Il rating di affidabilità del contribuente è considerevolmente sensibile all’incremento di componenti positivi di reddito: ritoccare qua e là, ossia gli indici di affidabilità, con un importo di ricavi o compensi idoneo può contribuire ad innalzare il voto finale della pagella fiscale. Ma non è sempre così: lo conferma anche la circolare n. 20/E dell’Agenzia delle Entrate, diramata il 9 settembre 2019. Ulteriori componenti positivi La questione è puntualmente affrontata con la risposta ad un quesito, il numero 9.2 del documento, con il quale venivano richieste le ragioni per le quali, per taluni indicatori elementari, non comparissero nel software gli importi relativi ad ulteriori componenti positivi da indicare per migliorare il profilo di affidabilità, come nei casi degli indicatori “Durata e decumulo delle scorte” e “Incidenza dei costi residuali di gestione”. Con la risposta fornita viene chiarito, innanzitutto, che non tutti gli indicatori elementari risultano sensibili agli eventuali ulteriori componenti positivi che il contribuente vorrà indicare per migliorare il proprio profilo di affidabilità: la ragione risiederebbe, stando a quanto evidenzia l’estensore del documento, nella circostanza che taluni indicatori avrebbero la finalità di evidenziare al contribuente errori di compilazione o anomalie economiche allo scopo di favorirne la correzione. Il tutto si traduce nel fatto che, se non vengono corretti i dati considerati anomali sui quali si fonda l’indicatore medesimo, anche l’eventuale indicazione di ulteriori componenti positivi non sortisce l’effetto di migliorare il punteggio dello specifico indicatore e, conseguentemente, quello finale dell’ISA (che in quanto media dei punteggi dei singoli indicatori non subirà alcun effetto benefico dallo specifico incremento). Proprio per quanto riguarda gli indicatori “Durata e decumulo delle scorte” e “Incidenza dei costi residuali di gestione”, la problematica può essere rimossa soltanto intervenendo sui dati rilevati come anomali, per la detta “insensibilità” ad ipotetici incrementi di ricavi o compensi che potrebbero intervenire. Come individuare gli indicatori “insensibili” Tuttavia, per avere contezza di quali indicatori siano eventualmente “non sensibili” all’esborso volontario del contribuente, oltre alla nota assenza nel software di riferimento dello spazio previsto per l’indicazione di ulteriori componenti positivi, è necessario trovare la relativa conferma nelle “Note tecniche e metodologiche” redatte per ciascun ISA (di cui al monumentale supplemento alla Gazzetta Ufficiale del 4 gennaio 2019), le quali recano le indicazioni degli elementi sui quali si fondano gli indicatori stessi. Con riferimento all’indicatore “Durata e decumulo delle scorte”, che è un indicatore composito costituito dalla media semplice dei punteggi dei due indicatori elementari “Durata delle scorte” e “Decumulo delle scorte”, la circolare evidenzia che si tratta di un indice costruito con risultanze su base pluriennale. Infatti, se da un lato l’indicatore “Durata delle scorte” misura i giorni di durata media delle scorte in magazzino, dall’altro l’indicatore “Decumulo delle scorte” fornisce una misura dello smobilizzo delle giacenze di magazzino nel corso dell’anno, con la riduzione che viene però commisurata al livello medio degli acquisti (di prodotti e materiali) nei due anni precedenti. Il che significa che per migliorare la sua performance per il periodo d’imposta 2018, ossia impattare il punteggio del “Decumulo”, superiore al punteggio dell’indicatore “Durata delle scorte”, occorrerebbe intervenire “a monte” sul livello medio degli acquisti del biennio precedente in misura tale da incidere, successivamente, sul confronto (intervento, questo, che non potrebbe essere altro che un ravvedimento per le annualità pregresse). Probabilmente, in casi del genere, potrebbe essere meno dolorosa la scelta di “incassare” il voto finale così com’è, con la consapevolezza per il contribuente che un’eventuale insufficienza non necessariamente “deve” tradursi in un successivo controllo.