L'indennità di trasferta spetta al lavoratore anche se la nuova sede assegnata sia più vicina all'abitazione rispetto alla precedente e non superi i venti chilometri. In alcuni casi non deve essere preso in considerazione il limite dei venti chilometri quale nuova distanza dall'abitazione. La Corte di Cassazione (ordinanza n. 30664 del 25 novembre 2019) ha appoggiato in pieno la tesi propria della Corte di merito secondo cui sulla base dell'articolo 21 del c.i.r. l'indennità chilometrica e l'indennità di trasferta sono corrisposte in tutte le ipotesi in cui il lavoratore sia assegnato, anche temporaneamente a una sede diversa (intesa come confine della sede di lavoro e anche nel caso di avvicinamento all'abitazione di residenza) a condizione che la sede di nuova assegnazione disti più di venti chilometri da quella abituale. Ora la Corte ha specificato (lasciando alcune perplessità sul campo) che nell'interpretazione del contratto - attività riservata al giudice di merito - censurabile in sede di legittimità solo per violazione dei canoni ermeneutici o vizio di motivazione, il carattere prioritario dell'elemento letterale non va inteso in senso assoluto in quanto prevale il richiamo contenuto nell'articolo 1362 Cc (intenzioni delle parti) alla comune intenzione delle parti di estendere l'indagine ai criteri logici, teleologici e sistematici.