanzi alla Ctp, che ne accoglieva le doglianze. Nel conseguente atto di appello dell’Agenzia, depositato nel fascicolo della Commissione regionale, l’ufficio non attestava la conformità con quello spedito al contribuente mediante spedizione con il servizio postale. In particolare l’attestazione non recava alcuna sottoscrizione ma un semplice timbro. La società non si costituiva in giudizio. LA CTR accoglieva l’appello. Avverso detta sentenza, la difesa del contribuente proponeva ricorso in Cassazione, per ottenere l’annullamento della pretesa fiscale. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla contribuente. I giudici di legittimità asseriscono che l’inammissibilità del ricorso o dell’appello, notificato mediante consegna o spedizione a mezzo del servizio postale, è legata all’omissione dell’apposizione della dichiarazione di conformità all’atto di costituzione rispetto a quello depositato nella segreteria della Commissione tributaria adita. Nello specifico, prosegue la Corte, l’art. 22 del D.Lgs. 546/1992, richiamato per il giudizio di appello nell’art. 53, prescrive che in caso di spedizione a mezzo di servizio postale la conformità dell’atto depositato a quello consegnato o spedito, deve essere attestata conformemente dallo stesso ricorrente. L’inammissibilità dell’atto, evidenziano i giudici della Corte, non deriva dall’effettiva difformità tra i due atti, come sostenuto in alcune sentenze della Suprema Corte, ma dalla mancata attestazione da parte del ricorrente della conformità tra quanto depositato e quanto notificato. La mancata costituzione in giudizio della parte resistente, di fatto, impedisce il concreto raffronto tra i due atti, ma non è ostativa alla dichiarazione di inammissibilità dell’atto depositato. La ragione, conclude la Corte, risiede proprio nel conseguente svilimento della funzione di tale asseverazione. Da qui, l’accoglimento del ricorso.