Con la sentenza n. 29180 del 12 novembre 2019, la Corte di Cassazione ha confermato il proprio orientamento, secondo il quale l’indennità per la perdita di avviamento non costituisce corrispettivo del contratto di locazione e rientra tra le somme dovute a titolo di risarcimento del danno penalità, ritardi o altre irregolarità nell’adempimento degli obblighi contrattuali di cui all’art. 15 D.P.R. n. 633/1972, le quali non concorrono a formare la base imponibile IVA. IL FATTO Una società cooperativa già locataria di un immobile ad uso non abitativo di durata novennale, proponeva ricorso avverso il rigetto dell’istanza di rimborso dell’IVA. Detta imposta era stata addebitata in fattura alla proprietaria dei locali, a titolo di rivalsa, all’atto del pagamento dell’indennità da perdita di avviamento per cessazione del contratto di locazione. La CTP accoglieva il ricorso ritenendo la natura risarcitoria dell’indennità. L’Ufficio proponeva appello che veniva accolto ritenendo che l’indennità non avesse la funzione di ristorare i danni derivati al conduttore dalla perdita del valore dell’avviamento commerciale per effetto della disdetta del contratto da parte del locatore, bensì mira a riconoscere al conduttore un corrispettivo per l’incremento arrecato al valore locatizio dell’immobile. Per tale motivo non avendo natura risarcitoria non può operare l’ipotesi di esenzione della base imponibile di cui all’art. 15 comma 1 DPR n. 633/1972 in quanto indennità avente natura corrispettiva costituente parte del corrispettivo della locazione in funzione dell’incremento arrecato al valore locativo dell’immobile restituito al proprietario e quindi assoggettabile ad IVA. Tale sentenza veniva impugnata dalla contribuente eccependo la validità dell’opposto principio secondo il quale la prestazione in oggetto abbia funzione indennitaria e non costituisca corrispettivo per la remunerazione di un servizio bensì un corrispettivo per la cessazione del contratto. LA DECISIONE DELLA CORTE DI CASSAZIONE La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della contribuente. Innanzitutto la Corte rammenta come l’ordinamento interno escluda dal computo della base imponibile IVA, le somme dovute a titolo di penalità per ritardi, come ad esempio, in materia locatizia, per l’indennità per ritardata riconsegna dell’immobile ex art. 1591 c.c. nonché per l’indennità di cui all’art. 34, co. 1 L. n. 392/1978. La Suprema Corte poi chiarisce che l’indennità costituisce il corrispettivo di un diritto di recesso non legato in quanto tale all’esecuzione della prestazione di facere di rilascio dell’immobile, bensì alla cessazione dell’utilizzo dei locali dell’immobile commerciale già condotto in locazione con conseguente cessazione in quei locali dell’attività commerciale artigianale o turistica. I giudici di legittimità hanno poi precisato che tale indennità ha una duplice funzione, da un lato di compensare il conduttore della perdita dell’avviamento conseguente all’indisponibilità dei locali, dall’altro di distribuire equitativamente alcune delle utilità rimaste in capo al locatore in termini di incremento del valore locativo a beneficio di chi ha contribuito a tale incremento di valore. Da escludere quindi l’esistenza di un nesso diretto tra il servizio contrattuale reso ovvero la messa a disposizione dei locali, e il controvalore ricevuto e cioè l’indennità. Nella specie La CTR aveva stravolto la natura della citata indennità affermandone la natura corrispettiva. Da qui l’accoglimento del ricorso.