Nel corso di questi primi mesi di applicazione dei nuovi ISA, è stato posto l’accento sulla natura di “premiale” del nuovo modello che, diversamente dagli studi di settore, non potrà essere utilizzato come strumento di accertamento. L’indicazione è vera, ma parziale e quindi necessita di ulteriori spiegazioni. In passato l’Agenzia delle Entrate intendeva utilizzare gli studi di settore come un meccanismo automatico di accertamento fiscale. Le verifiche effettuate presso le sedi dei contribuenti sono estremamente costose sia in termini di energie necessarie, sia in termini di tempo. L’aspirazione dell’Agenzia delle Entrate sarebbe stata quella di effettuare le verifiche “a tavolino” chiedendo ai contribuenti di giustificare lo scostamento rispetto all’ammontare dei ricavi o dei compensi congrui. La Corte di Cassazione si è pronunciata con diverse sentenze di segno opposto, affermando a più riprese come gli studi di settore non potessero essere utilizzati come uno strumento di accertamento automatico. I nuovi ISA: modalità di utilizzo Il risultato che consegue all’applicazione dei nuovi ISA è completamente diverso. Non è un ammontare di ricavi o compensi congrui. Il software restituisce un punteggio in grado di esprimere la valutazione del grado di affidabilità del contribuente, ma che non potrà essere utilizzato direttamente ai fini dell’attività di accertamento degli uffici. Tale circostanza si desume con chiarezza dal provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 10 maggio 2019. I contribuenti che ottengono un punteggio dell’ISA pari a 6 o inferiore a tale valore, potranno essere oggetto di specifiche analisi di rischio. In buona sostanza potrebbe accendersi una “lente di ingrandimento” sul soggetto, tale da indurre l’Agenzia delle Entrate a valutare se il contribuente presenti o meno un profilo di elevato rischio fiscale. Il problema, però, si sposta su un altro piano. Non è chiaro se il conseguimento di un punteggio basso possa rappresentare di per sé una presunzione grave, precisa e concordante, in grado di legittimare un accertamento analitico-induttivo nei confronti del contribuente in questione. Sulla base di un’interpretazione letterale del provvedimento direttoriale, la soluzione sembra dover essere negativa. In pratica il punteggio pari a 6 o inferiore a tale risultato rappresenterebbe un mezzo idoneo per individuare i contribuenti a maggior rischio di evasione e ad attivare maggior rischio di evasione, conseguentemente, un’eventuale verifica o controllo da parte dell’Agenzia delle Entrate. Tuttavia, l’accertamento analitico-induttivo, e la conseguente determinazione del maggior reddito accertato, dovrà essere effettuato utilizzando ulteriori e diverse presunzioni che potranno al più essere corroborate dal punteggio ISA estremamente basso attribuito al contribuente. La difesa del contribuente nell’anno 2018 A parte i problemi operativi affrontati dai contribuenti e dagli intermediari, dovuti alla prima applicazione degli ISA, è necessario interrogarsi sul grado di affidabilità degli indici stessi. La prima impressione, sulla base dei risultati sin qui noti, è che il nuovo modello non sia ancora in grado di valutare con attendibilità il grado di affidabilità fiscale dei contribuenti. La legge istitutiva prevede che gli ISA debbano essere sottoposti a revisione almeno ogni due anni. Quest’anno, però, la maggior parte dei nuovi indicatori è già “sotto revisione” e la circostanza dimostra ampiamente che sussistono notevoli margini di miglioramento del nuovo modello. In buona sostanza il “modello evoluto” dovrebbe essere estremamente più affidabile essendo stato possibile correggere alcuni meccanismi che davano luogo ad un risultato “non affidabile”. Ad esempio Si consideri il caso di un dottore commercialista che dichiara, con riferimento ad una specifica tipologia di attività, un compenso medio inferiore di soli 50 euro rispetto al valore minimo provinciale. La circostanza fa scattare l’applicazione di un indicatore di anomalia pari a 1 che concorre sensibilmente alla riduzione della media finale. Si supponga che per effetto dell’applicazione dell’indicatore di anomalia il contribuente ottenga un punteggio di poco inferiore al 6. Aver dichiarato un minor compenso per un importo esiguo di 50 euro fa scattare l’applicazione dell’indicatore di anomalia. Distorsioni da correggere In futuro, nel modello evoluto, si dovrebbe tenere conto di questa distorsione. Si dovrebbe tenere conto che dichiarare compensi medi per un ammontare nettamente inferiore rispetto ai minimi provinciali non è la stessa cosa che dichiarare compensi inferiori, ma assai prossimi ai valori minimi provinciali. Un importo esiguo di 50 euro non può incidere in misura così considerevole. Il modello ISA evoluto dovrebbe tenere conto di tale circostanza e ne dovrebbe conseguire l’attribuzione al contribuente di un punteggio più elevato, probabilmente anche superiore al 6. Allo stato attuale il contribuente potrà al più utilizzare il campo delle “annotazioni” all’interno dell’apposita sezione, per fornire al Fisco le spiegazioni necessarie. Sarebbe opportuno che l’Agenzia delle Entrate chiarisse, sia pure in via interpretativa, come avvenuto in passato per gli studi di settore, la possibilità di applicare gli ISA oggetto di evoluzione già al periodo di imposta 2018. Ciò non tanto per fruire ex post del regime premiale, ma per effettuare una prima scrematura dei soggetti eventualmente da sottoporre a specifiche analisi di rischio fiscale. Se il modello ISA evoluto, quindi migliorato e in grado di valutare con più attenzione il grado di affidabilità del contribuente, attribuisce allo stesso, anche per l’anno 2018, un punteggio più elevato e superiore al 6, risulta ampiamente dimostrato che il contribuente non è così “inaffidabile” o perlomeno lo è di meno. L’attenzione del Fisco si dovrebbe concentrare su altri soggetti anche per svolgere con maggiore possibilità di successo la funzione di controllo propria dell’Agenzia delle Entrate.