La previsione contrattuale che prevede il ripristino dei locali locati, già di per sé idonei all’esercizio dell’attività, allo stato di consegna è da intendersi, ai fini fiscali, nel senso che i lavori eseguiti (e i connessi oneri) non sono posti in essere per restare a miglioria dei locali con un vantaggio per il locatore; pertanto, per quest’ultimo, non possono essere considerati “canoni di locazione” ovvero come compensazione della riduzione del canone pattuita e concorrere alla tassazione del reddito da locazione. Questo il principio stabilito dalla Ctr Lombardia nella sentenza n. 2375/12/19 del 4 giugno 2019 (presidente Paganini/relazione Gatti). IL FATTO La questione controversa giunta all’attenzione dei giudici tributari ambrosiani riguardava l’impugnazione da parte di un contribuente di un avviso di accertamento con il quale l’agenzia delle Entrate richiedeva maggiori imposte per la parziale omessa dichiarazione di redditi da locazione. La particolarità del contratto oggetto della ripresa fiscale opposta consisteva in una pattuizione con fissazione di un canone annuo ma ridotto, in maniera crescente, per i primi sei anni; il focus della vicenda ruota intorno alla qualificazione di tale riduzione che l’Ufficio considerava come disposta a titolo di compensazione per le opere di adeguamento dell’immobile effettuate dal conduttore. In particolare il ricorrente (locatore) aveva eccepito l’illegittimità di tale interpretazione del contratto di locazione in quanto le opere di riadattamento dell’immobile attuato dal conduttore sarebbero state di fatto opere ripristinabili. I giudici di prime cure respingevano il ricorso ritenendo che non lasciasse alcun dubbio sulla reale entità la clausola del contratto (articolo 3): «... anche al fine di consentire l’ammortamento delle spese che la parte conduttrice intende sostenere nel locale, come da autorizzazione concessa al precedente articolo ..., si conviene, tuttavia, che, il canone sarà così regolato: euro ... mensili per i primi due anni di locazione ....; euro .... mensili per i successivi due anni ....; euro ... fino al ...». LA DECISIONE DELLA CTR LOMBARDIA I giudici regionali propendono per la riforma della sentenza con una lettura diversa delle norme di riferimento. In particolare e in via preliminare, in relazione all’articolo 26 del Tuir, sottolineano l’errore commesso di far riferimento a redditi fondiari e non a redditi derivanti da contratto di locazione; questi ultimi, richiamati dalla norma citata, vengono presi in considerazione in quanto non pagati (diversamente l’Ufficio aveva ritenuto fossero stati corrisposti in natura e non in denaro e quindi “corrisposti”). Entrando nel vivo della motivazione il Collegio d’appello si sofferma sull’uso “atecnico” utilizzato nel contratto del termine ammortamento, sul quale l’Ufficio aveva fondato le sue conclusioni, laddove si parlava appunto di «ammortamento delle spese sostenute da parte locataria»; tale riferimento, chiosano i giudici, non poteva costituire da solo la base per un aumento del canone di locazione effettivamente percepito dal locatore. Era necessario inquadrarlo nell’ambito dell’intero contratto laddove veniva stabilito: - che la società conduttrice era autorizzata ad eseguire nell’immobile tutti i lavori ritenuti opportuni per un miglior espletamento dell’attività commerciale per la quale il locale era stato concesso in locazione; - che alla scadenza del contratto la parte conduttrice avrebbe dovuto in ogni caso restituire l’immobile nello stato originario, pena la mancata restituzione della somma depositata a titolo di garanzia. Accanto alle sopracitate clausole dai termini contrattuali doveva altresì considerarsi che i locali erano già idonei all’attività che il conduttore intendeva esercitare (come si evinceva chiaramente dal contratto) e, quindi, i lavori eseguiti nell’immobile stesso non erano funzionali alla locazione né potevano essere considerati parte del relativo canone. Sulla base di tali argomentazioni la Ctr ha ritenuto che i lavori eseguiti nei locali non fossero necessari all’esercizio commerciale e che gli stessi non fossero posti in essere per restare a miglioria dei locali con vantaggio del locatore, ma, al contrario, dovevano essere eliminati per il ripristino dei locali stessi come stabilito dal contratto; quindi, non costituendo un vantaggio per il locatore, non potevano essere considerati canoni di locazione.