La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1652 del 24 gennaio 2020, ha confermato che la cartella di pagamento non impugnata non può acquisire efficacia di giudicato, che invece riguarda esclusivamente un titolo giudiziale. Ne consegue che la prescrizione dei crediti previdenziali a seguito della definitività della cartella è di cinque anni e non di dieci. IL FATTO Un contribuente riceveva nel 2003 una cartella esattoriale, contenente crediti INAIL, che non veniva impugnata diventando così definitiva. Successivamente si vedeva recapitare un’intimazione di pagamento a fine 2009, avverso la quale proponeva ricorso innanzi al giudice dell’esecuzione. La Corte d’Appello intervenuta dopo la decisione di primo grado qualificava l’azione originariamente intrapresa come opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., avendo il contribuente eccepito la prescrizione maturata successivamente alla formazione del titolo. I giudici in sintesi ritenevano corretta tale tesi, atteso che erano passati oltre sei anni tra la cartella e l’intimazione ricevuta. La sentenza era impugnata dall’Agente della riscossione secondo il quale, in buona sostanza, a seguito della cartella non opposta il termine di prescrizione applicabile era quello decennale. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Suprema Corte ha rigettato il ricorso di Agenzia Entrate Riscossione. I giudici hanno ribadito che la questione oggetto della vicenda era stata risolta dal 2016 con la pronuncia delle Sezioni Unite sul punto (Cassazione n. 23397/2016). La scadenza del termine per l’impugnazione della cartella comporta solo l’effetto della irretrattabilità del credito contributivo, senza però determinare anche la conversione del termine di prescrizione breve quinquennale in quello ordinario decennale. Tale termine (previsto dall’art. 2953 c.c.) si applica infatti esclusivamente ove vi sia un titolo giudiziale divenuto definitivo, mentre la cartella è solo un atto amministrativo e come tale non può acquisire efficacia di cosa giudicata. Nella specie, essendo trascorso un periodo superiore ai cinque anni tra la notifica dell’atto dell’Agente della riscossione e quello successivo interruttivo della prescrizione, la stessa era ormai maturata e pertanto non era più possibile avanzare la relativa pretesa nei confronti del contribuente. Da qui la conferma della decisione di appello.