È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale europea (L104 del 25 marzo 2021) la direttiva DAC 7 n. 2021/514, con nuove norme per migliorare la cooperazione amministrativa nel settore fiscale e affrontare le sfide poste dall'economia delle piattaforme digitali. La nuova direttiva non è altro che l’ennesima (la sesta, per l’esattezza) integrazione dell’originaria direttiva n. 2011/16/UE sulla cooperazione amministrativa tra gli Stati-membri (DAC 1). Essendo la direttiva originaria ormai stata recepita da quasi tutti gli Stati UE, con la DAC 7 si è deciso di inserire un ulteriore tassello nel complesso mosaico della cooperazione amministrativa tra Stati membri nell’ambito delle azioni di contrasto alla pianificazione fiscale aggressiva transfrontaliera. La nuova direttiva, infatti, traduce a livello dell’Unione ulteriori concetti e parametri elaborati dall’OCSE con il Progetto BEPS, la cui Azione 12 del 2015 raccomandava agli Stati aderenti al Progetto di adottare uno standard internazionale di comunicazione di dati obbligatorio, il cd. “Mandatory Disclosure Rules”, proprio nell’ottica di rafforzare la trasparenza fiscale considerata il principale strumento per contrastare le pratiche elusive internazionali. La DAC 7 si muove ulteriormente in questa direzione prevedendo non soltanto l’estensione delle nuove regole alle piattaforme digitali, ma contemplando al contempo un deciso allargamento e rafforzamento delle disposizioni in materia di scambio di informazioni e cooperazione amministrativa tra gli Stati UE. Tuttavia, nonostante la speditezza con cui s’è raggiunto l’obiettivo, in pratica 8 mesi dal primo annuncio, i dubbi non mancano. Innanzitutto, non è ancora chiara la definizione temporale per l’entrata in vigore effettiva delle nuove regole, 2023 o 2024 e, in secondo luogo, resta forte l’obiezione di chi considera inopportuna la tempistica scelta per l’introduzione di un kit di norme, di procedure e di adempimenti che, di fatto, proprio nella fase di resilienza post-Covid-19 potrebbero rivelarsi dannose per un settore considerato proprio da Bruxelles tra quelli decisivi per avviare la ripresa delle economie duramente colpite dagli effetti della pandemia. In altri termini, la direttiva sembra nascere in un quadro estremamente contraddittorio e ancora labile. Tempi da record per l’ok alla nuova DAC 7 Per l’approvazione di questa direttiva il calendario ha messo a segno un vero primato, se si guarda alla tempistica media dell’Unione nell’approvazione di norme così sostanziali. In effetti, da subito si è riscontrato un largo consenso. Formalizzata la proposta iniziale nel luglio 2020, in una videoconferenza dei ministri dell’economia e delle finanze dell’UE (ECOFIN), tenutasi il 1° dicembre 2020, i ministri hanno discusso e raggiunto un accordo a livello tecnico sulle modifiche alla direttiva del Consiglio Europeo sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale, rinominata DAC 7. Recepiti i via libera di Commissione e Parlamento europeo, il varo definitivo è stato annunciato a febbraio, per materializzarsi il 22 marzo. Obiettivi e contenuti della DAC 7 Un numero elevato e in costante aumento di privati e imprese utilizza le piattaforme digitali per vendere beni o fornire servizi. Tuttavia, spesso i redditi percepiti attraverso le piattaforme digitali non sono dichiarati e le relative imposte non vengono versate, in particolare quando tali piattaforme digitali operano in diversi Paesi. Ne consegue che gli Stati membri perdono gettito fiscale e gli operatori commerciali attivi sulle piattaforme digitali godono di un indebito vantaggio rispetto alle imprese tradizionali. Dunque, non sorprende come l’obiettivo trainante delle modifiche alla direttiva relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale sia proprio quello di affrontare tale questione. In sostanza, la DAC 7 obbliga i gestori delle piattaforme digitali a comunicare i redditi percepiti dai venditori/clienti attivi sulle loro piattaforme. Dunque, i giganti del web si evolverebbero in “collaboratori fiscali” per sorvegliare l’evasione di chi guadagna attraverso le piattaforme che essi stessi gestiscono. Le comunicazioni relative alle attività commerciali comprenderanno una vasta gamma e tipologia di guadagni derivanti, tra l’altro, dalla locazione di beni immobili, dall’erogazione di servizi personali, dalla vendita di beni e dalla locazione di qualsiasi mezzo di trasporto, mentre le attività svolte da un venditore che agisce in qualità di dipendente del gestore di piattaforma non dovrebbero rientrare nell'ambito degli obblighi di comunicazione. E comunque, a tale obbligo se ne aggiunge un secondo. Infatti, gli Stati membri sono anch’essi tenuti a scambiare automaticamente, e con estrema celerità, con i Paesi partner i dati ricevuti dalle piattaforme. Le entità interessate dalla nuova direttiva e le modalità applicative Le nuove norme riguardano le piattaforme digitali situate sia all'interno che all'esterno dell'UE e si applicheranno a partire dal 1° gennaio 2023, almeno quelle in riferimento ai soggetti interessati. Infatti, l’accelerazione e il potenziamento dei meccanismi dello scambio automatico di informazioni che interessa primariamente gli Stati, ha un orizzonte applicativo più esteso, entro il 2024. Ad ogni modo, la DAC 7 dovrebbe consentire alle autorità fiscali nazionali di individuare i redditi percepiti attraverso le piattaforme digitali e di determinare i relativi obblighi fiscali. In particolare, rispondendo ad un’esigenza di semplificazione, è previsto che la comunicazione abbia luogo in un solo Stato membro conformemente a un quadro comune adottato a livello dell'UE, mentre le piattaforme situate all’esterno della Ue dovranno comunque registrarsi in uno Stato membro e inviare le informazioni a quest’ultimo che, a sua volta, le condividerà con gli altri Stati membri. DAC 7, una questione tra Stati In realtà, le novità non si esauriscono sugli attori digitali. Infatti, ulteriori modifiche della direttiva relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale hanno come obiettivo di migliorare lo scambio di informazioni e la cooperazione tra le autorità fiscali degli Stati membri. Ad esempio, sarà più facile ottenere informazioni su gruppi di contribuenti. Saranno anche implementate le norme per lo svolgimento di controlli simultanei e per consentire la presenza di funzionari in un altro Stato membro nel corso di un'indagine. Le nuove norme forniscono inoltre un quadro che consentirà alle autorità competenti di due o più Stati membri di effettuare audit congiunti. Tale quadro sarà operativo in tutti gli Stati membri al più tardi a partire dal 2024. In sostanza, diventerà più facile ottenere informazioni su gruppi di contribuenti da parte degli Stati grazie ad un meccanismo di collaborazione più efficace e immediato rispetto a quanto si sia dimostrato fino ad oggi. Tempistica e sanzioni Nella direttiva è previsto che gli Stati membri adottino e pubblichino, entro il 31 dicembre 2022, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla DAC 7, mentre la loro applicazione dovrebbe scattare a decorrere dal 1° gennaio 2023. Riguardo le sanzioni, gli Stati membri adottano le misure necessarie per imporre ai gestori di piattaforme con obbligo di comunicazione di applicare le prescrizioni in materia di raccolta e verifica dei dati richiesti in relazione ai rispettivi venditori. In materia si potrebbe anche giungere, in caso di mancato e/o ripetuto inadempimento da parte delle piattaforme, all’emissione di pesanti sanzioni graduali in caso di mancato rispetto delle regole, fino alla sanzione massima che potrebbe consistere nella sospensione di accesso al mercato. Peraltro, lo stesso gestore della piattaforma può, a sua volta, rivalersi su di un cliente/utente non collaborativo. Infatti, qualora un venditore non fornisca le informazioni indicate dopo due solleciti a seguito della richiesta iniziale del gestore di piattaforma con obbligo di comunicazione, passati 60 giorni, il gestore di piattaforma può chiudere il conto del venditore e impedirgli di registrarsi nuovamente sulla piattaforma, oppure può trattenere il corrispettivo dovuto al venditore finché questi non fornisca le informazioni richieste. In sostanza, i gestori delle piattaforme da “collaboratori fiscali” si tramuterebbero in veri “policemen fiscali”.