L’istanza di tutela cautelare, richiesta dal contribuente per la sospensione degli effetti esecutivi dell’atto impositivo ovvero della sentenza impugnata, è reiterabile, con proposta di modifica/revoca del precedente provvedimento, in ogni grado del giudizio, anche in pendenza del ricorso per cassazione della sentenza, purché la parte istante dimostri il mutamento delle circostanze e nel rispetto dei requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, che il giudice è tenuto a valutare secondo la «teoria dei vasi comunicanti» (bilanciamento fra fumus e periculum). Tale tutela è da considerarsi estesa per espressa previsione di legge e reiterabile, anche nei gradi successivi al primo, in virtù del rinvio dinamico dell’articolo 61 del rito tributario il quale stabilisce che «nel procedimento d’appello si osservano, in quanto compatibili, le norme dettate per il procedimento di primo grado», conferendo all’articolo 47 valenza di disciplina generale in quanto compatibile. Questo uno dei principi di diritto che si ricavano dall’ordinanza n. 1634/1/2018 della Ctr Lombardia nel giudizio cautelare per la sospensione degli effetti esecutivi della sentenza di secondo grado gravata da ricorso per cassazione. Un’ordinanza che affronta il tema della tutela cautelare nel processo tributario, ormai estesa a tutti i gradi del giudizio dall’ultima modifica del Dlgs 156/2015, e, in particolare, la natura vincolante della fideiussione qualora la concessione della sospensione da parte del giudice sia subordinata alla prestazione di idonea garanzia. Il caso affrontato dai giudici regionali riguardava la richiesta, presentata da una Asd, di modifica di un’ordinanza con cui la stessa Commissione, in altra composizione, aveva concesso la sospensione degli effetti esecutivi della sentenza di seconde cure in pendenza di ricorso per Cassazione, ma subordinandola alla prestazione di idonea garanzia fideiussoria, motivo per il quale l’associazione chiedeva la revoca del provvedimento limitatamente all’obbligo di prestare tale garanzia. Preliminarmente il Collegio sottolinea l’ammissibilità dell’istanza, eccepita da controparte, per i motivi in premessa ed in particolare in quanto nel processo tributario l’articolo 47 del rito tributario, che prevede tale facoltà, è da considerarsi disciplina generale della tutela cautelare in virtù del rinvio dinamico dell’articolo 61 dello stesso rito il quale stabilisce che «nel procedimento d’appello si osservano, in quanto compatibili, le norme dettate per il procedimento di primo grado». Quanto al merito il Collegio considera ultroneo il riferimento e l’approfondimento della ragioni da parte dell’istante quanto al fumus boni iuris (circa la perdita della qualifica di ente non commerciale), in quanto, come da insegnamento della Suprema corte, si deve tener conto delle «inderogabili esigenze di un necessario bilanciamento degli interessi in gioco che nel caso della materia tributaria vedono contrapposti, da un lato l’interesse del contribuente a non subire un danno irreparabile conseguenza del pagamento di un tributo, che potrebbe alla fine essere giudicato come un dovuto, e, dall’altro, gli interessi dello Stato al regolare pagamento dei tributi e alle esigenze del bilancio, per cui l’irreparabilità del danno di cui all’articolo 373 del Codice di procedura civile (ora 62-bis ed anche articolo 52, del Dlgs 546/92) va intesa, quantomeno, nel senso di un’intollerabile scarto tra il pregiudizio derivante dall’esecuzione della sentenza nelle more del giudizio di cassazione e le concrete possibilità di risarcimento in caso di accoglimento del ricorso per cassazione». Alla luce di tali argomentazioni il Collegio considera quanto riportato dalla contribuente (riferito al fumus boni iuris) inconferente rispetto al periculum in mora per gli interessi di parte pubblica, miratamente tutelati dalla disposta garanzia, i cui costi, anticipati dal contribuente, sarebbero posti a carico della parte all’esito definitivo del giudizio (articolo 8, comma 4, dello Statuto, articolo 69, comma 3, del Dlgs 546/92); viene pertanto dalla Ctr rigettata la richiesta di modifica del precedente provvedimento di concessione della sospensione, subordinata alla prestazione di garanzia, facendo altresì presente che, relativamente alla concorrente sospensione amministrativa della riscossione, inquadrata nel potere di autotutela dell’ente impositore, l’associazione, sulla base delle medesime rappresentate argomentazioni di merito, potrebbe chiedere direttamente all’Ufficio la sospensione, in via amministrativa, della riscossione (ex articolo39, comma 1, del Dpr 602/1973). In conclusione giova ricordare che in senso conforme e su una richiesta cautelare ex articolo 62-bis si era già pronunciata la stessa Ctr Lombardia (ordinanza 1622/2018) statuendo che «in presenza di circostanze sopravvenute (nel caso di specie vi era la fissazione della vendita all’asta dei beni pignorati dall’ufficio) che integrano il periculum in mora l’istanza cautelare già in precedenza presentata e non accolta è certamente riproponibile». In senso contrario (Ctr Lombardia ordinanza n. 487/2016) ha affermato che «è inammissibile l’istanza cautelare riproposta a seguito delle mutate condizioni oggettive, poiché l’azione cautelare si consuma in modo irreversibile attraverso il suo stesso esercizio».